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Tetto del 20% di alunni stranieri nelle classi? È solo propaganda

“Bisogna mettere un tetto di alunni stranieri in ogni classe, per tutela loro e per tutela anche di tutti gli altri bambini”. A dirlo è stato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, Intervenendo a “Porta a porta”, su Rai1. “Se hai tanti bambini, e succede, che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano in una classe è un caos – ha continuato l’esponente dell’esecutivo -. Bisogna controllare la presenza di bambini: un 20 per cento di bambini stranieri in una classe è anche stimolante perché conosci lingue e culture. Ma quando gli italiani sono il 20 per cento dei bambini in classe, come fa una maestra a spiegare ed insegnare?”.

Una domanda a cui hanno saputo rispondere chi di scuola, educazione ed integrazione si occupano da sempre, a differenze del vicepremier.

Una su tutti, la responsabile nazionale Scuola nella segreteria del Partito democratico, Irene Manzi che ha detto: “Salvini non vuole favorire i processi di integrazione, ma al contrario identificare nella presenza degli alunni migranti uno dei problemi di funzionamento della scuola. Il messaggio è identico a quello che viene veicolato ogni giorno in tema di immigrazione e quindi è utile ed è giusto limitare il numero degli alunni stranieri nelle nostre classi. Sono loro il problema. Si tratta di un messaggio esclusivamente ideologico che non tiene conto dei veri problemi della nostra scuola”.

Salvini, e il centrodestra al Governo, non sono nuovi a proposte del genere. Questa volta a scatenare la malsana idea è stata, probabilmente, la scelta della scuola di Pioltello, nel milanese, che ha deciso di chiudere il 10 aprile per consentire ai bambini di festeggiare la chiusura del Ramadan, visto che la metà degli studenti in quella scuola sono di religione musulmana. Una questione chiusa con sagge parole dal Presidente Mattarella ma che ancora ha i suoi eco nel Paese.

Ad intervenire sulla questione è stata la scuola Pisacane di Roma, una scuola conosciuta per l’alto numero di bambini immigrati e un modello di integrazione. “Qui il tetto del 20% di alunni stranieri per classe non sarebbe applicabile”, dice all’ANSA la dirigente Rosanna Labalestra che spiega come sia importante per le famiglie scegliere la scuola più vicina. L’istituto esempio di integrazione, che si trova nel quartiere multietnico di Tor Pignattara, “dove vivono molte persone di diverse comunità”, circa 15 anni fa aveva il 95% degli alunni stranieri. Oggi i bambini senza cittadinanza italiana sono la metà del totale, la maggior parte ha origini del Bangladesh. “Ci sono anche altri plessi, ma ci sono famiglie con un disagio socio economico, a volte non hanno l’auto per andare più lontano, vogliono la scuola vicino casa”, spiega. La dirigente, che è all’IC Salacone da cinque anni, sottolinea come “non potrebbe mandare via le famiglie per mantenere una rigida percentuale. Hanno diritto a una scuola di prossimità ed è quello che anche la Costituzione e il ministero ci dicono di fare: accogliere”. Gli istituti che “si trovano ad avere questo tipo di complessità si attrezzano”, spiega Labalestra. La chiave del plesso Pisacane è infatti “fare della diversità una fonte di ricchezza”. Si tratta di un istituto aperto dalle 7.30 alle 10 di sera “per poter far vivere la socialità ai bambini”, dalle attività più didattiche a quelle ludiche. Oggi, rispetto ai primi anni Dieci del 2000 quando c’erano più pregiudizi, “abbiamo la fila delle persone italiane che vogliono iscrivere i figli alle nostre classi. Lo chiedono anche dai quartieri limitrofi”.

Dello stesso tenore le parole anche dalla Uil Scuola Lombardia che attraverso le parole del segretario Abele Parente ricorda che ci sono scuole, “specie nelle scuole di periferia” dove “la popolazione straniera raggiunge e supera spesso il 50 percento”. E questa percentuale “è il risultato di politiche scolastiche sbagliate nel corso degli anni. Per non parlare del problema della classi pollaio che si risolverebbe abbassando il numero di alunni per classe, il che significa non necessariamente stranieri in meno per classe. Le parole di Salvini – ha aggiunto – stridono ancora di più dopo quelle del presidente Mattarella che ha elogiato i docenti italiani che lavorano in condizioni difficili per tutti i problemi già noti del sistema Scuola”.

Fra i critici più agguerriti troviamo anche il docente e scrittore Enrico Galiano, noto per il suo impegno verso l’integrazione scolastica e culturale. Attraverso un post su Facebook, Galiano ha espresso il suo dissenso rispetto alla proposta di Salvini, sottolineando come alcuni dei suoi studenti stranieri dimostrino una padronanza della lingua italiana superiore a quella di Salvini stesso.

Insomma una proposta che non piace proprio a nessuno e che assume particolare rilevanza in un momento in cui l’Italia, come molti altri paesi europei, sta lavorando per affrontare le sfide poste da una società sempre più multiculturale. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, a margine di un evento in città, stronca la proposta senza mezzi termini: “Non ho capito questa idea, ma credo che Salvini non conosca il Paese reale. Abbiamo tanti bambini, studenti, con nomi italiani e figli di stranieri nati in Italia, ma senza cittadinanza. Se li espelliamo dalle scuole dove li mandiamo, a casa di Salvini?”, chiede polemico.

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