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Guerini: “Faremo il nostro congresso assieme a milioni di cittadini”

«Dobbiamo impegnarci a fare un congresso che serva all’Italia». Lorenzo Guerini, già vicesegretario con Renzi, adesso guida la commissione che porterà i democratici fino al 30 aprile, giorno delle primarie per la scelta del segretario.

 

Che congresso si aspetta, o meglio si auspica, visto che le premesse già sembrano annunciare uno scontro senza esclusione di colpi sotto la cintura. Zànda s’è appellato ai tre candidati a non farsi troppo male e soprattutto a non farne al Pd. Un timore, mi pare, che fra i vostri iscritti e elettori condividono in tanti.

«Mi aspetto un congresso che parli all’Italia e agli italiani, che indichi il ruolo e il compito del Pd in una fase storica complessa e per molti aspetti inedita. L’Italia e l’Europa hanno di fronte sfide difficili e insieme entusiasmanti. Il Pd è oggettivamente centrale sia per il futuro dell’Italia sia per quello di un’ Europa che deve cambiare molto per essere in grado di stare nel mondo. Questo ci chiama a una responsabilità speciale. Sono certo che il contributo dei tre candidati andrà in questa direzione e svilupperà una bella e ampia discussione, con milioni di cittadini coinvolti, e che sarà molto utile per tutto il Paese. Se qualcuno invece deciderà di adottare uno stile e contenuti diversi, non farà un bel servizio al PD e credo nemmeno a se stesso».

 

Quanto potrà pesare l’inchiesta Consip sul clima interno del vostro dibattito congressuale?

«Penso e spero per nulla. Il nostro congresso si concentrerà sulle proposte dei candidati per l’Italia e per il partito, in merito alle quali i130 aprile il popolo del PD deciderà. Questo è l’oggetto del dibattito, non altro».

 

Però contro il ministro Lotti non ci sono solo le opposizioni con la mozione di sfiducia, ma anche i vostri ex compagni ora in Mdp chiedono a Gentiloni di sostituirlo eppure sono parte della maggioranza.

«Il ministro Lotti, mesi fa, ha chiesto immediatamente di essere ascoltato dai magistrati e ha chiarito pubblicamente la sua pòsizione. Trovo senza senso e puramente demagogico proporre una mozione di sfiducia, così come trovo gravemente strumentale usare indagini, peraltro vecchie di tre mesi, per fare battaglia politica. Noi, come Pd, quando ancora alcuni non avevano abbandonato il partito, non abbiamo chiesto le dimissioni ad esempio della sindaca Raggi a causa dei suoi avvisi di garanzia. Le abbiamo chiesto di occuparsi di Roma, visto che non lo sta facendo. Rimaniamo convinti che questo sia l’atteggiamento giusto. Forse altri hanno cambiato idea».

 

Il governo Gentiloni ha iniziato a “vedere” il febbraio 2018, scadenza naturale della legislatura. Il Pd ha abbandonato l’idea che all’Italia serva andare al voto prima, magari a settembre?

«Il Pd ha responsabilmente garantito la nascita del governo Gentiloni dopo le dimissioni di Matteo Renzi, e lo sostiene con forza e convinzione. Oggi l’Italia ha bisogno di un governo che lavori per affrontare i nodi più urgenti per la società italiana e il Pd è e sarà al suo fianco».

 

In questi 11 mesi rimanenti lei cosa metterebbe al primo posto dell’agenda di governo?

«Mi ritrovo totalmente nelle parole e nella prospettiva indicata in questi giorni dal presidente Gentiloni. Proseguire con decisione nel taglio delle tasse, soprattutto sul lavoro, in continuità con ilgoverno Renzí, e dare unaspinta ulteriore sul lato degli investimenti. C’è poi tutto il tema del rapporto con l’Europa e di una visione nuova dell’Unione che il governo sta portando avanti con sapiente decisione. L’appuntamento dell’anniversario dei Trattati di Roma sarà un passaggio importante e non solo celebrativo».

 

Renzi ha scelto il ticket col ministro Martina, lei c’è rimasto male?

«Come si dice in questi casi, la ringrazio della domanda… A parte le battute, non ho mai anteposto le persone al progetto politico: la scelta di Renzi è innanzitutto simbolica e dettata dalla opportunità di continuare a segnalare che la ragione per cui il Pd è nato, la sintesi dei riformismi che hanno fatto la storia migliore del dopoguerra italiano, è tuttora valida e necessaria per l’Italia. Ovviamente con uno sguardo rivolto al futuro e alla capacità di quelle culture di essere protagoniste di un tempo diverso e nuovo».

 

Ma il modello del Pd milanese e lombardo può essere un modello esportabile ?

«Conosco bene quel modello avendo lavorato per renderlo possibile e avendo dato il mio contributo, inizialmente più o meno in solitaria, alla elezione del segretario regionale e di quello metropolitano che sono in carica. La maggiore virtù di quel modello è aver capito che l’inclusione dei cittadini nei processi politici e decisionali è essenziale per il successo del progetto e per la sua capacità di dare soluzioni efficaci. Non è un modello esclusivo, altre importanti e positive esperienze contraddistinguono il Pd in giro per l’Italia. Dobbiamo saperle valorizzare e renderle patrimonio comune. Il nostro congresso è una straordinaria occasione per questo».

 

Nella loro mozione Renzi e Martina confermano le primarie aperte per la scelta del segretario e la corrispondenza fra segretario e candidato premien Mentre Orlando e Emiliano sono per una netta separazione di ruoli. Ma in un sistema che sarà molto probabilmente proporzionale e in cui il premier sarà frutto di una mediazione in Parlamento dopo il voto, non le sembra oramai un retaggio del passato, della fu vocazione maggioritaria, che il leader sia anche premier?

«Personalmente ritengo che la carta d’identità originaria del Pd sia un valore non solo per il nostro partito ma per l’intera politica italiana. Che il partito che ambisce a vincere le elezioni indichi nel proprio leader il candidato a diventare premier non solo mi pare naturale ma soprattutto trasparente verso gli elettori. A maggior ragione se scelto attraverso un processo di coinvolgimento dei cittadini come le primarie. D’altra parte è così in, tutte le democrazie mature, anche a prescindere dal sistema elettorale adottato».

 

Insomma, lei spera ancora che questo Parlamento possa partorire una legge elettorale maggioritaria?

«Vorrei ricordare che noi, in tempi non sospetti, ben prima della sentenza della Corte costituzionale, abbiamo avanzato la nostra proposta di legge elettorale, il Mattarellum, chiedendo a tutte le forze politiche di confrontarsi. La risposta è stata negativa. Oggi di fronte alla decisione della Consulta rilanciamo quella proposta, disposti a confrontarci con tutti. A partire da un punto centrale: la necessità di garantire ai cittadini la possibilità di decidere da chi essere governati, non solo da chi essere rappresentati. È un aspetto decisivo per l’Italia. Non vorrei che qualche interessata nostalgia per il proporzionale significhi ritornare deliberatamente a governi precari e instabili come è stato ín una lunga fase della vita politica della nostra Repubblica».

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