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Fedeli: l’8 marzo sia un momento di riflessione sul rapporto tra donne e lavoro

La piattaforma di “Non una di meno” per l’8 marzo prevede otto punti per uno “sciopero globale delle donne” che sia “produttivo e riproduttivo, dal lavoro di cura e dal consumo”.

 

Ministra Valeria Fedeli, lei che viene dal sindacato che fa: sciopera?

 

«Mah, la piattaforma mi mette in difficoltà. L’8 marzo dovrebbe caratterizzare un momento di verifica e dibattito sul rapporto tra le donne e il lavoro. Nasce così, dalle 123 donne arse vive nel rogo del 1911 nella fabbrica di Chicago».

 

Ma il tema del lavoro quasi non c’è…

 

«Siamo un Paese che non investe su questo. Le ragazze italiane si laureano meglio e più dei ragazzi, ma non c’è riscontro nell’occupazione».

 

Non tocca a voi, al governo, risolvere il guaio?

 

Jobs Act ha varato una delega contro le dimissioni in bianco: è una conquista importantissima. Bisogna togliere gli ostacoli all’occupazione femminile fornendo un sostegno alla maternità e alla genitorialità condivisa.

Deve essere sancito il diritto di 15 giorni di astensione obbligatoria per i padri nel primo mese di vita del bambino. Dobbiamo garantire le pari opportunità investendo in welfare, asili nido e aiuti per la non autosufficienza degli anziani, che grava sulle donne».

 

Torniamo allo sciopero: è d’accordo o no?

 

«Ne prendo atto, con rispetto. Ma ho visto la piattaforma, e non è il mio modo di operare. Sottovaluta i passi importanti che il Parlamento ha fatto, come mettere soldi sull’astensione dal lavoro retribuita al cento per cento se la donna denuncia il proprio partner violento».

 

Cos’altro, ministra?

 

«Il piano straordinario con finanziamenti per i centri anti violenza. Non basta? È qualcosa, e va riconosciuto. Semmai c’è un tema su cui siamo molto in ritardo: contrastare discriminazioni e violenza sulle donne riguarda gli uomini, dobbiamo discuterne e affrontarlo insieme».

 

Invece c’è lo sciopero “riproduttivo”.

 

«Ma lasciamo perdere! Perché non andare piuttosto sui luoghi di lavoro a coinvolgere le persone? Così si rischia di discutere dello strumento, lo sciopero, e non di discriminazioni».

 

Lo dica: lo sciopero è un errore?

 

«Questa piattaforma non ha unito, e mi dispiace. Il Parlamento italiano ha fatto passi concreti. Non riconoscerli non è utile».

 

Quindi non sciopera?

 

«No».

 

Neanche in casa? Niente lavoretti, braccia incrociate…

 

«Non ci sono mai a casa, lavoro dalle 7 del mattino a sera tardi. Ma da quarant’anni il mio impegno contro la discriminazione è quotidiano».

 

La sua vita privata è a prova di discriminazione?

 

«Certamente. È da qui che devono partire le donne. Dal pretendere rispetto reciproco e dal condividere le responsabilità. Per questo la mia vita privata e affettiva è bella: amo molto mio marito, c’è grande rispetto oltre che passione e amore».

 

Bello, ma i lavori in casa chi li fa?

 

«Entrambi, a parte l’aiuto di una persona per qualche ora a settimana. Quando riesco cucino io, ma lui lava i piatti. E la spesa la fa sempre lui. C’è una suddivisione naturale, come nel rapporto con i due nipotini».

 

E il letto, ministra? Chi lo rifà?

 

«Non io! Esco prima di lui, la mattina»

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