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Baretta: “Banche, Patuelli ha ragione. La decisione al Parlamento”

L’agenda è serrata per tutto gennaio. Ma già da oggi il tema banche sarà tra le prime preoccupazioni del governo nonché, per forza di cose, tra le prime attenzioni del Parlamento. Perché non è bastato lanciare il decreto salva-risparmio con un intervento dello Stato fino a20 miliardi. Già domani inizierà l’iter al Senato, con al centro il tema Mps e più in generale le crisi bancarie. Ed è molto probabile che venga inserito proprio nel decreto un paragrafo ad hoc sui «debitori colpevoli». Vale a dire un grimaldello giuridico che di fatto ricalca la proposta lanciata da Antonio Patuelli, presidente dell’Abi dalle colonne del Mattino. Intanto Pier Paolo Baretta, sottosegretario riconfermato al Ministero dell’economia, accoglie l’invito di Patuelli: «Etico pubblicare i nomi dei colpevoli dei fallimenti. La decisione spetta al Parlamento».

 

A Pier Paolo Baretta, sottosegretario riconfermato al ministero dell’Economia (attesa a giorni anche la conferma della delega alle banche che già aveva nel precedente esecutivo) la proposta lanciata attraverso l’intervista di ieri al Mattino dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, piace e non poco. «Il fatto che sia il presidente dell’Associazione tra le banche italiane ad avanzare l’idea di rendere pubblici i nomi dei primi 100 debitori colpevoli del fallimento delle loro banche o di avere costretto lo Stato e i risparmiatori a intervenire per salvarle dalla risoluzione è sicuramente un bel segnale di moralizzazione che va raccolto e approfondito», dice Baretta. Che aggiunge: «Nel settore bancario molta gente, molte famiglie hanno pagato prezzi rilevantissimi in questi anni. Mi pare eticamente giusto proporre che siano noti i nomi di chi ha contribuito a creare questa situazione».

 

Tutti d’accordo, dunque: ma sul piano concreto, si può ipotizzare una norma ad hoc? Un emendamento, come propone lo stesso presidente Patuelli all’interno del decreto sulle banche, ad esempio?

«La proposta non è di facile realizzazione perché un intervento legislativo agirebbe direttamente su una situazione di mercato e la cosa potrebbe creare più di un dubbio. Il tema posto da Patuelli, però, merita di essere affrontato anche perché non c’è solo l’elenco degli investitori da rendere eventualmente pubblico ma anche quello degli amministratori che hanno delle responsabilità per avere condotto le loro banche in questi anni e averle gestite spesso in modo tale da danneggiare i risparmiatori». Il governo è già dunque impegnato a ragionare su questa ipotesi di black list? «Che una valutazione si debba fare mi pare scontato, che debba andare in questa o quella direzione è molto presto per dirlo. In questa fase serve prudenza».

 

Si parla del decreto salva-banche come possibile opportunità per mettere nero su bianco…

«Il decreto inizierà il suo iter in questi giorni e avrà i suoi tempi per essere approvato. Non c’è al momento alcuna decisione sui nomi dei debitori colpevoli. La discussione del resto sarà fatta in Parlamento dove c’è già la proposta di istituire una commissione d’indagine sullo stesso argomento che noi pensiamo possa essere decisiva per accrescere la trasparenza e la chiarezza sull’operato delle banche. Vorrei ricordare che parliamo di commissione d’indagine e non di inchiesta per non invadere il compito della magistratura cui sono appunto delegate le inchieste sul fallimento degli istituti di credito. Anoinon interessa fare confusione, vogliamo anzi garantire alla magistrature ulteriori elementi di conoscenza provenienti dall’organismo parlamentare di indagine».

 

Ma quindi qual è la posizione del governo?

«Sulla Commissione d’indagine massima libertà al Parlamento. Da parte nostra non ci sarà alcun veto. Ma, insisto, parliamo sempre di commissione di indagine e non di inchiesta».

 

Dopo quello che è accaduto sembra che tutti siano pronti a remare dalla stessa parte: ma è veramente così?

«Noi abbiamo sempre chiesto alle banche di esercitare l’azione di responsabilità verso gli ex amministratori. Il caso più recente è quello delle due banche venete fallite. Da parte del governo c’è sempre stata una forte spinta a rendere evidenti al massimo livello le eventuali responsabilità. Non dimentichiamo, peraltro, che noi dobbiamo anche lavorare per ristorare i risparmiatori coinvolti nelle risoluzioni o nel salvataggio delle oro banche. Il decreto sul salva-risparmio dello scorso 23 dicembre si muove proprio in questa logica. Abbiamo messo a disposizione 20 miliardi per evitare che alcune banche, a partire dal Monte dei Paschi di Siena, andassero in risoluzione. Con le regole europee, infatti, una banca che va in risoluzione produce rilevanti effetti negativi sugli azionisti ovviamente e sugli obbligazionisti secondari. Noi stiamo intervenendo ristorando del 100 per 100 gli obbligazionisti retail e del 75% quelli istituzionali».

 

C’è chi vi accusa di due pesi e due misure a proposito dell’importanza delle banche coinvolte…

«Accusa infondata. Intanto, in queste ore le due banche venete stanno mettendo a punto un loro piano di ristoro per gli obbligazionisti, vedremo se sarà sufficiente o ci sarà bisogno di sostenerlo. E poi c’è il ristoro degli obbligazionisti e dei risparmiatori delle 4 banche che sono andate in risoluzione che pongono un problema serio di diversità di trattamento con Mps…».

 

Appunto. +

«Voglio dire che parliamo di fattispecie diverse. Quello del Monte dei Paschi non è un caso di fallimento. Gli altri sì».

 

Nell’intervista al Mattino il presidente dell’Abi si dice anche preoccupato perla durata dell’intervento dello Stato nel capitale di Mps. Lei che ne pensa?

«Bisogna distinguere, come ho detto, tra banche e risparmiatori. L’intervento pubblico è finalizzato a salvare i risparmiatori evitando crisi di sistema. Un intervento dunque precauzionale e transitorio. Si agisce per salvare i risparmiatori. Detto ciò, vorrei ribadire che la linea del governo La linea del governo non è la nazionalizzazione delle banche ma interventi che possono, come nel caso di Mps, permettere allo Stato di diventare azionista di maggioranza, ma ripeto solo a livello di precauzione. Questa è la linea. I tempi non saranno molto lunghi ma quelli necessari perché il piano che i manager dovranno presentare si affermi permettendo alla banca di marciare con le proprie gambe».

 

Quando?

«Non meno di un anno».

 

Ma non siete intervenuti troppo tardi per Mps?

«Assolutamente no. I soldi dei contribuenti vanno spesi e decisi con grandissima oculatezza e responsabilità. Noi abbiamo provato, ed è stato giusto farlo, ad attendere ciò che il mercato poteva fare anche perché una soluzione di mercato sarebbe stata indubbiamente meglio. Ma non siamo intervenuti in ritardo: se ci fossimo mossi prima, ci avrebbero accusati di avere impedito al mercato di intervenire».

 

Le sembra vicino uno scenario di nuova fiducia verso le banche? «Guardi, il problema non è avere meno finanza ma averne di più e di avere finanza buona. Se c’è anche un minimo di ripersa economica e qualche segnale si intravede, il clima di fiducia diventa decisivo. E noi dobbiamo fare in modo che i cittadini la riacquistino: per questo siamo intervenuti per salvaguardare i loro risparmi».

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