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Renzi: l’Europa va su Marte ma si ferma a Idomeni

Con “un pensiero alle vittime e alle famiglie dell’eccidio di via Fani in occasione dell’anniversario della strage”, il presidente del Consiglio apre il suo intervento alla Camera in vista del consiglio Ue di domani: “Il sentimento di attaccamento al proprio lavoro degli uomini della scorta e la visione strategica del presidente Moro aiuti tutti noi ad essere all’altezza del compito a cui siamo chiamati”.

 

“Le istituzioni europee hanno bisogno di nuova energia e di un deciso cambio di organizzazione dei propri lavori, la ripetizione degli argomenti provoca in tutti noi un senso di ripetitività. Con il poeta potrò dire: ‘non starò più a cercare parole che non trovo per dirti cose vecchie con il vestito nuovo'”, dice Renzi, citando Canzone quasi d’amore di Guccini.

“Il Consiglio Ue si riunisce per la terza volta in un mese, già questo è un segnale che qualcosa non va, nel metodo prima ancora che nel merito: il Vertice Ue è abituato a prendere decisioni che devono essere eseguite, questo non sta accadendo sulla migrazione ma anche in altri settori”.

 

Riguardo alla trattativa per l’accordo con la Turchia sui migranti, “non è questa la sede di recuperare il filo storico della relazione tra Ue e Turchia, errori sono stati commessi in passato da alcuni paesi ma il negoziato è un punto diverso. È giusto fare l’accordo con la Turchia ma ci sono principi che sono per noi fondamentali a partir dai diritti umani e dalla libertà di stampa”.

Per il premier, “la questione migratoria andrebbe inserita in un quadro più normale, più logico ma è difficile per la mancanza di attuazione di un progetto che prevedeva hotspot, riallocazione e rimpatri. Gli hotspot sono stati fatti, le riallocazioni ed i rimpatri no”, sottolinea Renzi, rimarcando anche come “l’Europa va su Marte ma si ferma a Idomeni e vede un bambino costretto a essere lavato dalla propria mamma con una bottiglia d’acqua perché quel bambino è stato partorito in un campo profughi”, e se “l’Europa va su Marte è anche grazie all’intelligenza e alla capacità degli uomini e delle donne del nostro Paese”.

 

“Il fiscal compact e le sue declinazioni hanno comportato un danno alla direzione politica ed economica dell’Europa e anche dell’Italia. I principi della flessibilità e degli investimenti sono stati letti nel dibattito italiano come una richiesta italiana o una concessione, come se ci fosse stato fatto un regalo: noi pensiamo invece che flessibilità e investimenti siano la chiave per cambiare la politica economica in Europa”, ha affermato Renzi. “Dopo qualche periodo di polemica – ha sottolineato – appare ormai evidente a tutti nell’Ue che la posizione dell’Italia non è tesa a rivendicare qualcosa per se. E’, e questo mi pare finalmente chiaro, una posizione che cerca di spostare la direzione politica ed economica dell’Ue. Il Consiglio Ue di domani sarà un ulteriore passaggio in questa direzione ma sarà quello di giugno il Vertice sulla competitività”.

Sulla politica economica europea “è nostra intenzione proporre ai più alti livelli, anche accademici, una discussione: oggi finalmente c’è qualche piccolo segnale nella giusta direzione, ma ancora decisamente troppo timido in una contingenza in cui l’economia globale sembra rallentare, non più per le difficoltà dei Paesi trainanti ma di quelli emergenti”. Una discussione in cui coinvolgere anche “premi Nobel e scienziati”, spiega Renzi, registrando “finalmente una condivisione ampia su questo punto nel Pse che se messa in atto e operativa potrà dare risposte sul dato degli occupati, non dei decimali”.

 

A proposito della situazione di “ingovernabilità” sopravvenuta in molti Paesi europei dopo il voto, dal Portogallo alla Spagna fino alla Slovacchia, il presidente del Consiglio sottolinea che “le istituzioni in molti Paesi non riescono più ad avere un governo in grado di rappresentarli”, e “sui sistemi istituzionali prima o poi qualcuno farà una riflessione scoprendo che quello italiano rischia di essere il più stabile con buona pace delle tante critiche”.

 

“C’è una recrudescenza del terrorismo che in realtà non è mai venuta meno. Nel filo rosso di sangue del 2015 fino a primi mesi di quest’anno troviamo un continuo esplodere di violenza di matrice estremistica che ha toccato tutto il mondo, nessuno escluso. La ferocia del terrorismo colpisce sinagoghe, suore cattoliche e studenti e continua a farsi sentire con la sua terribile scia di morti che colpisce al cuore la nostra idea di Europa. Per questo non cediamo rispetto all’approccio che l’Italia ha dato, per ogni euro investito in sicurezza, un euro deve essere investito in cultura. E questo deve diventare patrimonio condiviso di tutti, perché non si risolve la questione del terrorismo se non mettiamo in campo una risposta cultuale ed educativa”, ha concluso il premier.

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