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Ultimo saluto a Pietro Ingrao. Una mente libera, cocciuta, assetata di conoscenza

“Ingrao lascia un segno profondo tutt’ora vivo e aperto. La Rai ha annunciato ‘è morto il capo della sinistra italiana’ quindi questo Paese ha una storia, tuttavia noi questa storia non l’abbiamo custodita bene. Perchè volevamo la luna o non l’abbiamo voluta abbastanza?”. Così l’onorevole Alfredo Reichlin dal palco di piazza Montecitorio, al funerale di Pietro Ingrao. “Oggi siamo a un passaggio incerto degli italiani nel mondo – ha aggiunto -. Ingrao era di sinistra? Di questa parola oggi si sono persi molti significati”.

Forse mi sbaglio amici, ma sento rinascere il bisogno di uomini che pensano e guardano lontano. Che guardano lontano. Uomini che sentono che il vecchio non può più, ma il nuovo non è ancora abbastanza. Ingrao ci ha detto una cosa fondamentale: che la politica non può ridursi a mercato a lotte di potere. Ingrao era uomo giusto, così la gente lo ha percepito. Abbiamo bisogno di uomini come lui, di nuovi dubbi e nuove analisi”.

Reichlin ha concluso: “Come non lasciare gli uomini soli di fronte al potere del denaro: questa era la nostra passione. Ingrao era una mente libera, cocciuta e assetata di conoscenza: era tutto qui l’uomo del dubbio”.

Presenti alla cerimonia sul grande palco allestito davanti all’ingresso della Camera anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il presidente del Senato, Pietro Grasso, il presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano.

Accompagnato dai familiari, dalla presidente della Camera, Laura Boldrini e portato a spalla, il feretro di Pietro Ingrao è stato portato in piazza Montecitorio, dove è stato accolto da un lungo applauso della folla che ha anche intonato ‘Bella ciao’.

Sulla bara sono stati posati un caschetto da operaio, donato dagli operai delle acciaierie di Terni) e la sciarpa rossa di don Ciotti, che durante la commemorazione ha detto: “Ciao Pietro. Ha servito la politica, non se n’è servito. Ingrao fu tra i primi, negli anni Cinquanta a scrivere di mafia su l’Unità che dirigeva denunciandone le ramificazioni politiche ed economiche. Alla politica l’ex presidente della Camera lascia una lezione di coerenza, onestà. E’ stato un ricercatore della verità, un eretico, uno che dissodava le terre di confine per portare alla luce radici comuni agli uni e agli altri: è stato un uomo che sceglie, e rifiuta il quieto vivere”, ha sottolineato in fine il fondatore del gruppo Abele e di Libera”.

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