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Orfini: “La legge elettorale non può farla il governo uscente”

Governo con tutti i partiti o elezioni con la legge elettorale della Consulta. Matteo affili, è sempre questa la linea Pd alla vigilia delle consultazioni?
 
«Una premessa: questa legislatura nasce con l’impegno solenne a fare riforme e legge elettorale. Così giustificammo maggioranze disomogenee. Il 4 dicembre questo film è finito. E questo porta alla fine della legislatura».
 
Dunque voto subito?
 
«Resta il problema del sistema di voto, che è ciò che giustificherebbe il prolungamento della legislatura. Prima di decidere, però, chiediamo alle altre forze cosa intendano fare. Il M5S, ad esempio: propone di estendere l’Italicum al Senato mentre Di Battista vuole elezioni subito ma non spiega chi nel frattempo governa. E Berlusconi? Reclama un tavolo sull’Italicum, ma non dice chi guiderà l’esecutivo».
 
Ma serve il concorso di tutti?
 
«Noi vogliamo capire chi secondo loro deve governare mentre cambiamo la legge. Aspettiamo le consultazioni, ma non mi sembra possibile che possano chiedere di cambiare la legge elettorale e stare ogni giorno in piazza contro il governo».
 
Esclude che il Pd governi solo con l’attuale maggioranza?
 
«A oggi, non mi sembra la possibilità più realistica. Ma aspettiamo le consultazioni».
 
Intanto Mattarella, a differenza di Renzi, sostiene che non si può votare con due leggi diverse.
 
«Noi ci fidiamo e ci affidiamo al Presidente per risolvere la crisi. Penso che sarebbe utile al Paese rendere omogenee le leggi. Ma per farlo non basta il Pd e l’attuale maggioranza, perché le regole è meglio provare a scriverle insieme».
 
Altrimenti elezioni?
 
«Il Pd non ha paura delle elezioni. Aggiungo che anche durante il governo Monti non ero tra quelli che consideravano le elezioni un dramma: è la democrazia».
 
Si discute anche dell’ipotesi di un breve reincarico di Renzi?
 
«Non è corretto parlarne prima di andare al Colle».
 
Renzi promette un chiarimento duro nel Pd. È la strada giusta?
 
«Abbiamo subito una sconfitta importante e dobbiamo aprire una riflessione vera, anche su quello che non ha funzionato».
 
Prima o dopo il voto? E non bastano primarie per la premiership?
 
«Lo sostenevo già prima del referendum: dopo il 4 dicembre serve subito un congresso. Ci sono state divisioni e lacerazioni profonde. Questo tema va affrontato: non si può pensare che l’anarchia possa essere la fisiologia del Pd».
 
Ognuno per la sua strada, con la minoranza?
 
«Non dico questo, ma dobbiamo discutere. Così non funziona».
 
Franceschini non è in linea con Renzi. Deciderà lui, più del premier, le sorti della crisi per il Pd?
 
«Franceschini è stato un ottimo ministro dei Beni culturali ed è un importante leader del Pd. Ma non è l’azionista di maggioranza del partito. Né lui, né nessun’altro può immaginare di gestire il Pd come una federazione di correnti, perché non si fa il bene del partito».
 
In molti lo considerano l’uomo del Presidente”?
 
«Escludo che si possa considerare Franceschini come l’uomo del Presidente della Repubblica, perché il Presidente parla con il Pd e non certo con questa o quella fazione del partito. In queste ore Dario ha espresso la sua opinione, lo abbiamo fatto tutti: ma la posizione del Pd è quella espressa dal segretario in direzione, su cui siamo tutti d’accordo».
 
Pensa che ambisca alla premiership?
 
«Non credo. Penso che lui, come ognuno di noi, sappia che in questa fase non si possono creare i giusti equilibri inseguendo le ambizioni personali. Prima c’è il Paese, molto dopo il Pd. Certamente non le nostre ambizioni».
 
Lei e Orlando, i due leader dei Giovani turchi, divergete su come risolvere la crisi?
 
«No. Io e Orlando prima di avere una visione comune siamo amici. Questo in politica conta. Condividiamo ogni singolo passaggio».
 
Pisapia è il vostro interlocutore a sinistra?
 
«Giuliano ha fatto un’intervista molto coraggiosa, anche per la tempistica, ed è un interlocutore importantissimo. Chi ha a cuore le sorti della sinistra, si pone in interlocuzione con il Pd, perché l’alternativa è la destra. Ho letto reazioni isteriche alle sue parole, fortunatamente è solo la reazione di una frangia minoritaria».
 

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