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Nicolini: L’Europa che sacrifica le periferie, che innalza muri e militarizza le frontiere è una Europa priva di memoria

Intervista a Giusi Nicolini sindaca di Lampedusa su l’Unità.La sindaca di Lampedusa aderisce alla manifestazione a favore dell’accoglienza, il prossimo 20 maggio a Milano. «Un’occasione straordinaria per mostrare quell’Italia di tante persone che lavorano per accogliere.

 

“Una Europa che sacrifica le periferie, che innalza muri e militarizza le frontiere, è una Europa vile, priva di memoria, che tradisce quei principi di civiltà che ne sono a fondamento e, al tempo stesso, è una Europa che si condanna alla marginalità. L’Europa di cui sentiamo il bisogno, è quella che riscopre il Mediterraneo per quello che nella storia è stato, una culla di civiltà; il Mediterraneo come risorsa e non come minaccia, vedendo nella cooperazione con i Paesi della sponda sud una straordinaria occasione di crescita comune, economica, sociale, culturale».

 

A parlare è una donna, una sindaca coraggiosa, simbolo di una Italia che include, accoglie, che parla e pratica il linguaggio della solidarietà fattiva nei riguardi dei più deboli, dei più indifesi: i migranti. L’Italia che include ha il volto e la determinazione di Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa e Linosa. A lei è stato assegnato il prestigioso Premio Simone de Beauvoir 2016 «per la sua azione coraggiosa e pionieristica in favore dei rifugiati.

 

La «leonessa di Lampedusa» vede nella proposta rilanciata sulle colonne de l’Unità dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala, di una grande manifestazione popolare a Milano, il 20 Maggio, per dire sì all’accoglienza nella sicurezza e legalità, «una occasione straordinaria che mostri quell’Italia fatta di tante persone che ogni giorno lavorano in silenzio per accogliere e integrare, e proprio perché questo è un impegno faticoso, non hanno tempo di urlare. Ecco, sarebbe bello se Milano diventasse quel giorno la capitale dell’Italia della speranza e dell’integrazione possibile».

 

I capi di Stato e di Governo dei Ventisette Paesi dell’Unione Europea si ritrovano per celebrare il 60esimo dei Trattati di Roma. Vista da Lampedusa, fronte più avanzato dell’accoglienza e del salvataggio di migliaia di esseri umani in fuga dall’inferno di guerre, disastri ambientali e sfruttamento, che Europa è quella del presente?

«È una Europa che sacrifica le periferie, che cerca di chiudere fuori un mondo di dolore e sofferenza che bussa alle sue porte, che chiede una chance di vita e non pretende privilegi. Una Europa che sembra aver perso la memoria e il senso di sé. E questo vale soprattutto per il Mediterraneo, che viene vissuto come una minaccia e non invece, come dovrebbe essere, come una risorsa da valorizzare perché questo sarebbe nell’interesse di tutti. Il “mare nostrum”, il Mediterraneo, è vita, è circolazione di merci e di persone, è dialogo, è turismo, oltre essere stato la culla della civiltà europea.

Il Mediterraneo può tornare ad essere un luogo d’incontro tra popoli diversi che si riconoscono e si rispettano, e assieme operano per uno sviluppo sostenibile, per costruire un futuro di pace. Ecco, ai leader che si ritrovano a Roma consiglierei vivamente la lettura dell’enciclica di Papa Francesco “Laudato si”: una Europa che investe sul futuro, che non viene meno agli impegni sul clima assunti alla Cop 21 di Parigi troverebbe in quel testo non solo una visione ma anche preziosi consigli su come agire».

 

Lei parla di cooperazione, mentre in Italia e in Europa spira un vento sovranista che punta sulla paura.

«Purtroppo è così, ma non c’è futuro se a orientare scelte politiche, economiche, sociali, culturali è la paura. Non è pensabile che alle sfide della globalizzazione, l’Europa ritenga di poter rispondere con la militarizzazione del Mediterraneo. Una Europa che emula Trump dà una risposta cieca alle sfide della modernità.

L’accoglienza non contrasta con la sicurezza, ma ne è parte essenziale. Bisogna ritrovare il coraggio e la forza per affermare che politiche protezionistiche producono risultati di morte, mentre quello di cui c’è un bisogno vitale è una vera politica di cooperazione verso quei Paesi, che è altra cosa dagli accordi coni dittatori che utilizzano gli aiuti europei per impoverire sempre di più i loro territori e quindi fomentare sempre di più l’emigrazione».

 

Quando si parla di migranti, si usa sempre il termine “emergenza”.

«Ma questa è un’assurdità! È non voler fare i conti con la realtà. Dopo venti anni non è più possibile parlare ancora di emergenza, tanto più che nei prossimi venti anni dovremo fare i conti con un incremento delle richieste di aiuti, perché se non s’interverrà sulle cause che sono alla base di questi processi migratori di massa, non ci saranno muri o fili spinati che potranno fermare milioni di persone che mettono a rischio la propria vita convinte che la fuga è meglio che la certezza di morire restando.

Mi lasci aggiungere che l’esperienza ci dice che le logiche emergenziali e questo vale per l’immigrazione come per terremoti o disastri ambientali spesso finiscono per favorire affari sporchi oltre che divenire terreno fertile per alimentare la paura. L’emergenzialismo va combattuto e sconfitto, restarne subalterni significa non governare nessuno dei grandi temi dell’oggi: la sicurezza, la tutela della salute, la crescita di una società multietnica».

 

Dalle colonne de l’Unità, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha Mandato la proposta di una grande manifestazione a Milano, sul modelloBarcellona, il 20 Maggio prossimo.

«Io ci sarò. Condivido la proposta del sindaco Sala, su cui l’Unità sta conducendo una meritoria campagna d’informazione, per rendere visibile quella Italia che spesso viene ignorata, perché a far notizia sono a quelli che urlano all’invasione, che seminano odio e che alimentano una guerra tra poveri. Ma per fortuna l’Italia non è questa, o comunque non è solo questa.

C’è un Paese che lavora, che non respinge ma integra, fatto di tanti amministratori locali, di una rete vasta e plurale nei suoi orientamenti fatta di associazioni, gruppi di base, ong, corpi intermedi… È l’Italia che fa vivere ogni giorno una “cultura del fare” che rappresenta il meglio del Belpaese. Ritrovarci tutti a Milano è un’occasione da non perdere». «».

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