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Rosato: “Non si ripeterà l’errore fatto con Monti. Governo di tutti o voto”

Poche altre volte si è visto un Ettore Rosato così ultimativo. «O si fa un governo istituzionale con tutti dentro o andiamo al voto con il Consultellum al Senato e l’Italicum corretto dalla Consulta alla Camera». Perché, spiega, il capogruppo Pd alla Camera che domani salirà in delegazione al Quirinale, il Pd ha pagato un prezzo altissimo già con il governo Monti e non intende fare due volte lo stesso errore. Il punto è che tra il dire e il fare c’è di mezzo il Colle. E il Capo dello Stato ha detto in modo chiaro come la pensa sulle due leggi elettorali disomogenee. Ci vuole una nuova legge elettorale, per Sergio Mattarella.
 
Rosato, quanto è verosimile l’ipotesi di un reincarico a Matteo Renzi?
 
«La nostra posizione è piuttosto chiara: si faccia un governo con dentro tutti i partiti, dal M5s alla Legga, per fare la legge elettorale e attraversare questa fase. Non poniamo condizioni né sui nomi né sulla data di scadenza».
 
Finora è arrivata una valanga di No a questa proposta. Dunque?
 
«Io non sono così pessimista. Vedo che tutti quelli che oggi dicono di non andare al governo sono gli stessi che hanno in mente una proposta di legge elettorale. Vorrei ricordare a tutti, soprattutto al M5s, che il parlamento può legiferare, tranne che per i decreti legge, solo se c’è un governo in carica. Dunque, per fare la legge elettorale ci vuole un governo e tutti coloro che intendono farla devono dare disponibilità a partecipare alla nascita di un esecutivo».
 
In molti vi dicono che è il Pd il partito di maggioranza relativa e che spetta a voi.
 
«Il Pd da solo non ha la maggioranza, come ha giustamente dichiarato la sera del referendum Maurizio Lupi, ricordando che il governo è nato per fare le riforme. Dal momento che le riforme sono state bocciate, la maggioranza non c’è più. La nostra disponibilità a questo punto è soltanto per un governo istituzionale».
 
Ma se non si riuscirà a formarlo, come sembra chiaro sin da ora, quale è il piano 13?
 
«Lavoriamo perché ciò accada e perché il Paese non debba subire un periodo confuso, ma la responsabilità deve essere di tutti».
 
Le ripeto: se non accade, che succede?
 
«Naturalmente decide il presidente Mattarella. Il rischio è che non ci si assuma tutti la responsabilità che compete alle forze politiche. Se così fosse, si aspetta la sentenza della Consulta e si va al voto. Non vedo alternative».
 
In queste ore nel Pd tutti guardano tutti con sospetto. È vero che c’è chi sta lavorando per un governo che arrivi a fine legislatura, visto come fumo negli occhi da Renzi?
 
«Io vedo grande lealtà e senso di condivisione per le decisioni da prendere. Abbiamo un segretario che è legittimato e che si è assunto gli oneri della sconfitta che sono collettivi e non soltanto suoi. Poi è chiaro che essendo un partito democratico davvero c’è un confronto tra di noi. Ma alla fine la maggioranza prenderà, come sempre, una decisione e su quella si andrà avanti».
 
Il suo collega al Senato, Luigi Zanda, ritiene si debba arrivare al 2018.
 
«Noi speriamo che tutti i gruppi parlamentari accettino un governo di responsabilità a cui non diamo una scadenza e che potrebbe utilmente occuparsi anche di tutti gli appuntamenti internazionali in agenda nel 2017».
 
Ha sbagliato Renzi, come molti gli rimproverano, a dimettersi la notte del voto?
 
«Non solo ha fatto bene, ma ha dato ilsegnale di una politica che si assume le proprie responsabilità. Immaginiamo cosa sarebbe successo se avesse fatto finta di niente, cosa peraltro che non è nel suo carattere: avremmo avuto l’ennesima delegittimazione della politica».
 
Da dove ricomincia il Pd dopo questo referendum? Brindisi e abbracci davanti alla sconfitta, accuse reciproche… Sembrate due, forse tre, partiti nel partito.
 
«Mi sarei aspettato meno festeggiamenti il giorno che il nostro segretario si è dimesso da presidente del Consiglio. Poi, per quanto ci riguarda tutto quello che serve per ricostruire un clima di lealtà con la segreteria e dialogo tra tutti, sarà fatto».
 
Il verdiniano Francesco D’Anna invita Renzi a fare il Partito della Nazione, Giuliano Pisapia invece, lancia una piattaforma progressista. A chi deve guardare il Pd?
 
«Le sollecitazioni che arrivano da Pisapia sono utili non solo al centrosinistra ma al Paese. Rappresenta una sinistra che nella diversità rispetto al Pd ha in mente un governo del Paese e le sue priorità»
 
A bocciarlo, tra gli altri, è stata anche la minoranza Pd.
 
«Chi ha solo in mente le battaglie del Pd, anziché l’interesse generale è naturale che guardi con fastidio a Pisapia».
 
Sta quindi dicendo è ufficialmente morto il Pdn?
 
«Non è mai nato e per quanto ci riguarda non è mai stato un progetto politico. Il Pd con la segreteria di Matteo Renzi è finalmente entrato nel partito socialista europeo ed è diventato il più grande partito della sinistra europea».

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