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Deputati PD estero: Giusta soluzione per i ‘nuovi italiani’ma restano le questioni di cittadinanza degli italiani all’estero

“Nel corso dell’esame del disegno di legge sulla cittadinanza ai minori stranieri nati in Italia e che compiano un intero ciclo di studi nel nostro sistema scolastico abbiamo espresso in Aula due concetti molto chiari: il provvedimento rappresenta un atto di civiltà e solidarietà umana atteso da tempo, che ci avvicina finalmente ai Paesi più avanzati e consapevoli sul piano dei diritti civili; il passo in avanti che si compie in questa direzione non esaurisce le problematiche legate alla cittadinanza in quanto restano da affrontare situazioni altrettanto urgenti e mature riguardanti gli italiani all’estero. Situazioni che aspettano da tempo un’equilibrata e giusta soluzione”. Così in una nota i deputati Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi.

 

“Ci riferiamo al recupero della cittadinanza da parte della donna che l’ha perduta avendo sposato uno straniero prima dell’entrata in vigore della Costituzione e che, dunque, non l’ha potuta trasmettere ai suoi figli. Ci riferiamo all’attesa di chi, nato in Italia,ha perduto la cittadinanza dopo essere emigrato perché ha dovuto assumere, per ragioni di lavoro e di vita, quella del Paese di residenza e oggi aspirerebbe a riacquistarla per una scelta identitaria e morale. Ci riferiamo, ancora, ai discendenti degli abitanti dell’ex Impero austro-ungarico che non possono più presentare la domanda di riacquisto, previsto dalla legge n. 379 del 2000, perché i termini sono chiusi dal 2010.

 

Su questi punti abbiamo presentato, sia in Commissione che in Aula – prosegue il comunicato dei parlamentari – altrettanti emendamenti, rispettivamente a prima firma La Marca, Fedi, Porta, e un ordine del giorno che impegna il Governo a trovare una soluzione positiva a queste questioni. Per non sovraccaricare e ostacolare il provvedimento in esame, il relatore, a nome della Commissione, ha chiesto a tutti gli eletti all’estero di ritirare i loro emendamenti.

 

Abbiamo compreso e condiviso lo spirito costruttivo, non ostativo, di questa richiesta rispetto allo specifico tema in discussione. Anche perché tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza e di minoranza, si sono all’inizio della seduta dichiarati contrari a mischiare le cose e quindi non ci sarebbe stato alcuna speranza di successo.

 

Nello stesso tempo abbiamo chiesto che il nostro atto di responsabilità sia ripagato dalla maggioranza, dal Governo e da tutti gli altri gruppi parlamentari con un doveroso impegno di cercare in questa legislatura di arrivare ad un esito positivo. Non importa se a partire dai nostri disegni di legge presentati alla Camera o da quelli in esame al Senato.

 

Non ci soffermiamo sull’intervento dell’On. Picchi, che senza avere presentato alcun emendamento e appartenendo allo schieramento di centro-destra, i cui relatori si sono dichiarati contrari agli emendamenti riguardanti gli italiani all’estero, non ha perduto l’occasione di un’ulteriore piccola speculazione propagandistica, a cui nell’Aula parlamentare è ormai abbonato.

 

Si tratta, dunque – concludono i deputati eletti all’estero – di completare il cammino appena avviato e cercare un ragionevole e giusto equilibrio tra le misure legate all’applicazione del principio dello jus soli e dello jus culturae con quelle legate al principio dello jus sanguinis. L’Italia ha tutto da guadagnare a porsi per il presente e per il futuro come una grande comunità capace di integrare tutte le sue componenti sociali e civili che le vicende storiche hanno fatto emergere e affiancato dentro e fuori i confini nazionali”.

 

Qui di seguito l’intervento in Aula dell’on. Francesca La Marca a nome suo e dei colleghi eletti all’estero:“Comprendo le ragioni che inducono il relatore e il rappresentante del Governo a chiedere il ritiro degli emendamenti che non hanno una diretta attinenza con il testo al nostro esame. Voglio aggiungere, anzi, anche a nome dei colleghi eletti all’estero del gruppo PD Fedi, Porta, Farina, Garavini e Tacconi, che il passo in avanti che si cerca di fare in questa direzione rappresenta un atto di civiltà e di solidarietà umana atteso da tempo, che ci mette finalmente al passo con i Paesi più avanzati e consapevoli sul piano dei diritti civili.

 

Lo dico da cittadina italiana e da cittadina canadese, che attraverso la sua personale esperienza ha potuto constatare quanto sia importante l’acquisto della cittadinanza per una positiva integrazione nei paese di insediamento.
Consentiteci, tuttavia, anche di esprimere il nostro rammarico per il fatto che non si sia potuta cogliere questa occasione per affrontare questioni altrettanto urgenti e sentite riguardanti gli italiani all’estero, questioni che da tempo aspettano una equilibrata e giusta soluzione.

 

Ci riferiamo al recupero della cittadinanza da parte della donna che l’ha perduta avendo sposato uno straniero prima dell’entrata in vigore della Costituzione e che, dunque, non l’ha potuta trasmettere ai suoi figli. Ci riferiamo all’attesa di chi è nato in Italia e che dopo essere emigrato ha perduto la cittadinanza perché ha dovuto assumere, per ragioni di lavoro e di vita, la cittadinanza del Paese di residenza e oggi aspirerebbe a riacquistarla per una scelta identitaria e morale, non per interessi materiali. Ci riferiamo, ancora, ai discendenti degli abitanti dell’ex Impero austro-ungarico che non possono più presentare la domanda di riacquisto, previsto dalla legge n. 379 del 2000, perché i termini sono chiusi dal 2010.

 

Sappiamo che c’è una disponibilità della maggioranza a cercare una soluzione concreta a questi problemi in un momento ed eventualmente in una sede diversa. Mi riferisco al fatto che in Senato è in stato avanzato di esame un provvedimento che riguarda diversi aspetti della cittadinanza degli italiani all’estero. Bene, ne prendiamo atto, con la speranza che il Parlamento e il Governo, dopo quello di oggi, facciano altri passi in avanti anche in questa direzione. Per questi motivi, annunciamo il ritiro dei nostri emendamenti”.

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