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Orfini: sciogliamo tutte le correnti e riorganizziamo insieme il Pd

«Sciogliamo le correnti, ognuno di noi, e facciamo una discussione profonda nel partito». Matteo Orfini, presidente del Pd, lo ha detto anche alla direzione e ora diffonderà il documento elaborato dalla Commissione, da discutere nelle Feste dell’Unità e alla seconda Assemblea nazionale dopo quella di luglio.

 

Il dibattito in direzione è stato acceso, come lo valuta nel suo insieme?
«Il risultato delle amministrative è stato difficile per noí, ma va visto nel contesto perché il successo dei populismi non riguarda solo l’Italia. Però non dobbiamo sottovalutare i segnali che vengono dalle urne, quella frattura sociale che non è stata intercettata dal Pd. Ora fa bene Renzi a ripartire dal “cantiere sociale”, ma questa frattura non si risolve solo con le politiche del governo».

 

Come, allora?
«La missione di un grande partito popolare è quella di rilanciare le cose buone fatte dal governo e di costruire una forza nella società che coinvolga in quel progetto di cambiamento chi è rimasto indietro. Così si combattono i populismi. Certo non dobbiamo occuparci solo dei nostri problemi interni. Un ragazzo di periferia che vorrebbe fare qualcosa per la comunità fa fatica a trovare nel nostro partito lo strumento adatto. Dobbiamo parlare di questo. L’ho detto anche a Renzi: va benissimo impostare sull’Europa l’Assemblea nazionale del 23 luglio, ma la prossima dedichiamola a una discussione seria sulla funzione del partito in questo senso».

 

Invece si parla di modificare l’Italicum.
«Vedo il rischio di una chiusura politicista. inadeguato pensare che la risposta alla frattura sociale sia un emendamento dell’Italicum con il premio di coalizione. Un dibattito da élite politiche, che non condivido, perché il premio alla coalizione dà un potere smodato ai piccoli partiti. Ma a volerlo è anche chi, giustamente, si preoccupa delle alleanze con Alfano o con Verdini. Non lo capisco…».

 

Lo chiede anche Franceschini. È vero che punta alla segreteria?
«Non seguo i retroscena, penso che riproporre le coalizioni serva solo a indebolire il Pd. Abbiamo fatto una discussione vera, anche con toni a aspri, ma il problema di fondo non è risolto. In due anni abbiamo compiuto scelte difficili ma con uno spirito unitario, come il Jobs act o l’elezione del Capo dello Stato. Oggi si ripete questa situazione con il referendum».

 

Ed è stato bocciato il documento della minoranza che chiedeva pari dignità per chi vota No. Per spingerli a uscire?
«No, è un fatto di chiarezza. Chi vuole votare No può farlo liberamente, ma è chiaro che la posizione del Pd è per il Sì. Ci siamo impegnati tantissimo e faremo di tutto perché venga approvata dai cittadini. Spero che larga parte del Pd senta la solennità del momento».

 

La raccolta di firme stenta, è ancora visto come un Sì o NO a Renzi?
«Non va male, c’erano anche le amministrative. Ma noi con questa riforma, e lo dico al mio amico D’Alema, chiudiamo un dibattito ventennale sulla presunta necessità di una svolta presidenziale della forma di governo, di cui lui è stato uno dei protagonisti con la proposta del semi-presidenzialismo alla francese in Bicamerale e anche più di recente. La chiudiamo in senso opposto, confermando il parlamentarismo e rendendo più efficienti le istituzioni. È una risposta vicina al dettato della Carta, e di sinistra».

 

Potrebbe cambiare la segreteria del Pd? E il doppio incarico?
«Il segretario ha diritto di fare le valutazione sulla sua squadra, ma dopo questo voto non basta un maquillage. Io sono sempre stato d’accordo sul doppio incarico, c’è in tutti i Paesi. Renzi ha ragione quando dice: finché ci sono io non c’è spazio per le correnti, perché in buona parte d’Italia il Pd è comandato dalle correnti legittimate dal centro, da Palazzo Chigi al Nazareno. Se vogliamo smontare un meccanismo degenerativo smettiamo di coprire politicamete chi, in alcuni territori, ha trasformato il Pd in una federazione di correnti senza partito, che respinge le persone».

 

Scusi, ma anche lei fa parte della corrente dei Giovani Turchi…
«Sì, è vero, fanno capo a leadership nazionali. Sciogliamole tutte, ognuno smetta di avere la sua corrente, io sono disponibile».

 

Come presidente cosa ha fatto per contrastare questo?
«Su mandato di Renzi ho coordinato con Guerini un gruppo di lavoro per un anno e mezzo, ora abbiamo elaborato un documento che è all’attenzione del segretario e che spero, discuteremo nell’Assemblea nazionale, dopo la prossima. Può già essere diffuso e discusso nelle feste dell’Unità. Le dimissioni di Barca dalla Commissione sono una sollecitazione a questo dibattito profondo».

 

Renzi sembra sentirsi assediato…
«Si è caricato sulle spalle un compito enorme e va aiutato. Lo dissi dopo il congresso: chi vince è il segretario di tutti. Lui dovrebbe ricordarselo, perché ogni tanto esagera negli eccessi dialettici, però non è fisiologico il livello di brutalità della discussione interna. Spesso le parole più dure contro il Pd sono venute da dentro e non dai nostri avversari».

 

D’Alema non è stato leggero.
«Sì. Mi fa effetto vedere un principale protagonista della svolta riformista della sinistra italiana, organizzare girotondi contro il referendum costituzionale con Paolo Flores D’Arcais».

 

In parecchi chiedono le sue dimissioni da commissario dem a Roma.
«Ho avuto il compito di restituire al partito una dignità dopo Mafia Capitale, il mio mandato scade tra due mesi, saranno gli iscritti al congresso a giudicare e decidere chì dirigerà Roma. Non ci ho guadagnato nulla né in termini politici, né personali, sono sotto scorta. Avrò fatto anche i miei errori, ma penso di lasciare un partito più servibile, grazie al lavoro di pulizia, alla chiusura del 30% dei circoli finti, comitati di capibastone per fare tessere. Tutto il Pd ha bisogno di un rinnovamento radicale in molti territori. Senza paura anche se si perde qualche voto, poi si recupera».

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