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Tonini: “Tra Gentiloni e Renzi l’affinità politica è evidente. Del resto ci vuole un governo che porti alle elezioni”

Giorgio Tonini, presidente della commissione Bilancio del Senato. E ancora renziano, lei?

Sì, sono un convinto sostenitore della linea politica di Matteo

 

Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi come lo vede? Meglio di Grasso, Padoan, Deirio e Franceschini?

Non sono in grado di fare previsioni sui nomi, perché per fortuna non ho questa responsabilità.

 

Eppure sono in tanti a prevedere che toccherà al ministro degli Esteri: non è come metterci Renzi?

Si, in un certo senso l’affinità politica è del tutto evidente. D’altra parte è necessario un governo che porti alle elezioni attraverso la legge elettorale e gli scenari possibili sono due. Il primo è che sia Renzi stesso a gestire questo passaggio, visto che anche qualche forza di opposizione chiede questa soluzione.

 

E’ ancora uno scenario possibile?

Sarà il segretario del Pd, con il presidente della Repubblica, a sciogliere questo nodo. Il Pd ha detto che intende aiutare il presidente in tutti i modi in un passaggio così difficile e delicato, ma l’ultima parola sarà del presidente Sergio Mattarella.

 

Secondo scenario?

Che sia un altro esponente del Pd, il quale abbia una autorevolezza sufficiente per poter assumere una responsabilità così rilevante.

 

Paolo Gentiloni è sufficientemente autorevole?

Certamente chi è stato ministro degli Esteri ha queste caratteristiche.

 

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti e il portavoce Filippo Sensi resteranno a Palazzo Chigi?

Non credo che gli italiani siano in apprensione sui temi di staff. Sarà il nuovo presidente del Consiglio a decidere l’assetto del, governo.

 

E’ vero che i ministri Boschi, Giannini, Madia e Poletti sono destinati a saltare?

Il nuovo premier proporrà la lista, è una sua prerogativa in cui è difficile entrare.

 

Perché l’ipotesi del governo Franceschini è tramontata, Renzi non si fida?

Io sto a ciò che Franceschini ha dichiarato e sono certo che sta lavorando come tutti i dirigenti del Pd per una soluzione positiva per il Paese, che presuppone una forte unità interna attorno al segretario Renzi.

 

Il segretario del Pd vuole votare il prima possibile, ma tanti «dem» puntano al 2018, giusto?

Si voterà appena risolta la questione della legge elettorale, non credo abbia senso andare oltre questa scadenza. Bisogna prendere atto che la legislatura è politicamente finita, si tratta di accompagnarla in modo ordinato alla sua conclusione e a un sistema di voto che consenta il massimo possibile di governabilità.

 

Non temete che Grillo sparerà in chiave elettorale su un governo che avesse sempre in Renzi il suo ispiratore?

Noi abbiamo chiesto a tutte le forze politiche di condividere la responsabilità di governare, non mi pare che nessuno si sia dichiarato disponibile. Se nelle prossime ore questa indisponibilità sarà confermata, non resterà che un governo a guida Pd, con questo obiettivo circoscritto.

 

Se lascia Palazzo Chigi, Renzi rischia di essere indebolito al punto da non tenere più il partito?

Il Pd deve dare vita a un grande confronto democratico, da cui la leadership di Renzi uscirà rafforzata.

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