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Pinotti: la leva non serve rivediamo il servizio civile

«Dall’Adunata degli Alpini arriva un messaggio veramente entusiasmante e commovente». Roberta Pinotti è appena scesa dal palco d’onore. E la prima donna ministro della Difesa nella storia della Repubblica è visibilmente emozionata.

 

Perché?

«Quasi mezzo milione di persone si sono mosse da tutte le parti d’Italia per arrivare qui a Treviso per sfilare oppure anche solo stare insieme. Sulla base di che cosa? Di valori comuni che tengono insieme l’esperienza degli alpini: la fatica, il valore, l’aver fatto delle truppe di montagna il punto fondamentale della propria vita. Un’esperienza che non finisce con il servizio militare e che diventa la volontà di rimanere insieme per quei valori comuni e per mettersi al servizio del proprio Paese. Non a caso l’Associazione nazionale alpini è attivissima tutte le volte che nel Paese c’è bisogno di aiuto. L’abbiamo visto anche nell’ultimo terremoto, con le funzioni di Protezione Civile, ma lo notiamo pure con la volontà dell’Ana di attivare la promozione verso le nuove generazioni».

 

In Svezia dal 2018 sarà ripristinata la leva obbligatoria: e in Italia?

«Il dibattito si è riaperto in Europa. Anche in Francia alle ultime presidenziali hanno affrontato questo tema diversi candidati, fra cui Emmanuel Macron, che poi ha vinto e ha parlato di come ripensare a utilizzare i giovani sui temi della sicurezza. Quindi non è affatto una discussione obsoleta».

 

Questo significa che sarebbe opportuno il ritorno della naja?

«Per quanto riguarda le missioni internazionali abbiamo bisogno di avere militari professionalmente preparati e la leva obbligatoria non sarebbe lo strumento più idoneo. Ma per quanto concerne altri servizi che possono essere fatti al Paese in termini di sicurezza e di sicurezza sociale, credo che possiamo cominciare a riflettere sull’idea di riproporre a tutti i giovani e alle giovani di questo Paese un momento unificante, non più solo nelle forze armate ma nel servizio civile. Finora abbiamo allargato la legge e i numeri sono cresciuti: questo è già importante. Però ragionare se ci possono essere esperienze per tutti credo sia un punto su cui dovremmo lavorare, senza dividere fra associazioni d’arma e forze del volontariato, lasciando a ciascuno la scelta del settore in base alla propria sensibilità».

 

A che punto è la dismissione delle caserme, un patrimonio ingente a Nordest?

«Da quando ho la responsabilità di questo ministero abbiamo dismesso circa 900 immobili, un numero grandissimo. Abbiamo fatto un lavoro immenso per trovare un accordo con gli enti locali e l’Agenzia del Demanio. Abbiamo messo a punto una modalità che funziona molto bene, per cui continueremo a dismettere. Recentemente a Udine abbiamo lasciato una caserma ai Beni Culturali, che ne avevano bisogno per archivio. Le ex caserme infatti sono a disposizione per le funzioni statali o per la valorizzazione degli enti locali. Continueremo questo lavoroperché abbiamo bisogno di lasciare quello che non ci serve e concentrarci invece sulle strutture di cui abbiamo bisogno».

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