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Lotti: la legge sugli stadi è realtà. Una rivoluzione per l’Italia

Luca Lotti, 35 anni da compiere a giugno, era a Verona giovedì scorso per sostenere la candidatura a sindaco di Orietta Salemi, vincitrice delle primarie del Partito democratico. Una serata politica condita però da qualche chiacchierata sportiva. Temi svariati: dagli investimenti del governo per sostenere lo sport italiano, alle infrastrutture, al calcio e al futuro delle società italiane, per finire con un accenno a Chievo e Verona. Lotti non si è sottratto. Anzi, ha affrontato tutte le questioni con lo stesso piglio con cui scendeva in campo, sino a poco tempo fa, con la maglia del Certaldo, formazione di Eccellenza in Toscana.

 

Ministro Lotti, si può fare business con lo sport? E in quest’ottica che si inserisce lo sbarco della Ryder Cup in Italia?

«Lo sport per il nostro Paese è innanzitutto una risorsa sociale e culturale ed è così dall’ultimo campo o palestra di periferia al più grande stadio italiano. Accanto a questo c’è l’aspetto economico legato alle attività sportive, a partire dal calcio ma non solo».

 

Quindi?

«Promuovere grandi eventi come la Ryder Cup o i mondiali di sci o il campionato europeo di calcio under 21 vuol dire promozione sportiva ma anche promozione del territorio che ospita quell’evento, con ricavi economici diretti e indiretti e ricadute sociali importanti sulla collettività e sui cittadini. Un esempio virtuoso in questo senso è senza dubbio Cortina 2021».

 

Affrontiamo l’annosa questione del rapporto sport e scuola. Molto si è fatto, ma certamente molto c’è da fare. È una questione solo culturale o anche strutturale?

«È vero che su questo tema, negli ultimi anni, sono stati fatti molti passi in avanti, ma possiamo e dobbiamo fare di più».

 

In che senso?

«Come ho spiegato presentando le linee programmatiche del mio mandato, è necessaria una stretta collaborazione col ministero dell’Istruzione perché la scuola è il luogo migliore in cui i nostri ragazzi possono apprendere il senso profondo dello sport, che per me significa impegno, lealtà e sano stile di vita. E per fare questo occorrono anche strutture adatte e sicure negli istituti scolastici, penso ad esempio alle palestre».

 

Non solo.

«No. È poi necessario realizzare progetti che diano delle reali opportunità ai giovani di conoscere e praticare alcune discipline sportive che sembrano solo per pochi. Per questo con il Miur e la Fisi abbiamo voluto sostenere il progetto “La neve a scuola” che coinvolgerà dal prossimo anno scolastico gli alunni delle scuole italiane di primo e secondo grado. Credo fermamente che sia questa la strada da percorrere per promuovere e accrescere una cultura dello sport».

 

A proposito di infrastrutture: il calcio italiano quanto paga in termini di competitività perché le società non hanno investito sulle infrastrutture di proprietà come stadi, centri sportivi e altro ancora? «Non c’è dubbio che in Italia siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi europei sugli investimenti e sulla qualità delle strutture sportive. Ed è altrettanto vero che avere, ad esempio, stadi di calcio all’avanguardia vuol dire avere un campionato di Serie A più competitivo».

 

Qual è il disegno approntato dal governo?

«Siamo già intervenuti con un decreto legislativo, approvato nei giorni scorsi in Consiglio dei ministri e appena sarà messo in pratica darà le garanzie di bancabilità, quindi non soldi pubblici, a quelle società che vorranno investire nella costruzione di nuovi stadi. Si tratta di una vera rivoluzione per il nostro Paese e gli effetti positivi si vedranno presto».

 

Come vede l’arrivo in Italia di investitori stranieri? Le due milanesi in mano ai cinesi, la Roma agli americani...

«Su questo devo ammettere di essere un po’ legato alla storia e alla tradizione: penso a grandi famiglie cui sono legati importanti club, come Agnelli per la Juventus, Moratti per l’Inter, Della Valle per la Fiorentina».

 

La realtà però è differente.

«Sì. E dobbiamo tutti essere coscienti dei grandi cambiamenti avvenuti in questi ultimi anni e di come alcune leggi di mercato siano entrate nel mondo del calcio. Il punto vero non è l’ingresso di investitori stranieri. Ora si tratta di dare regole certe, chiare e trasparenti nella gestione di questo fenomeno. Aggiungo che l’aspetto fondamentale è che gli investimenti stranieri entrino nel sistema soltanto per fare il bene delle società italiane».

 

Infine so che lei é un grande appassionato di calcio, ex calciatore, in famiglia si parla molto di pallone. Verona assomiglia molto alla sua Firenze. Il Chievo é per molti versi simile all’Empoli, il Verona è amato un po’ come in riva all’Arno si ama la Viola. Un giudizio su queste due realtà?

«Non mi faccia fare pericolosi parallelismi, rischiando di solleticare la sensibilità di qualche tifoso. Battute a parte, è bello pensare a realtà calcistiche come Verona e Firenze, così come in altre parti d’Italia, in cui sopravvive ancora un’unione genuina e sana tra la città e la propria squadra di calcio. Un mix che passa dalle scuole calcistiche dei nostri bambini alle famiglie che vanno la domenica allo stadio: questo per me è il vero calcio».

 

 

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