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Morassut: “Clima, golden rule, dissesto, città: così il governo rilancia”

Sottosegretario Morassut, governo e Pd sostengono un grande accordo green nella Ue basato sullo scorporo di investimenti dal deficit. Vonder Leyen dice no. Insistete?

“Gli impegni assunti da Von der Leyen sono significativi, una grande sfida. L’Europa punta a essere il primo continente climaticamente neutro entro il 2050 e gli investimenti sono il motore decisivo per intraprendere il nuovo cammino, come ci chiedono milioni di giovani che richiamano i potenti del mondo ad assumersi le loro responsabilità. Il commissario Gentiloni ha sottolineato il ruolo prioritario della Ue per favorire transizione energetica e modifica del modello di sviluppo. C’è bisogno di un approccio omnicomprensivo e di lunga durata piuttosto che di politiche settoriali e temporanee. Perciò continuiamo a pensare che si debba affrontare il tema dello scorporo degli investimenti dal patto di stabilità: è condizione decisiva in questa prima fase di accelerazione. Del resto il Parlamento italiano si sta muovendo con chiarezza e oltre gli schieramenti, come dimostra l’approvazione della mozione sull’emergenza climatica alla Camera”.

 

Sono finiti tempi della contrapposizione fra sviluppo e ambiente come quando la Via era era l’arma per bloccare o frenare le grandi opere?

“Con la norma del Dl clima che dal 1 gennaio 2o21 trasforma il Cipe in Comitato inteministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, abbiamo un anno di tempo per attuare una riforma sostanziale, che capovolge le priorità del Paese e mette al centro della programmazione economica delle in- frastrutture il criterio di sostenibilità. Un impegno che orienta le scelte verso un modello di sviluppo compatibile con l’ambiente, unica occasione di crescita per l’economia e la competitività. L’Italia, nel criterio europeo, è un Paese con grandi eccellenze green: siamo leader nello smaltimento dei rifiuti, nell’economia circolare e nella trasformazione delle materie prime in materie seconde. Siamo il Paese con il più alto tasso di biodiversità e con altissimi livelli di tutela, con un capitale naturale incomparabile, anche grazie al lavoro delle aree protette, con il resto dell’Europa. Al tempo stesso siamo un Paese fragile esposto al rischio idrogeologico, con livelli record di inquinamento, danno ambientale e siti di discariche abusive (per le quali siamo in procedura di infrazione Ue). Il Green new deal italiano punta a far crescere le eccellenze, riducendo nel contempo i nostri record negativi”.

 

Lei ha avuto le deleghe dal ministro Costaper il piano sul dissesto idrogeologico. Cosa state facendo?

“Il piano stralcio, per 315 milioni, è pienamente operativo poiché risultano assegnate le risorse con Dm dopo un buon lavoro con regioni, autorità di bacino, commissari per l’emergenza. Sono state erogate anticipazioni per il 6o%, il saldo avverrà nei tempi e nelle modalità concordate. Per il Piano operativo sul dissesto, il ministero dell’Ambiente ha concluso la fase istruttoria e inviato la proposta di Dpcm al Consiglio dei Ministri per la definitiva approvazione. Saranno erogati 362 milioni, con particolare attenzione al Sud, a 236 progetti di contrasto e mitigazione del dissesto”.

 

I tempi di approvazione risultano sempre lunghissimi. Come ridurli?

“C’è bisogno di semplificare un sistema oggi frammentato su molti versanti istituzionali. Troppe volte abbiamo cambiato modello organizzativo. Occorre una cabina di regia, della quale si può far carico il ministero dell’Ambiente, per portare a sintesi gli interventi di prevenzione sul dissesto in stretta relazione con le Regioni e quelli legati all’emergenza che deve vedere capofila la nostra Protezione Civile. Ci sono competenze e risorse per fare un ottimo lavoro. In definitiva stiamo lavorando per migliorare il “rcruscotto” e renderlo rapido ed efficiente”.

 

Un’altra sua delega è sul piano bonifiche. Potrebbero essere leva di grande sviluppo immobiliare, invece esperienze come Bagnoli e Ilva bloccano lo sviluppo.

“Di bonifiche non dovremmo solo parlare ma anche realizzarle. Un tema che va oltre le complesse questioni di llva e Bagnoli sulle quali occorre accelerare gli interventi programmati. Vi sono nel Paese migliaia di aree (su un centinaio scontiamo un procedimento di infrazione Ue) che hanno un valore economico esorbitante e andrebbero restituite, in tempi brevi, alle comunità locali anche in termini di servizi. ll destino delle aree bonificate, da un punto di vista urbanistico spetta alle decisioni dei Comuni. In molte situazioni il riuso può riguardare non solo l’immobiliare ma la transizione energetica Penso per esempio che su quelle aree bonificate possano essere installati impianti di produzione di energia pulita e rinnovabile”.

 

Altro grande tema divisivo: il consumo di suolo. È possibile un accordo Pd-M5s?

“Abbiamo bisogno di una legge semplice di principi che possa essere recepita dalle Regioni nella loro autonomia, creando un quadro nazionale di riferimento. Questa legge deve coniugare il contenimento del consumo di suolo con incentivi e misure efficaci per la rigenerazione urbana e la riconversione edilizia. Queste due cose sono le facce di una stessa medaglia: il consumo di suolo non si contiene solo con i divieti, occorre spostare interessi, economie, rendite sulle città esistenti e redistribuire la ricchezza che si crea dalla rigenerazione urbana in parti eque tra pubblico e privato. Questa è, a mio parere, la strada maestra. Il resto sono chiacchiere e inutile propaganda. Poiché modelli e sperimentazioni ormai esistono, si tratta di tradurli in legge ed applicarli”.

 

Peraltro, come lei sa bene, da ex assessore di Roma Capitale, aspettiamo una legge urbanistica da venti anni. Vede spiragli, magari legati al tema del consumo del suolo?

“C’è un lavoro parlamentare in corso emi auguro possa trovare uno sbocco concreto. L’Italia è ferma all’agosto 1942. L’ultima legge urbanistica nazionale fu approvata per Regio Decreto mentre i nostri soldati combattevano ad El Alamein. Il tempo e la storia ci dicono che viviamo in un altro mondo. Due forze come Pd e Cinque Stelle che vogliono “cambiare” devono porsi l’obiettivo di dare concretezza a questo intento, trovando un accordo per un nuovo regime dei suoli. Per quanto rientra nelle mie competenze mi impegnerò per questo, come ho sempre fatto. Come lei sa, si deve a me l’introduzione nel testo unico per l’edilizia del “contributo straordinario”nelle valorizzazioni immobiliari private a favore dai Comuni: una norma di stampo europeo e che opera da decenni nelle nazioni più avanzate. In Italia è stata introdotta nel 2006 e non sempre applicata”.

 

Non pensa che per aggredire il tema periferie e rigenerazione urbana sarebbe utile incentivare la demolizione e ricostruzione nelle città?

“Demolire e ricostruire comporta costi superiori alla costruzione ex novo. Quindi si pone il problema di un regime fiscale e di incentivi adeguati su oneri di urbanizzazione, indici di superficie, densità, qualità dei servizi. Nello stesso tempo si pone un problema di materiali nel processo edilizio e di impianti finalizzati a ridurre le emissioni e a facilitare, nel tempo, la possibilità di decostruire e rigenerare i suoli già occupati. Questo vuol dire anche, in futuro, dare un tempo e una scadenza alle previsioni edificatorie su suoli liberi, prevedere ambiti temporanei(già previsti nel Testo Unico per l’edilizia ma da perfezionare normativamente) per alloggi di rotazione per demolizione e ricostruzione. Va considerata la necessità di utilizzare parte del demanio pubblico e militare per inverare il programma per l’edilizia pubblica. Su suoli liberi è infatti difficile lanciare nuovi programmi. Tutti aspetti e innovazioni che dovrebbero rientrare in un vero e proprio Urban Act,una legge sulle città. Perché non basta investire risorse per fare politiche urbane pubbliche, servono norme organiche e applicabili”.

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