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Migrazioni

Trainata da fake news e strumentalizzazioni populiste, la paura delle migrazioni è un sentimento diffuso oggi come non mai. Che si tratti di messa in discussione della nostra identità, di timore di perdere il lavoro, di apprensione sulla nostra sicurezza, la diffidenza nei confronti dell’altro, percepito come diverso, colpisce alla pancia, come si dice, la maggior parte di noi, se non siamo in grado di contrapporgli un’adeguata barriera culturale.

Non si tratta di razzismo, “teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente superiori e di altre inferiori”, come viene definito dalla Treccani, perché è privo della base ideologica che alimenta e struttura tali sistemi di pensiero. E però, un sentimento di questo tipo, più vicino alla xenofobia che al razzismo di matrice ideologica, è lo stesso pericoloso. Ce lo insegna la storia, una storia non troppo lontana, se pensiamo al massacro della ex Jugoslavia degli anni 90, o alla pagina incancellabile del nazismo, alle leggi razziali mussoliniane, ai conflitti etnici che hanno insanguinato e continuano a insanguinare il Pianeta.

Compito della politica non è minimizzare, trattare con sufficienza, biasimare le paure dei cittadini, compito della politica è rispondere alle paure. E non c’è miglior risposta che quella dei fatti.

Se nel corso della storia nessun governo, nessun monarca, presidente o esercito è mai riuscito a fermare le migrazioni, soprattutto quando sono veri e propri fenomeni epocali, come nel nostro caso, è possibile invece gestirle, controllarne i flussi, agire sulle cause che le determinano.

 

I governi Renzi e Gentiloni

Alle prese con la più grave crisi economica del dopoguerra, che dal 2008 ha impoverito e messo in crisi la gran parte delle economie mondiali, i governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni si sono trovati ad affrontare anche il maggior fenomeno migratorio degli ultimi decenni.

 

Un fenomeno che si è deciso di affrontare con grande senso di responsabilità, non ultima quella morale, ma al contempo con la consapevolezza dei limiti che l’accoglienza impone. Non si può lavorare sulla questione migratoria rinunciando a governare i flussi migratori. Né è possibile liquidare la questione adottando misure legate al momento, alla cosiddetta emergenza, senza “una visione complessiva” del fenomeno, come ha ricordato il ministro Minniti.

 

Il decreto Minniti

Sono «Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale», quelle adottate attraverso il decreto legge proposto dal ministro Minniti il 17 febbraio 2017 n°13, e convertito con la legge 46 del 13 aprile. Un articolato sistema di misure che agiscono in maniera sostanziale, anche sul piano dell’ordinamento, sul controllo e il contenimento del fenomeno migratorio.

 

  • Viene così intensificata l’azione di contrasto all’immigrazione illegale e ai trafficanti di esseri umani.
  • Si accelerano le procedure di identificazione e definizione della posizione giuridica dei cittadini non comunitari.
  • Maggiore attenzione viene riservata all’accoglienza, insieme, però, ai rimpatri. La rete delle strutture di accoglienza viene potenziata, puntando non più sui grandi centri di difficile gestione e spesso mal gestiti, ma su piccole e medie strutture distribuite su tutto il territorio nazionale. In questo modo si garantisce maggior rispetto delle persone che vengono accolte, e tempi certi di permanenza massima.
  • Nei tribunali sede di Corte d’appello vengono istituite 26 sezioni dedicate esclusivamente alle tematiche migratorie, di protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE. La loro competenza abbraccia riconoscimento o diniego del diritto di soggiorno, allontanamento di cittadini UE e dei loro familiari per motivi di sicurezza, riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria, mancato rilascio o rinnovo e revoca del permesso di soggiorno per motivi umanitari, rifiuto del nulla osta al ricongiungimento familiare o al permesso di soggiorno per motivi familiari, controllo e validazione della condizione di apolidia e di cittadinanza italiana.

A guidare tali sezioni specializzate saranno magistrati di comprovata esperienza, affinché si lavori col massimo scrupolo per far emergere con la maggiore chiarezza possibile la storia personale di chi richiede protezione internazionale.

È previsto un unico grado di giudizio, fatta salva la possibilità di ricorso in Corte di Cassazione.

 

I corridoi umanitari

“Un nuovo modello di gestione dall’altra parte del Mediterraneo” l’ha definito Minniti. Si tratta dei corridoi umanitari, che garantiscono a chi arriva in Europa un viaggio senza rischi. E chi arriva lo fa con lo status di rifugiato, non più di richiedente asilo. Secondo le stime dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2018 i profughi che potranno accedere all’Europa attraverso i canali umanitari saranno fino a 10mila, mentre saranno 30mila coloro che non avendo diritto all’asilo, potranno tornare con rimpatri volontari. 18mila coloro che sono tornati a casa dall’Italia attraverso i rimpatri volontari, secondo i dati diffusi a fine 2017 dal Viminale.

Il ministro ricorda come “grazie agli accordi fra Roma e Tripoli, il personale Unhcr ha potuto selezionare in Libia chi ha diritto alla protezione internazionale”, ed anche che le organizzazioni internazionali “sono già messe in condizione di visitare i centri d’accoglienza e migliorarne le condizioni di vita, oggi ancora inaccettabili”.

 

I numeri del 2017

-33% di sbarchi sulle nostre coste da luglio 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente

-34% di arrivi rispetto al 2016, 70% in meno da luglio 2017

60mila arrivi in meno in termini assoluti a dicembre 2017

+62% di espulsioni per motivi di sicurezza (da 66 a 105)

+19,6% di rimpatri per migranti irregolari (da 5300 a 6340)

+9% di arresti per estremismo di matrice religiosa (da 33 a 36)

+11% di foreign fighters monitorati (da 116 a 129)

 

L’Europa e l’Italia nel governo dei flussi migratori

Sebbene l’Italia abbia ottenuto riconoscimento largo da parte della maggioranza degli Stati membri dell’Unione, è stata di fatto lasciata sola a gestire un fenomeno che richiede l’intervento della politica comunitaria europea. Dopo anni di pressioni italiane, e alla luce dei risultati incoraggianti arrivati soprattutto nel corso del 2017, finalmente l’Unione europea ha deciso di modificare il regolamento di Dublino. La riforma è stata approvata nel novembre 2017 dal Parlamento europeo, ed è in attesa ora di ratifica de4l Consiglio dei ministri dell’UE.

Con il rafforzamento dei controlli di sicurezza, si stabilisce anche che non sarà più il primo Paese d’arrivo ad assumersi automaticamente la responsabilità dei richiedenti asilo, ma attraverso uno schema di ripartizione, i richiedenti verranno automaticamente trasferiti nei diversi Paesi della UE. Nella riforma si tiene conto anche delle situazioni particolari di collegamento fra richiedente e Stati membri, come nel caso di legami familiari, che indirizzeranno il trasferimento e il conseguente esame della domanda d’asilo lì dove si trovano i parenti.


Per saperne di più:

(dal quotidiano on-line Democratica)

Le bugie di Berlusconi sul regolamento di Dublino

Smontiamo le bugie / E’ vero che il Pd ha favorito l’immigrazione clandestina?

Migranti, Frontex: -34% gli arrivi in Italia nel 2017

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