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Il nostro futuro si chiama Stati Uniti d’Europa

Il Manifesto di Ventotene è uno dei documenti che sono il fondamento teorico dell’Unione Europea. Lo scrissero e diffusero nel 1943, dal confino fascista, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi, Ursula Hirschmann ed è il cuore italiano che batte dentro la moderna Europa. Senza l’Europa non c’è futuro e, al tempo stesso, il futuro è dell’Europa e nell’Europa. La sfiducia dei cittadini verso l’Unione Europea, non è strutturale, ma è causata dall’attuale modello politico e amministrativo. Cambiare, però, è possibile.

Europa sì, ma non così” ha ripetuto Matteo Renzi. Non è uno slogan, bensì un orizzonte diverso rispetto a quello presente. Il nostro orizzonte sono gli Stati Uniti d’Europa, non i regni sovranisti che vagheggiano grillini, neofascisti e leghisti che immaginano un continente costituito da mille Padanie in guerra fra loro.

Stati Uniti d’Europa non significa Europa delle banche o del denaro. Certo, l’UE è anche fatta di pacifici scambi commerciali, anziché sanguinosi conflitti, che fanno crescere l’economia e danno lavoro, ma la nostra visione a 360 gradi è quella di un’Europa come continente vivace e aperto, dove i mercati, le banche, la politica e i tecnici lavorano al bene comune, dove i giovani crescono e si conoscono attraverso gli scambi continui degli Erasmus, dove le grandi infrastrutture si concepiscono e costruiscono insieme, dove la politica estera e la politica di difesa sono comuni.

Ecco perché ribadiamo, con le parole di Matteo Renzi, che l’Europa è la soluzione, non il problema: «C’è l’Europa dei populisti che vuole abbattere tutto e l’Europa dei conservatori che non vuole cambiare nulla. E poi ci siamo noi che diciamo: Europa sì, ma non così».

Il nostro orizzonte sono gli Stati Uniti d’Europa

Il Pd vuole rifondare l’Europa: è un compito possibile se l’Italia saprà esercitare il suo ruolo con autorevolezza. Cosa non sempre avvenuta nelle stagioni precedenti, anzi… Ricordate come l’eccessivo, quasi infantile, protagonismo di Berlusconi non faceva altro che far crollare la nostra credibilità internazionale? Il governo Monti, invece, è stato un soldatino obbediente, un ligio esecutore delle politiche lacrime e sangue ordinate dagli eurocrati dell’Unione Europea.

Con i governi Renzi e Gentiloni è cambiato tutto sul serio. Dallo spread a quota 574 nel novembre 2011, durante il governo Berlusconi, si è passati all’economia italiana finalmente in ripresa con i governi a guida Pd. Ma sopratutto Renzi e Gentiloni hanno cambiato il senso e la prospettiva della politica dell’Italia in Europa.

Gli avversari del Pd, sia le destre sia i Cinquestelle di Casaleggio, sono invece forze che considerano l’Europa una minaccia. Che propongono devastanti uscite dalla monte unica. Qualcuno si è, però, domandato che succederà uscendo dall’euro? Chi ne pagherà le conseguenze saranno coloro che hanno meno potere d’acquisto, in particolare i giovani e i pensionati. Se imponiamo dazi protezionistici, il risultato sarà la perdita del posto di lavoro per decine di migliaia di lavoratori delle imprese dell’export. Se ci chiudiamo all’Europa, non sarà solo l’Europa a perderci, saremo noi per primi.

Il problema, però, non è soltanto il ritorno dei dazi e delle frontiere, non è soltanto il fastidio di cambiare moneta quando si va in un altro paese. È un problema di prospettive. Vogliamo l’Europa dei fili spinati e delle dogane? L’Europa che ha covato gli odi razziali e due guerre mondiali? Davvero per i propri figli e per le prossime generazioni vogliamo questo?

Europa, necessità e opportunità

C’è stato, da parte dei governi Renzi e Gentiloni, un lavoro serio, intenso e c’è stato un indubbio spessore istituzionale che hanno reso il nostro Paese credibile e autorevole in Europa, ma anche perché, in concreto, hanno dimostrato che l’Europa è, prima di tutto, una necessità e un’opportunità.

Una necessità, perché mentre oggi i ragazzi e le ragazze europei si incontrano e studiano insieme nei progetti Erasmus, lavorano insieme nei molti programmi europei, non tanti decenni fa ragazzi della stessa età di quelli di oggi, si uccidevano nei mattatoi delle due guerre mondiali.

L’Europa è, dunque, una opportunità economica, culturale, sociale, perché offre ai cittadini europei non solo fondi e aiuti, ma anche la possibilità di costruire progetti insieme, di fare impresa insieme, di studiare insieme, di viaggiare insieme, senza considerarsi estranei e senza badare ai confini o alla valuta o alla lingua.

Arrivano Renzi e Gentiloni: più flessibilità, meno infrazioni

I governi Renzi e Gentiloni hanno imposto una radicale inversione di rotta sul come si sta in Europa. “In questi anni – spiega Sandro Gozi, sottosegretario alle politiche europee – abbiamo fatto risparmiare ai contribuenti italiani due miliardi di euro di sanzioni, risparmi che abbiamo potuto impiegare in politiche sociali. Abbiamo dimezzato le infrazioni a carico dell’Italia, da 121 a 62; diminuito drasticamente le frodi all’Unione (- 60%); ridotto al minimo le controversie per aiuti di Stato (da 24 a 4)”.

Se rispetti le regole, hai anche la credibilità per cambiarle”, aggiunge Gozi. E quella sulla flessibilità è stata una grande battaglia e una conquista del governo Renzi che fa guadagnare all’Italia più di 20 miliardi di euro per finanziare le riforme e rilanciare gli investimenti.
Come ha sottolineato Matteo Renzi sulla sua e-news del 27 marzo 2017: “L’Europa non ci ha dato la flessibilità. Ce la siamo presa combattendo una durissima battaglia politica nel nostro semestre di presidenza, nel 2014. Non ci hanno regalato nulla, abbiamo fatto politica e abbiamo vinto una battaglia”.

Flessibilità non significa aumento del debito pubblico, ma vuol dire maggiore spazio di investimento rispetto alle previsioni del fiscal compact che sembrano dettate da burocrati che non vivono su questa terra.
Non solo, ma aver ottenuto maggiore flessibilità e averla usata bene, ha fatto guadagnare maggiore credibilità al governo Renzi e a quello guidato da Gentiloni.
I governo Monti e Letta avevano un deficit al 3%. Il governo Renzi non solo ha incassato la vittoria sulla flessibilità, ma è riuscito a controllare il al 2,3%.

Insomma, Renzi ha dimostrato che si possono tenere in ordine i conti pubblici senza assurde politiche di austerity e senza uccidere la crescita: è ciò che vogliamo dall’Europa, e sappiamo che si può fare.

Unione Europea e migranti

Quei paesi che non si fanno carico di accogliere i migranti in arrivo, eludendo così i principi di responsabilità e solidarietà, non avranno i soldi che arrivano dall’Italia all’UE. In sintesi è questa la volontà politica che ha espresso Renzi, perché, appunto, l’Europa ci piace, ma vanno corrette le cose sbagliate.
“Non si può pensare di accogliere i denari che arrivano dall’Italia, e poi non accogliere i problemi che arrivano dalla gestione dell’emigrazione – ha detto Renzi – non si può pensare di stare dentro l’Europa pensando di averne solo vantaggi e diritti, e non doveri”.

Cambiare l’Unione Europea

Cambiare in meglio l’Europa è possibile, ma la base di partenza deve essere la memoria della storia e la consapevolezza del presente: l’Europa è quella cosa che da più di 70 anni (un’eccezione nella storia di sangue e guerre dell’umanità intera) ci dona pace e libertà. Non scordiamolo mai.

Possiamo affermare che oggi, finalmente, un cambio di strategia è già partito, ma deve proseguire con decisione: dalla politica di austerity che il presidente della Commissione europea Barroso ha ispirato e portato avanti per molti anni, occorre passare a politiche di crescita e innovazione.

Il futuro dell’Europa non è nelle regole e nelle regoline dei mille e mille regolamenti comunitari spesso inutili e assurdi, non è nei cavilli procedurali che irritano i cittadini e neanche nei numerini dello zerovirgolaqualcosa che promuovono o bocciano i bilanci di una nazione.

Il futuro dell’Europa non può che essere in una visione politica concreta e lungimirante al tempo stesso. È nell’elezione diretta da parte dei cittadini europei di una figura istituzionale che sommi il ruolo del presidente della Commissione e di quello del Consiglio europeo. È in una vera politica estera e di difesa comune, perché solo così l’Unione potrà essere all’altezza di una geopolitica internazionale di pace. È nel capitale umano, nei programmi universitari di mobilità, nel servizio civile europeo su cui bisogna investire per far sì che crescano cittadini europei. È nella semplificazione dei bandi comunitari e delle procedure di accesso ai fondi europei, affinché sia favorita la reale fruizione da parte dei cittadini europei dei tanti benefit che pure esistono.
È questa l’Europa che vuole il Pd: quella dei cittadini come protagonisti, non quella della burocrazia e dell’austerity.

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