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Orfini: “Il candidato premier è già stato scelto dal popolo del Pd”

Matteo Orfini, la corsa del Pd in Sicilia è segnata da pessimismo. Siete destinati al terzo posto?
«Una premessa: il tentativo di piegare a fini di politica nazionale le regionali siciliane non ha certo favorito la discussione sul profilo dei candidati, che avrebbe aiutato Micari. E invece abbiamo trascorso settimane a parlare d’altro. Dopodiché, per noi la Sicilia è storicamente una sfida difficile. Anche vincendo, l’ultima volta abbiamo raccolto il 13%. Comunque abbiamo costruito una coalizione e proviamo a vincere».

Va bene, ma che succede lunedì mattina se arrivate terzi?
«Che la sinistra non governerà la Sicilia e che toccherà al M5S o alla destra. D’altra parte, Mdp ha deciso di rompere il fronte del centrosinistra e favorire la destra senza alcuna motivazione politica».

E si riapre la caccia a Renzi.
«Non possiamo ricominciare ogni volta che c’è un voto amministrativo ad alimentare una discussione, riportando tutto al punto di partenza. Non è tollerabile il tentativo di riaprire sempre la partita».

Eppure così sarà anche stavolta. Come minimo chiederanno a Renzi un passo indietro sulla premiership.
«Esatto. Ed è una visione cne mi preoccupa, se arriva da autorevoli esponenti del Pd. Al momento della fondazione, abbiamo scelto che il segretario fosse anche il candidato premier, per evitare i veti dei partitini senza voti e rompere con la tradizione dei caminetti che decidono tutto. Affidammo la scelta agli elettori, per questo ci chiamiamo Partito democratico».

Veramente non sono solo autorevoli esponenti: parliamo dei due terzi dell’attuale consiglio dei ministri, Orfini. E di qualche padre nobile del Pd.
«Guardi che il candidato premier non lo sceglie Orfini, né Orlando, né Franceschini e neanche Renzi. Lo scelgono gli elettori del Pd. E l’hanno già fatto, eleggendo un segretario. Quelli a cui fa riferimento sono autorevoli punti di vista che però valgono meno dei due milioni di elettori dem. Alle primarie il voto di un ministro non conta più di quello di un segretario di circolo: vale uguale. E il Pd non è il “club del consiglio dei ministri”: è un partito di popolo».

Probabilmente proporranno Gentiloni per aggregare una coalizione e unire il Pd. Come farete a dire no?
«Sono richieste irricevibili. E a chi chiederà tutto questo, dico solo: per sfidare Renzi c’era il congresso. Orlando l’ha fatto e ha perso. Altri non l’hanno fatto. Punto».

Rilancerete la coalizione con Mdp, dopo lunedì?
«Abbiamo detto di essere disposti a parlare con tutti. E che va bene la coalizione larga, con un solo paletto: che sia omogenea. Da Mdp sono arrivate le risposte offensive di D’Alema, Bersani, Speranza, Errani, i molteplici leader di questo piccolo partito. Non sono disponibili, è evidente. Se cambiano idea, sanno dove trovarci. Hanno fatto altre scelte, come in Sicilia Hanno deciso di favorire le destre».

Le primarie sono una strada per aggregare una coalizione?
«Le abbiamo inventate noi, figuriamoci se abbiamo veti preventivi o pregiudizi. Però si fanno se servono, per ora nessuno le ha chieste».

La Sicilia è la prova generale delle politiche o con il Rosatellum andrà diversamente?
«In Sicilia il Pd parte dal 13% e ce la giochiamo. Figuriamoci se con il Rosatellum non possiamo vincere».

Dopo lunedì non sarà ancora più difficile approvare la manovra?
«11 Pd garantirà l’approvazione della manovra, chiedendo due o tre modifiche. E il governo deve essere capace di discutere con il Parlamento».

Capitolo Bankitalia: giocate allo sfascio?
«Stanno già emergendo buchi nella vigilanza. Bankitalia ha riconosciuto gli errori commessi e fornito una versione discordante rispetto a Consob, tanto da rendere necessario un confronto all’americana. Oggi molti dovrebbero scusarsi con il Pd, soprattutto quelli che a sinistra sono corsi a difendere un sistema i cui limiti oggi stanno emergendo grazie a noi».

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