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Emiliano: «Sono io la novità nel Pd. La vera partita sarà alle primarie»

Quando ha letto la richiesta dell’Assemblea dei redattori e delle redattrici de l’Unità di incontrare i candidati alla segreteria Pd per conoscere la loro opinione sul futuro e sul ruolo del nostro quotidiano, Michele Emiliano ha alzato il telefono e ha detto che sarebbe venuto in redazione da lì a pochi minuti. «Sono qui per parlare del vostro giornale, di quello che penso possa rappresentare per il nostro partito», esordisce appena arriva provando a stoppane le domande sulla campagna congressuale. l’Unità secondo il presidente della Puglia, può essere quel collante tra il partito e la sua base, i suoi elettori e i suoi militanti, in grado di leggere la realtà di una comunità che non trova un vero luogo di racconto. Di più, per Emiliano l’Unità dovrebbe essere uno strumento in grado di accogliere un dibattito vero nel partito e nel centro sinistra, «uno strumento, cioè, in grado di favorire i processi di partecipazione attiva e penso che potrebbe essere finanziato dai nostri elettori, come è giusto che sia, rendendo meno oneroso per gli azionisti tenere sul mercato il giornale». Ma alla fine è stato inevitabile tornare al tema del giorno perché mentre parliamo arrivano i risultati dei congressi dei circoli. E così, dopo un saluto con il direttore Sergio Stalno, inizia l’intervista. «Siamo al 7,5% sul 10% dei circoli. Ce lo aspettavamo».

 

Come se lo spiega questo dato così basso? Davvero se lo aspettava? «Certo, i voti nei circoli sono blindati, controllati. Ogni corrente controlla i suoi, sapevamo che non saremmo andati oltre il 7, l’8%».

 

Secondo lei Mdp andrà a votare alle primarie per Orlando come sostengono in molti?

«Lo troverei piuttosto singolare, ma tutto può accadere. La sinistra ci ha abituato a molte sorprese».

 

Quanto sta influendo sul voto nei circoli il fatto che lei ad un certo punto sembrava volesse andar via dal Pd come poi hanno fatto Bersani e Speranza?

«Credo che non stia influendo in alcun modo. Io non ho una rete, non ho mandato i miei sostenitori a tesserarsi all’ultimo momento. Il tesseramento è per correnti, non avendone mai avuta alcuna, non potevamo aspettarci grandi risultati nei congressi di circoli».

 

Quindi pensa alla rimonta con le primarie aperte?

«Sì perché le primarie aperte sono una cosa completamente diversa dal voto nei circoli dove c’è il capo della corrente che sa chi è andato a votare e come. Peraltro io ho scelto di restare nel Pd perché quando ho capito che andare via e formare una cosa diversa si stava trasformando in un insieme di cose vecchie che si univano, ho detto che non ero interessato. Il partito mi dovrebbe essere grato per la decisione di restare, senza di me queste primarie sarebbero state senza senso: l’ex premier e il suo ministro che si presentano dopo una sconfitta catastrofica come quella del 4 dicembre come se niente fose successo. L’unica mozione nuova è la nostra. Alle primarie può succedere qualunque cosa. Se va male vanno a votare poco più di un milione di persone, se va bene oltre due milioni. Chi può dire come andrà di fronte ad un’affluenza così? Se vanno a votare 300mila persone più di quelle previste dai sondaggi io vinco il Congresso».

 

Adesso però lo scoglio è quello del 5%.

«Sì, noi dobbiamo superare la soglia del 5% e mi auguro che il Pd, che sa che sto facendo un lavoro per tenere unito il partito, ci aiuti a superare questa fase e passare a quella delle primarie. A quel punto si riapriranno i giochi. Abbiamo strutturato un’area, “fronte democratico” che è la novità nel Pd e mira a recuperare i consensi che abbiamo perso, a riportare a casa gli scissionisti».

 

Cioè senza di lei il Pd è destinato a non farcela a riconnettersi con la sua base?

«Io spero di arrivare alle primarie aperte perché questo vuol dire portare al voto una parte del centrosinistra che oggi ha smesso di guardare al Pd. Se restano in pista soltanto Orlando e Renzi non tornano a votarci perché non c’è novità in nessuno di loro due che in questo momento sono espressione dell’establishment che gestisce il partito degli assessori, dei dirigenti, ma che non ha alcuna connessione con la società civile».

 

Lei a volte sembra piùvicino ai 5stelle che al Pd.

«Io sono vicino alle persone. Il Pd ha rotto la connessione sentimentale con la sua gente. Il 4 dicembre si è spezzato un rapporto che è difficile recuperare e il nostro è l’unico Paese in cui un leader che ha subito una sconfitta così pesante anziché farsi da parte e lasciare che sia una nuova classe dirigente ad emergere, si ricandida senza alcuna novità di contenuto politico. Noi proviamo a imporre un modello diverso, che punta a ricucire e non rottamare».

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