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Zampa: «Le restrizioni vanno fatte rispettare. La responsabilità è delle polizie locali»

Sottosegretario al ministero della Salute, Sandra Zampa, 14 tesserati del Genoa positivi ai tamponi. In pericolo il campionato di calcio?

«C’è un protocollo, sottoscritto dalle istituzioni calcistiche con il governo, che ha consentito la ripresa del campionato. Prevede controlli e stop alle partite, quando il numero dei positivi è alto. Ma anche controlli e isolamento dei calciatori, in caso di positività. Vale per tutte le squadre».

Nessuno stop alle partite?

«La ripresa del campionato richiede senso di responsabilità generale. Nei comportamenti delle società e dei calciatori, anche fuori dallo stadio. Sono presupposti indispensabili».

I contagi sono in aumento, c’è un limite fissato dal governo per un nuovo lockdown?

«L’indice di riferimento è sempre quello cosiddetto R uguale zero, che è la percentuale di potenziale trasmissibilità del virus. Se si arriva a 2, c’è da preoccuparsi. Per ora, non esistono margini per ipotizzare un nuovo lockdown. Vanno invece potenziati i tamponi per un tracciamento sistematico».

Ci sono regioni che preoccupano il governo più di altre sui contagi?

«È indubbio che Campania, Lazio e Lombardia abbiano oggi percentuali maggiori di positivi e contagi. Queste Regioni stanno prendendo provvedimenti, come il presidente De Luca in Campania con le due ultime ordinanze, o il presidente Zingaretti nel Lazio. Ma c’è un elemento necessario da affiancare alle iniziative delle Regioni».

Quale?

«Le restrizioni vanno fatte rispettare. E i controlli sui territori devono assicurarli i Comuni, la polizia locale. Hanno anche loro delle responsabilità sull’applicazione delle misure. Siamo un Paese che ha dimostrato serietà, ma c’è chi crede che tutto sia alle spalle e non è così».

Pensa ci sia sottovalutazione sul pericolo attuale del Covid?

«Molti pensano che, poiché si muore di meno, il rischio sia passato. Ma ci sono sempre molte persone interapia intensiva e questo deve far riflettere. Ci stiamo avvicinando all’autunno e, con il clima più freddo e la necessità di stare più al chiuso, i rischi di trasmissione del virus aumentano».

Come monitorate l’evoluzione del virus?

«Ci sono riunioni una volta alla settimana con le Regioni, che forniscono i dati territoriali per le valutazioni generali. Il dottore Giovanni Rezza, direttore generale della prevenzione al Ministero, su quelle informazioni settimanali prepara un rapporto aggiornato. Il governo è sempre disponibile al sostegno dell’azione delle Regioni».

Siete preoccupati della situazione nelle scuole, dopo la riapertura?

«Ci siamo dati almeno due settimane per valutazioni attendibili. Nelle scuole, gli ambienti sono protetti, ma ogni ragazzo ha una vita sociale esterna. Ci sono piccoli e isolati focolai scoperti in qualche scuola, ma non preoccupano. La circolare del dottor Rezza di queste ore risolve il problema dei tamponi, rendendoli più rapidi nelle scuole».

Ci sono ritardi nei tamponi?

«È un problema generale, che influenza anche i comportamenti di chi non dichiara provenienze o contatti con positivi, temendo lunghe quarantene. Con tempi più rapidi nei tracciamenti e nei risultati dei tamponi, si favoriscono comportamenti più virtuosi».

C’è un piano per incrementare le vaccinazioni anti-influenzali, come mezzo di prevenzione del Covid?

«Abbiamo aumentato il numero della popolazione a rischio influenza, abbassando l’età dai 65 ai 60 anni. Questo ha significato più disponibilità di dosi di vaccino aumentate dalla 17 milioni. Ne hanno le Regioni e le farmacie. Alcuni studi dicono che chi si era vaccinato per l’influenza, ha avuto sintomi meni gravi del Covid».

Siete preoccupati per il sistema ospedaliero e l’organizzazione sanitaria sui territori, in vista di possibili aumenti di contagi?

«Abbiamo alcuni indici da seguire, come la pressione dei contagi nei ricoveri ospedalieri, la percentuale dei positivi rispetto al numero dei residenti, o le difficoltà del tracciamento nella trasmissione dei contagi. Indici per ora che non creano allarme, ma saremmo facilitati se, ad esempio, più persone scaricassero la App Immuni. Sono stati appena a 6 milioni, per uno strumento che aiuterebbe a ricostruire meglio la filiera dei contagi».

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