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Chiamparino: “Decisiva la scelta di Birenbaum. Era doveroso schierarsi”

Presidente Chiamparino, e la libera circolazione delle idee?

«A me sembra dice il governatore del Piemonte che la frase di Voltaire, sul battersi per fare esprimere opinioni che non si condividono, venga talvolta usata come un paravento liberale, da chi se lo può permettere».

 

Voi invece non potevate?

«II signor Francesco Polacchi, l’editore di Altaforte, ha fatto dichiarazioni che esaltano il fascismo e Mussolini. Nel momento in cui Halina Birenbaum, una delle ultime reduci di Auschwitz, si dichiara incompatibile con la sua presenza, era necessaria una scelta di campo. Il Comune e la Regione, i due soggetti fondatori del Salone del Libro, entrambi medaglia d’oro per la Resistenza, l’hanno fatta senza se e senza ma».

 

Avete creato un precedente?

«Se così fosse, lo rivendichiamo».

 

Una messa al bando nel nome dell’antifascismo non è una contraddizione in termini?

«La questione è più semplice. Non potevamo permettere che la signora Birenbaum restasse fuori e quel signore invece entrasse. Siccome esiste una Costituzione e altre leggi che vietano l’apologia del fascismo, io e la sindaca Chiara Appendino ci siamo presi le nostre responsabilità. Nel momento in cui a Roma si fanno i pogrom contro i Rom, mi sembra un dato importante, in questo particolare momento storico».

 

Anche lei è convinto che in Italia stia tornando il fascismo?

«No. Ci sono segnali inquietanti, ma non lo chiamerei fascismo. Ci sono piuttosto germi di totalitarismo, che qualcuno innaffia di continuo, per far crescere il proprio potere e rafforzare le proprie posizioni. Se i liberali nostrani si occupassero anche di questo, forse sarebbero più credibili».

 

Suvvia, lo faccia, il nome di quel qualcuno.

«Il ministro dell’Interno Matteo Salvini non dice una parola sui fatti di Roma, e sull’apologia del fascismo fatta da un suo amico editore che pubblica un suo libro. Ma invece trova il tempo per una campagna elettorale permanente durante la quale ripete sempre che “manderà a casa” i suoi avversari politici, come me o Dario Nardella».

 

Non è anche il segretario di un partito politico?

«Ricopre una carica istituzionale. Lei se li immagina i suoi predecessori al Viminale, Cossiga, Napolitano, Pisanu, e anche Roberto Maroni, che si comportano così, minacciando e insultando i loro avversari politici? II ministro dell’Interno dovrebbe essere il garante del corretto svolgimento di ogni competizione elettorale, per tutti».

 

Non si fida?

«Come posso fidarmi di una persona che sfida di continuo lo Stato di diritto, minando per altro il rapporto tra amministratori di enti locali e governo centrale? Mi dispiace che i sostenitori nostrani di Voltaire tacciano su un punto di tale importanza».

 

Questa vicenda non sarà benzina nel motore di Salvini e di CasaPound?

«Se ci fossimo preoccupati della convenienza politica, forse io e la sindaca non l’avremmo fatto. Ma mercoledì, in oltre otto ore di riunione, questo pensiero non è mai venuto fuori. Ci sono cose che non si possono negoziare. Quanto a Salvini, non bisogna rincorrerlo, ma mettere dei paletti, sui valori».

Senza il rifiuto di Birenbaum avreste preso questa decisione?

«Sinceramente, no. Se lei avesse accettato l’offerta della lectio magistralis, con la forza della sua immagine avremmo emarginato la presenza di Altaforte. Invece lei ha rifiutato la nostra mediazione, giustamente. Potevamo accettare le defezioni degli scrittori, persino quella dell’Anpi. Ma non che lei restasse fuori».

 

L’intolleranza non si dovrebbe combattere con la tolleranza?

«C’è una soglia oltre la quale non bisogna andare».

 

E chi la stabilisce?

«La signora Birenbaum, ad esempio. Con quei numeri tatuati sul braccio, ne ha il diritto».

 

Non riconosce alcuna ragione alle «brigate Voltaire»?

«Ma certo. Abbiamo fatto una consapevole scelta politica, che ha ampi margini di discrezionalità. Vorrei solo che chi invoca la libertà di espressione si mettesse nelle giacche mia e della sindaca, e ci dicesse cosa avrebbe fatto al nostro posto davanti alla scelta tra Halina Birenbaum sopravvissuta ad Auschwitz e un fascista dichiarato che fa apologia del fascismo, nel 2019».

 

Proprio nessun rimpianto per come è stato gestito il caso Altaforte?

«I principi non si applicano in astratto, ma nella realtà. Se avessi girato la testa, se me ne fossi lavato le mani, non mi sarei sentito a posto guardando mio figlio».

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