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Peluffo: “Nessun patto tra i dem e la Rai sovranista”

«Il Pd manterrà la schiena dritta. Non farà accordi con la Rai sovranista». Vinicio Peluffo, 47 anni, milanese di Rho, è il segretario regionale del Partito democratico in Lombardia, uno dei colonnelli del nuovo corso di Nicola Zingaretti. Esperto di cose Rai, è stato dieci anni nella Commissione Vigilanza. Venerdì, all’indomani dell’approvazione del nuovo piano industriale, intervistato dal Messaggero, il presidente Rai Marcello Foa, ha speso parole di miele per Zingaretti, «auspicando un dialogo sul futuro dell’azienda». Ieri, in un intervento su Repubblica, l’ex vicedirettore di Rai3 Stefano Balassone, ha scritto che «per non finire in bocca a Foa Zingaretti dovrà in qualche modo uscire da sé stesso», segnando una discontinuità con il consociativismo del passato.

Peluffo, come valuta l’offerta di Foa?

 

«È un segno di debolezza. Più stringono la morsa sulla Rai e più i Cinquestelle calano nei sondaggi».

 

Ma la Lega, di cui è espressione Foa, non scende affatto.

 

«Non c’è contraddizione. Foa travalica i confini del proprio ruolo, offuscando i poteri dell’ad Salini, proprio perché percepisce la discesa degli alleati».

 

Il Pd si terrà fuori dalle nomine?

 

«Sì. Di più: deve denunciare con forza l’occupazione in corso e avviare un dibattito sulla nostra televisione».

Come valuta la Rai oggi?

 

«Ha ancora delle eccellenze, che sono il frutto delle precedenti gestioni. Penso alla serata di Camilleri. Per il resto va smascherata la torsione sovranista, che ha reso l’informazione squilibrata».

 

Cosa risponde al direttore del Tg2, Sangiuliano, che assicura di rispettare al secondo i minutaggi?

 

«Non è soltanto questione di minutaggi. Dipende anche dai temi che vengono imposti. E ancora di più dagli argomenti di cui si tace».

 

Per esempio?

 

«Prenda la recessione. Fino al 4 marzo M5S e Lega denunciavano la mancata crescita. Ora, che siamo in crisi, non se ne parla. Pure i diritti sono spariti. E i migranti, che lavorano e pagano le tasse, vengono raccontati solo in negativo».

 

La Rai però è sempre stata ostaggio dei partiti al governo, anche col centrosinistra.

 

«Stavolta però l’ingordigia si mescola a una totale mancanza di senso delle istituzioni: un mix devastante».

 

Fabio Fazio rischia una retrocessione su Rai3. Vi opporrete?

 

«L’intervista a Macron era uno scoop. Invece è diventata una polemica di politica interna. È la conferma dell’asfissia che stanno imponendo all’azienda».

 

Il piano industriale la convince?

 

«No, manca l’investimento per rendere la Rai fmalmente moderna. I nuovi linguaggi, il web, i social, non sono contemplati dal nuovo progetto. Ci sono ancora troppe testate, che fanno presuppone nuove lottizzazioni».

Si riferisce alle nove direzioni orizzontali?

 

«Lasciano intuire una grande spartizione. Non c’è voglia di sperimentare, di rischiare, di cercare un pubblico diverso».

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