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Aborto, il ministero monitori il rispetto del diritto delle donne

“La pronuncia del Consiglio d’Europa non suona come una rivelazione. Da tempo denunciamo che in Italia, a causa dell’obiezione di coscienza di molti medici, sia diventato complicato per le donne l’interruzione di gravidanza. Si tratta di una situazione grave, che colpisce soprattutto le strutture pubbliche che invece avrebbero il dovere di garantire l’accesso alle prestazione ai propri pazienti.

In Italia c’è una legge in alcuni casi disattesa che riguarda un aspetto delicatissimo della vita delle donne in gravidanza. L’obiezione di coscienza per molte donne diventa un muro, soprattutto quando nelle strutture sanitarie ci sono solo medici obiettori, e il Ministero della Salute deve continuare a monitorare questa situazione affinchè sia rispettata la legge 194 in tutti gli ospedali e il diritto costituzionale per quanto riguarda il diritto alla salute”. Lo scrive in una nota Micaela Campana, responsabile Welfare del PD.

 

“Il Consiglio d’Europa ha accolto il ricorso della Cgil sostenendo che le donne in Italia continuano a incontrare ‘notevoli difficoltà’ nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza, nonostante quanto previsto dalla legge 194”, lo dichiara la deputata democratica Roberta Agostini.

“Inoltre, il Consiglio d’Europa ha affermato che i medici non obiettori sono discriminati e vittime di ‘diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti’.

“Durante questa legislatura ho presentato diverse interrogazioni al governo sul tema. In alcune regioni le percentuali di obiezione tra i ginecologi sono superiori all’80 per cento: in Molise (93,3 per cento), in Basilicata (90,2 per cento), in Sicilia (87,6 per cento), in Puglia (86,1 per cento), in Campania (81,8 per cento), nel Lazio e in Abruzzo (80,7 per cento).

Quattro ospedali pubblici su dieci, di fatto, non applicano la legge 194 e continuano ad aumentare gli aborti clandestini. E’ del tutto evidente come in Italia si stia violando il diritto alla salute delle donne e quanto sia urgente garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza in ogni struttura e su tutto il territorio nazionale, nella piena applicazione della legge 194 del 1978. Chiediamo al governo e alle regioni di agire subito assumendo le misure opportune e necessarie per assicurare i diritti delle donne e dei medici”.

 

“Il parere del Consiglio europeo è un utile monito per considerare e occuparsi davvero della legge 194 sull’interruzione di gravidanza”. A sostenerlo è anche Livia Turco, ex ministro della sanità.

“Il pronunciamento del Consiglio d’Europa – aggiunge – rileva che l’Italia, al di la’ dei dati rassicuranti della relazione al Parlamento sull’applicazione della 194, deve fare di più e meglio. Il tema dell’aborto deve essere centrale nelle decisioni politiche e non marginale come invece è.

Ci deve essere una vigilanza concreta – insiste Turco – e vanno attivate tutte le azioni pratiche possibili per una regolamentazione efficace dell’obiezione di coscienza, di cui indicazioni efficaci sono contenute nella relazione della commissione di bioetica della Presidenza del Consiglio presieduta da Casavola”.

Analoga attenzione va posta alla rete dei consultori: “per consentire – dice -una maggiore integrazione tra questi e i servizi sanitari”. In particolare, aggiunge “e’ fondamentale che i consultori possano prenotare presso gli ospedali gli interventi di interruzione di gravidanza anche per favorire la presa in carico delle donne che poi tornando al consultorio possano avviare una contraccezione sicura”.

 

Dopo la decisione di oggi del Consiglio d’Europa, bisogna modificare la sanzione pecuniaria inflitta alla donna che ricorra ad interruzione volontaria di gravidanza in violazione della legge 194/78 e garantire la piena applicazione della normativa, tutelando il diritto all’IVG dall’obiezione di coscienza di medici e paramedici. E’ quanto chiede un’interrogazione urgente ai ministri della Giustizia e della Salute, presentata dalla senatrice Laura Puppato e sottoscritta dalle colleghe dem Valeria Fedeli, Francesca Puglisi, Monica Cirinnà, Maria Spilabotte, Daniela Valentini, Silvana Amati, Pamela Orrù, Stefania Pezzopane, Josefa Idem, Donatella Albano, Lucrezia Ricchiuti, da Loredana De Petris e Fabrizio Bocchino di Sinistra italiana, da Laura Bignami del Misto e Antonio Scavone di Ala.
“La decisione del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa pubblicata oggi – spiega Laura Puppato – conferma le nostre preoccupazioni e dà ragione al ricorso fatto sulla base dei dati contenuti nella relazione del ministero della salute al Parlamento sullo stato d’attuazione della legge sull’aborto, che vedono nel 2012 quasi il 70% dei ginecologi obiettori. Questi dati allarmanti sono confermati dalle relazioni successive, tanto che nel 2015 si rileva come si possa accedere all’IVG solo nel 60% delle strutture abilitate, con percentuali più basse in alcune regioni. Ad eccezione della Valle d’Aosta, tutte le regioni italiane registrano percentuali di ginecologi obiettori superiori al 50%, 4 regioni (Veneto, Lazio, Abruzzo e Calabria) hanno percentuali superiori al 70% e 5 regioni (Provincia Autonoma di Bolzano, Campania, Molise, Basilicata e Sicilia) superano l’80%. Secondo la Libera Associazione italiana dei Ginecologi per l’applicazione della legge 194 (LAIGA), inoltre, i dati ministeriali sarebbero sottostimati e non terrebbero conto del pensionamento del personale. Tutto questo ha una serie di conseguenze compreso l’incremento, soprattutto tra le donne straniere, del ricorso all’aborto clandestino anche all’estero, che proprio la 194 aveva contribuito a ridurre la minimo, con l’influenza crescente della criminalità organizzata. In più, il decreto legislativo 8/2016 sulla depenalizzazione è intervenuto anche sulla legge 194/78 e chi si sottopone ad un aborto clandestino rischia ora una multa fino a 10 mila euro. Nel complesso – conclude Puppato – chiediamo un intervento al governo perché l’impossibilità per le donne di accedere alle prestazioni di IVG ha assunto negli anni contorni tali da rendere l’Italia passibile di condanna da parte della Corte europea dei Diritti dell’Uomo”.

Iniziative per garantire in tutte le strutture sanitarie la piena applicazione della legge n. 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza.

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