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Gozi: “Meno fondi comunitari? È un rischio da correre ma non temiamo ritorsioni”

Sottosegretario Sandro Gozi, lei ha annunciato il blocco dell’Italia alla revisione del bilancio dell’Unione Europea. Non crede che adesso la commissione possa irrigidirsi ed essere meno generosa con il governo e con la manovra, ancora in attesa del giudizio finale?
 
«Della manovra si occupa il ministro Padoan. Ma sono sicuro di no. Anzi, credo che l’effetto sarà opposto».
 
Addirittura. Eppure nelle ultime settimane i toni fra Roma e Bruxelles non sono stati proprio distesi.
 
«Sul bilancio dell’Unione Europea l’Italia ha appoggiato, e appoggia ancora adesso, la proposta iniziale della commissione. Il nostro no è ai tre tentativi di compromesso messi sul tavolo dalla presidenza slovacca. L’ultimo, in particolare, ha peggiorato le cose e noi non lo accettiamo».
 
Cosa c’è che non va in questa proposta?
 
«Sono stati tagliati i fondi aggiuntivi per le politiche che noi riteniamo prioritarie. E che anche l’Europa considera strategiche, ma evidentemente solo a parole: crescita, sicurezza, immigrazione, lavoro, giovani. Nella proposta iniziale della commissione c’erano 6,5 miliardi aggiuntivi, adesso le risorse fresche sono molte meno e tanto si basa su riaggiustamenti interni. Solo per l’Erasmus e per il programma sulle piccole imprese i fondi sono stati tagliati del 50% rispetto alla proposta iniziale. Ed è stata ridotta anche la flessibilità necessaria per rispondere rapidamente a quelle crisi, come i flussi migratori o i terremoti, che purtroppo sono sempre più frequenti».
 
Solo l’Italia ha detto no. Come mai?
 
«Gli altri Stati membri hanno dato più peso ad aspetti diversi, come il potenziamento degli investimenti per le infrastrutture dei trasporti. Una scelta importante, per carità, e per la quale anche noi ci siamo battuti. Ma i cittadini dall’Europa si aspettano lavoro, sicurezza. E noi vogliamo che l’Europa ci metta risorse, che passi dalle parole ai fatti».
 
Ma senza un nuovo bilancio, si rinnova in automatico quello esistente. Di fatto sbarriamo la strada alle modifiche che chiediamo.
 
«No, perché il negoziato è ancora in corso. Con il suo stop l’Italia lo mantiene aperto e dà la possibilità al Parlamento di migliorare l’intero pacchetto. E poi dei rischi dobbiamo cominciare a prenderceli se vogliamo che l’Europa si dia una svegliata. C’è stata la Brexit, c’è stata l’elezione di Trump, ma Bruxelles continua a far finta di nulla».
 
Senza un nuovo bilancio Ue, però, l’anno prossimo rischiamo di perdere una parte dei fondi europei.
 
«Senza un accordo sul nuovo bilancio tutta l’Ue dovrebbe optare per un sistema più restrittivo di gestione dei fondi. Ma anche questo è un rischio da correre. Non possiamo accettare compromessi al ribasso, altrimenti l’Unione Europea si condanna da sola al fallimento. Serve più coraggio».
 
Quindi non crede che ci sia il rischio di una rottura vera tra Roma e Bruxelles?
 
«No, non credo. Stiamo facendo qualcosa che è nell’interesse dell’Italia ma anche, e soprattutto, dell’Europa».
 
Ma non è che la campagna contro l’Ue serve più che altro a guadagnare qualche voto per il referendum?
 
«Il referendum non c’entra. Noi vogliamo che l’Unione Europea torni a essere grande facendo cose grandi. Servono meccanismi e risorse per consentire all’Europa di fare quelle cose che i cittadini chiedono: lavoro, sicurezza, una gestione efficace dei flussi migratori. E per farlo dovremo modificare anche le regole che oggi legano le mani agli Stati membri».
 
Immagino si riferisca ai vincoli di bilancio del fiscal compact. Lo dite da tempo ma ci sono ancora.
 
«Non è una cosa semplice. Nel corso del 2017 apriremo un dibattito per passare da un insieme di regole in parte superate e obsolete a una vera politica economica per lo sviluppo della zona euro».
 
Un’ultima cosa. Lei ha lavorato nella commissione, ha scritto un libro sulla generazione Erasmus: che effetto le ha fatto vedere Matteo Renzi togliere la bandiera europea dal suo studio?
 
«La bandiera europea è presente in tutte le nostre iniziative e in tutti i nostri uffici. Quella era solo una chiacchierata informale su Internet».
 
Ma era anche un messaggio politico. Ne ha parlato con Renzi?
 
«Ma figuriamoci. Gli ho parlato del bilancio europeo. Alla storia della bandiera state dando troppo peso».

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