Valentina Cuppi ha lanciato da pochi giorni, insieme al segretario Nicola Zingaretti, un appello per un “Woman new deal“, affinché le donne, in prima fila nell’emergenza coronavirus, siano pienamente protagoniste nella progettazione della ripartenza. Come non è successo per la task force di Colao, composta per l’80% di uomini.
“Non tutti i livelli di decisione sono monitorati, non sempre si ha la possibilità di controllare tutti i passaggi. Forse non c’è stata abbastanza attenzione su questo. Chi ha in mano il potere decisionale non si rende conto che è in atto una presa di coscienza, che non è di una parte o dell’altra”, dice, intervistata da Monica Rubino per Repubblica.
La campagna #datecivoce
La reazione, però, non si è fatta attendere, ed è stata trasversale, spiega Cuppi: “una reazione così forte sia a livello parlamentare, sia a livello esterno con la campagna #datecivoce, che ha coinvolto anche tanti uomini, è stata un’importante dimostrazione che per molti è già chiara la necessità di una maggiore presenza delle donne nei ruoli decisionali”. E se, ammette la presidente dem, “è triste dover sempre farsi sentire, alzare la voce, rivendicare il proprio ruolo”, mostra anche l’urgenza di “una rivoluzione culturale che va fatta in ogni settore, anche dentro ai partiti”.
Per quanto rigurada il Partito democratico, “il passo del segretario di voler creare una presidente e due vice donne” si muove esattamente “in questa direzione. Certamente non è un percorso che può essere immediato, ma è stato fissato un punto forte chiarendo bene qual è la posizione e il lavoro che va fatto dentro e fuori dal partito”.
Il Woman new deal
Nelle parole di Valentina Cuppi, il woman new deal messo in campo dal Pd, è il “progetto di una riconfigurazione sociale e di sistema che miri a creare uguaglianza e parità di genere, soprattutto per ciò che riguarda il ruolo delle donne nella società”. “Un’idea già esistente nel coordinamento nazionale delle democratiche” ma che guadagna ora maggiore concretezza, “perché si vuole creare una visione di società da portare al governo”.
Emergenza coronavirus e disparità di genere
“Anche nella Fase 2 si è visto che tra chi è tornato al lavoro c’è una percentuale del 75% di uomini e del 25% di donne, per cui la conciliazione fra i tempi di lavoro e di cura di fatto non esiste, non è garantita”, sottolinea Cuppi. “Chi si sta facendo carico di tutte le situazioni di fragilità sono le donne. Creiamo allora un piano di ripartenza in cui dovrà essere ben chiaro il loro ruolo“.
Sebbene le donne sono state in prima linea in questa situazione emergenziale, “la componente femminile negli organismi decisionali è stata irrisoria”, sia all’interno del “comitato tecnico scientifico di Borrelli, he alla task force per la Fase 2. Questo dimostra che il lavoro culturale da fare è ancora tanto”. Lo stesso che è già avvenuto nel dopoguerra, a dimostrazione che la battaglia “purtroppo non è stata ancora vinta”.
Quote di genere nei comitati di nomina governativa
Sulla proposta Pinotti di inserire una norma che obblighi al rispetto delle quote di genere anche nei comitati di esperti di nomina governativa e ministeriale, la presidente dem dichiara che c’è un lavoro in corso, benché “la presenza delle donne dovrebbe essere una cosa che viene naturalmente e non imposta. Ma bisogna spingere anche con le armi della legislazione, oltre che con quelle culturali, per cambiare le cose”.
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