Caro direttore, le donne che stanno sottoscrivendo il manifesto di #TowandaDem non sono “contro” o “per” qualcuno, ma si sono messe in movimento per la rinascita del Partito democratico.
Quel manifesto non è cosa delle “escluse”, ma è un “fatto politico” condiviso da oltre 900 donne (ultimo dato della raccolta firme che continua a crescere di ora in ora) che appartiene a tantissime responsabili territoriali delle conferenze, amministratrici di quartieri, città metropolitane, Regioni, sindache di Comuni, alcune parlamentari elette e tante semplici iscritte. Basta dare un occhio alla rassegna stampa delle cronache locali per rendersene conto.
Nel manifesto non si ignora, anzi si riconosce, il bel segnale politico dato dal primo governo composto per metà da donne e i passi avanti che abbiamo fatto fare ai diritti di tutte noi nella scorsa legislatura. Ma anche e proprio per questo è stato un errore politico usare le pluricandidature femminili per la composizione delle liste elettorali, perché hanno fatto fare passi indietro alla rappresentanza femminile.
La sconfitta del 4 marzo e la crisi di identità del Partito democratico nascono dalla difficoltà a rappresentare i bisogni della società e soprattutto delle fasce più deboli che inevitabilmente si sono affidate a promesse populistiche o si sono chiuse nelle paure. Abbiamo perso la sfida contro le disuguaglianze, se ci votano nei quartieri-bene e non nelle periferie.
Ripartiremo dai contenuti, ascoltandoci, aprendoci alle tante donne che nei luoghi di lavoro, nelle associazioni, nei sindacati, nelle università ci stanno incoraggiando ad andare avanti, perché sentono l’urgenza di rilanciare non solo “un’organizzazione di donne”, ma un partito di donne e di uomini.
I temi e le urgenze che attraversano la vita delle donne del Paese sono tante.
La parità salariale, certo, ma anche la disoccupazione di tante che vivono nel Mezzogiorno, la precarietà, le difficoltà delle madri separate o sole a cui nessuno dà voce. Le donne separate sono quelle maggiormente esposte non solo alla povertà ma anche a stalking e violenza. E ancora prevenzione e salute, servizi di cura e una crescita sostenibile.
«Dove eravamo prima?», chiede dalle colonne di Repubblica Valeria Fedeli. Lo statuto del Partito democratico prevede un organismo, la Conferenza delle Democratiche, il cui percorso di rinascita la scorsa estate è stato bloccato dal vertice del partito.
Se vogliamo tornare a vincere e a convincere tante e tanti, dobbiamo innovare le modalità della partecipazione politica. Più rete orizzontale, più apertura, più civismo e impegno nei luoghi in cui il nostro popolo vive e lavora.
Per questo stiamo organizzando un appuntamento, dopo l’Assemblea nazionale, aperto a tutte in cui ritrovarci per discutere di questi temi. Dopo lo shock della sconfitta, dobbiamo velocemente ritrovare assieme l’entusiasmo della ricostruzione. Le donne di questo partito ci sono e si stanno riprendendo la loro libertà.