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Amendola: “I fondi europei non possono essere usati per ridurre le nostre tasse”

“Credo che alla fine tutti capiremo che la proposta della Commissione non mira a salvare questo o quel Paese e che il rischio riguarda l’intero mercato unico. Tutti potrebbero perderne i benefici, noi come i Paesi cosiddetti frugali. L’impianto proposto dalla Commissione, con piani di ripresa e riforme di competitività, serve gli interessi dell’intero continente”. Lo afferma il ministro per gli Affari Europei, Enzo Amendola, in un’intervista al Corriere della Sera.

“Il recovery fund si finanzia con titoli di debito emessi sul mercato, merito anche della caparbietà di Paolo Gentiloni a Bruxelles – spiega il ministro -. Quindi non ci sarà un aumento dei contributi nazionali ma avanzeremo, finalmente, nella direzione di creare e utilizzare risorse proprie dell’Unione europea. Avremo forme di tassazione europea legate a obiettivi come l’ambiente e il digitale. In altri termini, si profila una nuova sovranità europea”.

 

È possibile usare il Recovery Plan per un taglio delle tasse?

Sul fatto che nel governo c’è chi pensa di usarlo a questo scopo, fa notare: “Due mesi fa il tormentone era: ‘l’Europa ci ha abbandonato’. Oggi si fa a gara nel fare proposte sull’utilizzo delle risorse, notevoli, che ci saranno messe a disposizione. Io mi limito a far notare che i sussidi e i prestiti del Recovery Plan sono destinati a investimenti, non alla spesa corrente. E servono per tornare a crescere in modo robusto, in modo da ridurre il debito. Noi negli ultimi due decreti abbiamo mirato, correttamente, a proteggere la coesione sociale. Ora, con il piano italiano di rilancio, dovremo rivoluzionare la nostra capacità di impiego delle risorse europee nei settori cruciali”.

Quei soldi, quindi, non si possono usare per tagliare delle tasse, ma “sono destinati a investimenti supplementari rispetto a quanto avremmo fatto senza il piano europeo“.

 

Dare efficienza all’amministrazione e alla giustizia civile. Questo governo ne ha la forza?

Per Amendola “non abbiamo scelta. Dobbiamo aggiustare la macchina per ripartire con la massima forza possibile. La riforma della pubblica amministrazione, quella della giustizia e la digitalizzazione sono delle priorità. E non perché’ ce lo chieda l’Europa: lo sono perché negli anni abbiamo accumulato distorsioni e interessi corporativi soffocanti”.

 

Ma le tasse per i cittadini aumentano o no?

«No. Semmai potrà esserci uno spostamento del prelievo dal livello nazionale al livello europeo. Non un aumento netto. E gli italiani avranno più benefici rispetto a quanto saranno chiamati a contribuire in questo piano».

I fondi del Recovery Plan per quest’anno, meno di dieci miliardi, saranno insufficienti per mitigare la fase di massimo stress sociale e di fragilità per le imprese. È il caso di ricorrere al Mes ‘sanitario’?

“In Parlamento ci sono varie posizioni sul Mes, ma io non ho mai cambiato la mia. In pochi mesi, grazie alla Banca centrale europea, al Recovery Fund, ai fondi Sure per l’occupazione e a alle garanzie della Banca europea degli investimenti, il cruscotto degli strumenti è cambiato notevolmente. Appena chiusi i negoziati, governo e Parlamento potranno valutare quali sono le leve a disposizione. Di certo ora i mercati hanno molta più fiducia nell’Europa”.

 

Dunque non è saggio fare a meno del Mes a priori?

“Non è affatto detto che all’Italia mancheranno risorse pubbliche in autunno. Prima è meglio chiudere davvero il pacchetto sul Recovery Fund, poi valuteremo il da farsi”.

 

L’intervista integrale sul Corriere della Sera

 

 

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