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Amendola: “Ora il governo è chiamato a un grande sforzo di coesione e responsabilità”

«Questa intesa cambia la storia e il volto dell’Europa, sempre meno somma di singoli calcoli nazionali. Le cinque giornate di Bruxelles ci consegnano un’altra Europa. Al netto delle risorse, per la prima volta gli Stati decidono di fare debito comune e di finanziare piani contro la recessione. L’Italia è il più grande beneficiario di questi stanziamenti, con oltre 209 miliardi di euro, e le uniche condizioni che ci saranno, basta leggere l’accordo, sono legate alla qualità della spesa e delle riforme. Francamente non mi sembra un cattivo affare: dare vita ai bond europei, combattere tutti insieme la recessione e modernizzare l’Italia, come da sempre si annuncia e mai si realizza”. Così il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, intervistato per il Corriere della Sera.

 

Tempistica degli stanziamenti. «Alcune misure sono già attive e non sono poca roba: fondo Sure per la disoccupazione, le risorse della Bei a favore delle imprese e del lavoro. Inoltre, la Commissione ha sospeso il patto di stabilità e le regole sugli aiuti di Stato. Senza dimenticare il potente programma d’acquisto dei titoli di Stato della Bce che già è in funzione da mesi. L’accordo di ieri prevede, inoltre, un pre-finanziamento dal 2021. In pochi mesi dovremo dar vita ad un piano di ripresa nazionale, e su questo il governo Conte è chiamato ad una grande prova di responsabilità, lungimiranza e coesione».

 

Mes. «Tutte le iniziative saranno decise ed attivate con il Parlamento. La linea di credito Pandemic Crisis Support, che attinge dal Mes, è uno di questi strumenti a disposizione dell’Italia e degli altri Stati europei. Lo dico con il massimo rispetto, la decisione sul Mes è all’ordine del giorno del governo in base a un calcolo di fabbisogno e di programmazione affidato al premier Conte e al ministro Gualtieri. Mi auguro che dopo l’accordo di ieri anche il ricorso al Mes venga valutato per quello che è, al di là della strumentale contrapposizione politica».

 

Futuro dell’Europa. «I meccanismi decisionali sono complessi ma non per questo impediscono risultati importanti, come abbiamo appena visto. Il salto di qualità fatto ieri non è da poco, abbiamo evitato di ricadere nell’Europa degli egoismi e dei veti nazionali. Non nascondo che si è rischiato di fallire, ma abbiamo ritrovato un’identità di intenti, poiché il post Covid non avrebbe perdonato la follia di un’Europa delle piccole patrie. Considero archiviati anche i dibattiti sull’austerity, sulle troike e su tutto l’armamentario dell’ultimo decennio, completamente spazzato via. Ieri è cominciata una nuova storia per il nostro continente e l’Italia ha contribuito da protagonista quale è».

 

Fasi del negoziato. «Il negoziato è stato sempre in salita, ma abbiamo assistito anche a un costante avvicinamento delle diverse posizioni nazionali. Sotto traccia vi era uno scontro politico tra i Paesi “frugali” e l’asse franco-tedesco, per non dire di chi vede nel mercato unico europeo solo i benefici con pochi contributi. Il vero rischio in questi giorni poteva essere uno stallo con un rinvio sine die delle trattative, e per noi voleva dire affossare la proposta della Commissione. Il premier Conte ha lottato a testa bassa per superare i veti e trattare ad oltranza. Per questo il premier olandese Rutte ha dovuto convenire che la sua posizione rischiava non di far saltare semplicemente l’intesa, ma di vanificare tutti gli sforzi dei mesi scorsi, quando abbiamo iniziato ad affrontare una delle più grandi crisi della storia».

 

Risorse per l’Italia. «L’Italia ha ricevuto ingenti risorse perché, insieme a Spagna e Francia, è stato il Paese più colpito dalla pandemia. E la solidarietà ricevuta in questi giorni non era pura formalità diplomatica. Questo accordo spero che spazzi via certe velleità di autosufficienza. Italia ed Europa sono una comunità di destino e, in tempi difficili come questo, l’accordo siglato a Bruxelles è per tutti gli europei il simbolo di una nuova storia che spetta a noi scrivere».

 

L’intervista completa sul Corriere della Sera

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