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Giochi, Baretta: l’obiettivo è trovare nuovi equilibri

Dopo anni di crescita il mercato dei giochi nel 2017 potrebbe chiudersi in rosso per le casse dello Stato. Ne è consapevole anche il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, con delega ai giochi e capocordata del Governo per l’intesa (ancora da siglare) con governatori e sindaci sulle regole del gioco legale, secondo cui «le entrate erariali, sono soggette, in ogni caso, a oscillazioni fisiologiche».

 

Sottottosegretario Baretta, scommetterebbe sulla possibilità di arrivare ai 10 miliardi di gettito che il gioco garantisce annualmente allo Stato?

La novità della riforma consiste nel trovare un nuovo equilibrio tra la tutela della salute pubblica, a lungo sottovalutata e sulla quale stiamo lavorando insieme al ministero della Salute, la lotta alla criminalità, che resta un’emergenza, e le entrate erariali, soggette, in ogni caso, a oscillazioni fisiologiche. Una contrazione delle entrate, dunque, va messa nel conto.

 

Con l’ultima proposta di accordo il Governo rimette a governatori e sindaci la possibilità di deliberare sulle distanze dei punti gioco dai luoghi sensibili. Non si rischia di minare alle fondamenta il principio di esclusiva in favore dello Stato e quindi la base stessa del contratto di concessione?

Il concetto di «esclusiva dello Stato» va inteso nell’accezione ampia di Repubblica, che comprende anche le istituzioni decentrate. Mentre il regime concessorio regola le modalità di gestione del gioco pubblico. Ma, poiché si è esagerato nell’offerta di gioco, pur con la buona motivazione di combattere la criminalità, gli enti locali si sono autotutelati e il settore è sulla difensiva. Per questo servono subito nuove regole. Ma siamo già in ritardo.

 

Come convincerete gli operatori a partecipare alle gare? La base delle gare Betting e Bingo sarà ancora nazionale?

Il contesto è cambiato. Tutti se ne devono rendere conto. Le Regione i Comuni, nel decidere la collocazione nel territorio dei punti di vendita del gioco pubblico, dovranno tenere conto che, a regime, saranno la metà di quelli attuali (circa 5omila contro i 100mila circa di oggi) e che, dunque, la loro distribuzione geografica dovrà garantirne l’operatività, partendo dagli investimenti già realizzati ed evitando che ampie zone urbane ne siano prive, con la conseguenza di concentrare il gioco nelle periferie, dando vita a veri e propri quartieri “a luci rosse” del gioco. Gli operatori dovranno adeguarsi alle nuove regole e qualificare l’offerta.

 

E i rappresentanti del mondo sociale?

Loro devono contribuire a una cultura del gioco come condizione normale. Certo, se prevale un approccio proibizionista o, al contrario, una logica esclusiva di mercato, lo sforzo rischia di essere vanificato. Le prossime gare, che saranno nazionali, rappresenteranno il primo banco di prova.

 

La stretta sui giochi di governatori e sindaci così come il taglio del 35% delle slot avrà inevitabili ripercussioni anche sul fronte occupazionale del settore. In caso di eventuali crisi aziendali e occupazionali cosa farà il Governo? Si potranno attivare ammortizzatori o compensazioni fiscali?

Negli incontri con le principali Associazioni dei gestori ho preso l’impegno di avviare un confronto sugli effetti industriali della riforma. Se si profila una crisi di settore andrà affrontata con tutti gli strumenti necessari ed è bene che gli enti locali, per le nuove responsabilità che gli derivano dalla riforma, siano pure loro coinvolti. Voglio, però, ricordare che attualmente il rapporto è di una Awp ogni 124 residenti maggiorenni. Dopo la riduzione sarà una ogni 191. Si tratta, certamente, di un’importante contrazione, ma non è la fine del mercato.

 

Se i governatori rispediranno al mittente la proposta, il Governo lascerà il tavolo o è solo un bluff? Per intenderci il Governo è pronto a intervenire autonomamente (decreto o legge di bilancio) per regolare il settore?

Non prendo in considerazione questa ipotesi. Nella Conferenza di inizio agosto abbiamo stabilito insieme che il 7 settembre sarebbe stato il giorno dell’accordo. In ogni caso, dobbiamo rispondere del mandato del Parlamento e sarebbe grave se, dopo tanto lavoro, tante mediazioni e, me lo faccia dire, tanti passi avanti verso una nuova concezione del gioco nella vita sociale, lasciassimo terminare la legislatura con un nulla di fatto.

 

Tra gli operatori c’è comunque il timore che la prossima legge di bilancio conterrà l’ennesimo capitolo sui giochi nonostante dopo la manovra di primavera gli spazi di intervento sul settore e sulla sua fiscalità si siano esauriti e il settore è al centro di un forte ridimensionamento.

Se, come prevedo e mi auguro, si raggiungerà l’intesa in Conferenza, a essa seguirà un decreto applicativo del ministro dell’Economia. Non vedo, quindi, la necessità di occuparci di giochi anche nella prossima legge di bilancio. Peraltro, come ricordava lei, nella recente manovra abbiamo già aumentato il Preu, che è già alto.

 

Ma ora non è il momento di chiedersi se la partita sul gioco pubblico non diventerà un paradigma dell’affidabilità del nostro sistema Paese, considerando che le principali concessionarie di gioco sono state oggetto di investimenti importantidaparte di fondi di private equity internazionali che si sonofidati e hanno fatto affidamento sulla stabilità del quadro normativo?

Che ci fosse nell’aria una riforma non è una novità improvvisa. Nessuno può accampare che non lo sapeva! Semmai la critica può, legittimamente, essere quella che abbiamo impiegato troppo tempo. Ciò è dipeso dalla precisa e, se mi è permesso dirlo, estenuante volontà mia e dei miei collaboratori di ricercare un accordo con gli enti locali. Sono, infatti convinto che il valore economico, non solo politico, di un’intesa, anche problematica e con qualche rischio, è immensamente superiore al “rompete le righe”. I concessionari lo sanno. E lo sanno anche i gestori. Non sempre è facile farlo comprendere agli investitori internazionali, ma sono certo che ci possiamo riuscire se prevale, anche in questo campo, la logica Paese.

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