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Boccia: Il governo conferma per il Sud le nostre misure, opposte alla flat tax

Onorevole Francesco Boccia (Pd), il Governo annuncia di voler portare dall’attuale 29 al 34% gli stanziamenti ordinari a favore del Mezzogiorno. È un obiettivo realizzabile?
«Il Sud di annunci ne ha visti tanti così come le promesse tradite. Serve garantire al mezzogiorno almeno il 40% degli investimenti per avere la certezza di arrivare almeno al 35-36. Sul 34 nominale ci siamo già ma poi alla fine non si raggiunge il 30 perché è il paese che non riesce da anni a toccare il 3% degli investimenti pubblici sul pil. Quello resta il nodo e da lì si possono garantire certezze al sud».

L’incentivo «Resto al Sud» dovrebbe essere esteso anche ai disoccupati over 35 anni; in modo da creare – queste le stime – circa 3mila posti di lavoro? Condivide la scelta?
«Sì condivido la scelta. Anche se parliamo di iniziative transitorie. Il sud ha bisogno di misure strutturali a partire dalla decontribuzione».

Nel 2018 scade la decontribuzione per le aziende sulle assunzioni (fino a un tetto di 8.06 euro) e il Governo annuncia di voler rendere la misura permanente. Quali sono stati gli effetti, sinora, e quali benefici porterebbe nel 2019?
«Se davvero renderanno strutturale la misura del 2015 voluta dal governo Renzi con decontribuzione piena per oltre 8mila euro l’anno non si potrà che sostenere questa scelta. Ma un governo che ritiene prioritaria la flat tax va in direzione opposta. Sulla decontribuzione piena noi di fronte dem ne abbiamo fatto un manifesto politico nella mozione Emiliano nell’ultimo congresso. È la priorità delle priorità. Ha fatto bene Renzi a vararla nel 2015 e ha sbagliato a non renderla permanente alla scadenza».

Altro obiettivo sul Mezzogiorno: snellire le procedure sull’utilizzo dei fondi europei, lavorando sia sul fronte interno (gli enti locali) sia su quello europeo (la Commissione Ue). Se lo condivide, come mai non ci hanno pensato i governi Renzi e Gentiloni?
«Ora è tardi per intervenire sul 2014-2020 e chi dice di volerlo fare rischia di fare solo danni. Sulla programmazione successiva ha assolutamente senso ridurre sia i programmi nazionali che quelli regionali. Troppe misure e frammentate non impattano nel tempo sull’economia endogena. Dopo quasi trent’anni di fondi strutturali dovremmo averlo capito».

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