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Calenda: “Questa manovra è una follia. Ci farà sbattere”

Una follia che rischia di farci andare contro un muro, si vede che Di Maio e Salvini non hanno mai lavorato in vita loro e non hanno alcuna esperienza di governo».
 
Così l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda liquida la manovra partorita dal governo «dopo un tira e molla di tre mesi in cui si sono persi miliardi di ricchezza e si è tornati al punto di partenza. Una manovra per giunta approvata con una procedura che calpesta le istituzioni democratiche e il Parlamento».
 

Cosa la convince meno nel merito?

 
«I tagli agli investimenti. La manovra taglia tutto, specie al sud, in favore di due simulacri, quota cento e reddito, ridotti a costose bandierine senza contenuto, in rapporto uno a quattro rispetto a come erano stati annunciati. E poi con quelle clausole di 23 miliardi sull’Iva costruiscono un’ipoteca di enormi proporzioni sulle prossime due manovre, tradendo la volontà di andare al voto dopo le Europee».
 

Almeno la procedura di infrazione contro l’Italia è definitivamente scongiurata?

 
«Quella è l’unica cosa buona. Per ora. Il problema è che promettevano una crescita dell’1,5% e invece saremo probabilmente in recessione dopo il primo trimestre dell’anno. In una condizione internazionale pericolosa, con un rallentamento e una frenata dell’economia mondiale prevista per la fine 2019, tra Usa, Europa e Cina. Insomma una manovra che non tiene in sicurezza il paese in un momento di grande incertezza».
 

L’Europa ha imposto clausole su Iva e bloccato due miliardi di tagli se qualcosa va storto. Cosa andrà storto secondo lei?

 
«La crescita che andrà a zero. E poi la fragilità delle coperture. Se non riescono a fare le dismissioni promesse e i tagli di spesa, vedo un rischio di manovra correttiva in primavera. Peggiorano le tasse per le imprese, tagliata industria 4.0, zero per la scuola. È una legge di bilancio contro il futuro del paese e contro la crescita».
 

Avrà pure un pregio.

 
«Ripeto, l’unico pregio è aver evitato per ora la procedura, ipotecando però le prossime manovre e scaricando il problema su chi verrà dopo. Nessun governo si era fatto imporre tali condizioni, neanche Berlusconi nel 2011. Dicevano “lo spread lo mangiamo a colazione” e poi si sono calati le braghe facendo perdere al paese credibilità prima e dignità poi. A questo si aggiunge una incredibile incapacità tecnica e di gestione. Ripeto: Hanno fatto i bulli per il 2,4 % facendo impennare lo spread, ributtando l’Italia indietro, bloccando gli investimenti e perdendo 96.000 posti di lavoro, per poi farsi infliggere condizioni capestro».
 

Gli italiani però ancora li sostengono in massa.

 
«I sondaggi già fortemente punitivi per i cinque stelle cominciano a scendere anche per la Lega persino al Nord. Il punto è che scendono anche i partiti di opposizione, che non trovano una costruzione credibile da proporre».
 

Ne avete parlato con Renzi l’altro giorno a pranzo?

 
«Certo, abbiamo fatto un ragionamento sui rischi per il paese e sulla generale insoddisfazione per il modo in cui si sta rispondendo a questi rischi. Insoddisfazione che riguarda anche il modo in cui si fa opposizione. Il mio impegno è cercare di costruire un grande fronte democratico, come fu Uniti nell’Ulivo alle Europee 2004, una lista unica con Pd, +Europa, Italia in comune di Pizzarotti e forti innesti di società civile. E che dia rappresentanza a popolari, liberal e socialdemocratici: un fronte unico contro chi vuole farci diventare l’Ungheria o il Venezuela, restituendo rappresentanza a chi produce e lavora e a chi vuole che l’Italia rimanga salda in Occidente e tra i paesi fondatori dell’Ue. C’è tuttavia un’incognita».
 

Quale?

 
«La tentazione che riaffiora nel Pd di tornare indietro, arroccarsi e magari negoziare un’alleanza con i 5S. Zingaretti ha smentito e gli credo. Ma occorre un progetto ampio che
non chiuda il Pd in un perimetro ristretto e perdente e su questo ancora non ci siamo».
 

Secondo lei cosa può insidiare questa maggioranza?

 
«Quando cominceremo a fare le cose per bene all’opposizione, coordinandoci e non dividendoci: e la bolla si sgonfierà quando gli italiani vedranno che reddito e pensioni saranno solo la pallida ombra di quello che avevano promesso. Il problema è offrire un’alternativa. L’offerta cambia la domanda, è la prima lezione che impari in un’azienda. Per ora l’offerta non è credibile, per questo va costruito un largo fronte democratico».

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