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Gentiloni: “Ora si rischia l’Italexit”

Paolo Gentiloni, la tensione nel governo è altissima e lo spread torna a salire.

 
«Io trovo che sia un fatto davvero colossale che un vicepremier dica “tireremo dritto sul debito, che sia 130 o 140% del Pil” – afferma l’ex premier e presidente del Pd Come dire 200 miliardi in più o in meno chi se ne frega. Inaudito. Mi dispiace fare la Cassandra, però non siamo mai stati così isolati e a rischio in Europa. Da essere ai margini, come siamo già, a trovarsi fuori, il passo potrebbe non essere così lungo e il bivio per l’Italia potrebbe arrivare già a fine anno».
 

Sta paventando una Italexit?

 
«Ho un po’ di timore a pronunciare questo nome, Italexit, però vedo un isolamento totale. E siccome a Bruxelles non ci saranno ribaltoni, checché ne dica la propaganda del nostro governo, alla fine il rischio che a ribaltarsi sia l’Italia è crescente. E vero che i due vice apparentemente hanno cambiato idea. Quello in maglietta non ha più la maglia “usciamo dall’euro” e quello in cravatta non chiede più il referendum contro l’Unione, ma rimane il fatto che l’unico documento ufficiale prodotto da questo governo fu redatto dall’allora ministro Savona e diceva esplicitamente che la Ue doveva radicalmente cambiare strada e che se questo non si fosse verificato l’Italia non poteva che uscirne. Si può decidere di uscirne ma si può perfino finire fuori senza averlo deciso».
 

In che senso, scusi?

 
«Non credo che David Cameron volesse l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, eppure passerà alla storia per questo».
 

Intanto il Pd chiede

 
«elezioni subito».
 

Fa sul serio o è propaganda elettorale?

 
«Chiediamo che il governo vada a casa. Lo facciamo al di là degli interessi di partito perché onestamente se uno guardasse solo a quelli forse avere più tempo sarebbe conveniente. Io lo dico pensando con preoccupazione all’Italia. Non è per calcolo che diciamo che se ne devono andare il prima possibile, perché un governo più pericoloso di questo è difficile immaginarlo».
 

È sicuro che non ci sarà un ribaltone a Bruxelles?

 
«L’Unione Europea è governata da decenni dalle due grandi famiglie europeiste: i socialisti e democratici e i popolari. Nella prossima legislatura probabilmente ci saranno anche i liberali (con Macron, ndr) ma il mainstream a Bruxelles non cambierà».
 

Italia isolata, dice lei, ma il governo gialloverde lo nega.

 
«Se guardiamo ai 27 governi dell’Unione Europea noi non abbiamo governi amici se non alcuni Paesi come la Polonia o l’Ungheria con i quali non abbiamo alcun interesse comune. Ho sentito qualche giorno fa Salvini esaltare l’Ungheria di Orbàn perché le tasse per le imprese sono al 9 per cento. Provasse a dire una cosa del genere a migliaia di lavoratori di imprese italiane che si sono delocalizzate. Si domandasse Salvini quanto guadagnano i lavoratori in Ungheria. Lui non lo sa ma glielo dico io. Lo stipendio medio è di trecento euro. Quindi il suo modello è un Paese che paga i lavoratori trecento euro e fa dumping alle imprese italiane invitandole a fuggirsene in Ungheria. In pratica è come dire che i nostri soli amici sono tutt’altro che amici».
 

Presidente Gentiloni, ma voi del Partito democratico non temete la concorrenza del Movimento 5 Stelle a sinistra?

 
«A leggere i giornali di ieri il periodo M5S à gauche è finito e siamo entrati nel periodo democristiano. Forse hanno un’idea un po’ rozza dei nostri elettori. Penso che gli elettori progressisti, di centrosinistra, sappiano perfettamente che oggi se voti Di Maio garantisci la permanenza di Salvini».
 

Cioè, secondo lei i 5 Stelle e i leghisti in fondo sono la stessa cosa? Oppure sotto sotto voi del Pd preferite i primi ai secondi?

 
«Le due forze che ci governano non sono affatto identiche. Sono diverse. Ma sono diversamente pericolose. Quindi il giochino dei buoni e cattivi non lo facciamo e penso che gli elettori italiani sappiano benissimo che se cercano un’alternativa democratica di centrosinistra non la trovano certo negli alleati di Salvini».
 

Ma farete accordi con i 5 Stelle dopo le Europee o dopo eventuali elezioni anticipate?

 
«Questo governo, che io chiamo nazional-populista, è una novità molto inquietante ed è una novità persino di rilievo europeo perché l’Italia è l’unico Paese che ha un esecutivo di questo tipo. Quindi a mio avviso la caduta di questo governo oltre a essere utile per il Paese è la premessa di qualsiasi strategia alternativa. In questa legislatura i giochini parlamentari rappresenterebbero un inutile accanimento terapeutico. L’Italia ha bisogno di una svolta e la svolta può partire solo dalla caduta di questo governo e solo in un nuovo Parlamento».
 

Avete presentato il vostro «Piano Italia», promettendo addirittura uno stipendio in più per venti milioni di lavoratori: è demagogia preelettorale?

 
«No, nell’avvio di un percorso per l’alternativa noi proponiamo misure choc sulla riduzione delle tasse sul lavoro e sui temi dell’ambiente e della conoscenza capaci di essere il simbolo di una svolta nella nostra economia. Sono misure che andranno concordate con le istituzioni europee, magari in un piano pluriennale, e dovranno ricostruire la nostra reputazione agli occhi dei mercati finanziari».
 

Presidente Gentiloni, il Fatto scrive che Zingaretti avrebbe incontrato Paolo Girino Pomicino a Napoli e che l’ex big Dc avrebbe promesso i suoi voti al Pd.

 
«Non ne so niente. Se qualcuno che ha avuto un ruolo nella Prima Repubblica ci dà il suo voto non lo considero scandaloso. Ma evocare un nuovo patto del Nazareno, questa volta tra Zingaretti e Pomicino, fa ridere, con tutto il rispetto per Pomicino».

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