spot_img
spot_img
HomeArchivioGentiloni "Spero che il...

Gentiloni “Spero che il Pd e i M5S dicano sì al Global compact”

Per Paolo Gentiloni, quella di Matteo Salvini è una «piccola strategia della tensione». L’ex presidente del Consiglio rifiuta l’idea secondo cui dei due partiti di governo la Lega sia portatrice di un “populismo buono” perché più pragmatico: «Non è così, le parole di Salvini e dei suoi ci indeboliscono ogni giorno di più».
 

Le immagini di donne incinte, bambini, ragazzi buttati fuori dai centri che li avevano accolti, inducono a chiedere: avete fatto abbastanza? Eravate consapevoli di quel che avrebbe significato il decreto sicurezza?

 
«Credo che la consapevolezza ci sia e che la bolla di consenso di cui gode questa maggioranza sia destinata ad esaurirsi. Questo non riduce la pericolosità di certe immagini. Abbiamo un governo che invece di risolvere i problemi li cavalca. Salvini aveva avuto in eredità un crollo degli sbarchi, avrebbe potuto mettersi al lavoro per risolvere la situazione».
 

Sta invece creando una nuova emergenza?

 
«Si culla sugli allori dei nostri risultati e non fa nulla per i rimpatri, che in questi mesi sono diminuiti. Toglie decine di migliaia di persone da percorsi di integrazione, ma non li rimanda nei Paesi di provenienza. Li confina nell’illegalità. Mette loro addosso una lettera scarlatta, una C come clandestino. Queste persone saranno in qualche modo sospinte a comportamenti illegali. Per questo dico che è quasi una strategia della tensione. Si alimenta un’illegalità che è carburante per il proprio consenso».
 

Non è un errore contrastare questa politica con magliette con scritto “decreto Salvini più clandestini”, parola che la sinistra ha per anni tenuto fuori dal suo orizzonte? Rimproverare i mancati rimpatri e non la mancata integrazione?

 
«No, non c’è contraddizione tra integrazione e rimpatri, che sono volontari, assistiti, gestiti d’intesa con l’Onu e con i Paesi che li accettano».
 

Il Global compact aiuterebbe?

 
«La decisione di non ratificarlo è incredibile. Nel momento in cui c’è un consenso globale, che chiede ai Paesi ricchi di impegnarsi ad accogliere un certo numero di migranti e ai Paesi di provenienza di accettare accordi di rimpatrio, Salvini decide che il governo deve seguire Orbàn e la Repubblica ceca tirandosi fuori. Peccato che a loro l’accordo non interessi, a noi sì».
 

Secondo l’estrema destra non dobbiamo farci dire dall’Onu cosa fare sulle migrazioni. A sinistra, qual è la proposta?

 
«Siamo riusciti a dare un colpo serissimo al traffico di esseri umani. Oggi sarebbe possibile quel che due anni fa sembrava un’utopia: trasformare le migrazioni in un fenomeno regolare attraverso corridoi umanitari per i rifugiati, che potrebbero essere decuplicati, e con quote di migranti economici».
 

È d’accordo con chi dice che sono necessari per l’economia?

 
«Lo sono di certo. Poi c’è il capitolo integrazione: cosa facciamo con gli irregolari? Li dichiariamo clandestini e li spingiamo verso comportamenti illegali per poi insultarli su Twitter, o manteniamo e miglioriamo il sistema di accoglienza e integrazione? Se semini esclusione raccoglierai odio. E purtroppo l’Itala sola, isolata, l’Italia dei “tanti nemici tanto onore”, de “la pacchia è finita”, non è un Paese più sicuro, ma un Paese in cerca di guai».
 

Conte ha confermato il suo sì al Global Compact

 
«Cosa che apprezzo».
 

Ma ha rimesso la decisione al Parlamento. Crede sia possibile un asse Pd-M55 contro la Lega?

 
«Assolutamente sì e ce lo auguriamo. Purtroppo l’iter del decreto sicurezza racconta una storia opposta, con il dissenso dei M5S che viene alla fine assorbito e il resto della destra che si accoda alla linea Salvini».
 

Può esistere, e avere un futuro, un dialogo tra il Pd e la parte dei M5S più ostile alle politiche della Lega?

 
«Io sono favorevole al confronto in tutte le direzioni. Penso sinceramente che se uno interpreta l’attività istituzionale e parlamentare con un rifiuto pregiudiziale del confronto, meglio che cambi mestiere. La mia conclusione dall’esperienza di questi primi sei mesi, comunque, è che alla fine la linea sia dettata dal ministro dell’Interno. Ogni tanto sento in alcuni ambienti economici-imprenditoriali un distinguo tra i populisti buoni e i populisti cattivi, dove i populisti meno cattivi sarebbero quelli di Salvini, magari perché favorevoli a qualche infrastruttura».
 

Secondo lei è il contrario?

 
«Invito tutti a non sottovalutare che nell’isolamento economico che ha già prodotto conseguenze molto significative sui nostri conti pubblici e sui bilanci delle nostre famiglie, ha pesato certamente il populismo velleitario e confuso dei M5S, ma ha pesato almeno altrettanto il populismo nazionalista, di totale isolamento in Europa e nel Mediterraneo, di Salvini».
 

Per contrastare una destra così forte il Pd non doveva rafforzare la propria identità?

 
«Dal mio punto di vista, siamo arrivati ad affrontare un po’ in ritardo temi come l’identità minacciata dai flussi migratori e le paure per gli stranieri. Molti italiani hanno finito per vedere nella sinistra una specie di élite cosmopolita, non troppo legata alle radici nazionali. Alla sinistra ha fatto forse difetto un po’ di patriottismo, la lezione dei presidenti Ciampi, Napolitano e Mattarella. Se la dialettica è tra nazionalisti da una parte e un mondo progressista che appare senza terra e senza radici dall’altra, rischia di vincere il nazionalismo dell’Italietta dalla faccia feroce».
 

Oltre che comprendere le paure, il compito dei progressisti non dovrebbe essere invitare a superarle? Non approvare lo Ius soli è stato un errore. Ed è accaduto con lei premier.

 
«Certo, è stata una sconfitta, ma in Parlamento le leggi si approvano se ci sono i voti. E poi, quanto al compito dei progressisti: tu riesci ad accogliere e a integrare se hai numeri gestibili e se sei capace di capire e indirizzare positivamente le paure di cui parliamo. Se invece fai finta che tutti quelli che considerano la presenza di migranti o religioni diverse come una minaccia siano dei trogloditi minoritari, allora auguri».
 

Al Congresso pd sostiene Zingaretti e non Minniti. Perché?

 
«Penso che il mio governo e il ministro dell’Interno Minniti abbiano nelle condizioni date fatto un lavoro straordinario sulle migrazioni, che ci viene riconosciuto in tutt’Europa. Un lavoro che purtroppo rischia di essere, come quello in economia, buttato alle ortiche in pochi mesi. Minniti, come Martina, non avranno da parte mia nessuna critica. Penso che Nicola Zingaretti abbia un vantaggio in più, quello di rappresentare una novità. Ma sono tre ottimi candidati e io faccio il tifo per il Pd».

Ultimi articoli

Correlati

Primarie PD: i risultati definitivi

La Commissione nazionale per il Congresso rende noti i dati definitivi sull'affluenza alle Primarie del 26 febbraio e...

PD, oggi alle 15 il passaggio di consegne Letta-Schlein

Si svolgerà oggi alle 15 nella sede del PD di Via Sant’Andrea delle Fratte 16 il passaggio di...

Buon lavoro Elly Schlein

“Il popolo democratico è vivo, c'è ed è pronto a rialzarsi con una linea chiara. Ce l'abbiamo fatta,...

Roggiani, affluenza attorno al milione di votanti

​​​​​"Mancano ancora i dati di alcune regioni e di alcune città, ma possiamo dire che l'affluenza si aggirerà...

Vota per un nuovo Partito Democratico

Domenica 26 febbraio si vota per la nuova segretaria o il nuovo segretario del PD. I seggi saranno aperti...
spot_img