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Gualtieri: “Mai più guerra con l’Europa”

«Gli scontri continui con l’Europa, i proclami sui social e le assenze ai tavoli negoziali sono finiti. Si apre una fase nuova in Italia e in Europa e noi intendiamo esserne protagonisti. Fino a un mese fa si discuteva di flat tax, minibot e procedura di infrazione. Oggi i temi sono investimenti verdi, lavoro e asili nido». Se c’è un palazzo nel quale si avverte oggi forte il cambiamento rispetto al primo governo Conte e alle tentazioni anti euro della Lega, è la sede del Tesoro. «Quell’epoca si chiude», esordisce il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che appena una settimana fa ha lasciato Bruxelles per trasformarsi da influente eurodeputato in ministro che deve gestire il secondo debito pubblico più alto dell’eurozona. Con questa promessa: «Dobbiamo riportarlo su un percorso di riduzione». E per farlo è fondamentale rafforzare il contrasto all’evasione fiscale «anche grazie alla tecnologia», così come è opportuno battersi per politiche europee per la crescita. Gualtieri spiega che nella manovra di ottobre non verranno cancellati né Quota 100, cara a Salvini, né il reddito di cittadinanza. La priorità resta disinnescare le clausole sull’Iva, spiega poco prima di salire sull’aereo per Helsinki, dove oggi e domani esordirà come ministro all’Eurogruppo e all’Ecofin con i colleghi dell’Unione.
 

Da undici anni al Tesoro non approdava un ministro politico. Quale impronta darà al ministero e all’azione del governo?

 
«Voglio concorrere a realizzare il programma di governo per mettere il Paese sulla strada della crescita e dell’occupazione, della sostenibilità ambientale e della coesione sociale. Inoltre mi impegnerò affinché l’Italia riprenda a esercitare da protagonista il suo ruolo di Paese fondatore in Europa».
 

Lei ha preso la tessera della Fgci nel 1985. Come si rispecchierà nelle politiche economiche questa lunga militanza in quello che oggi è il Partito democratico?

 
«Il discorso del premier Giuseppe Conte in Parlamento contiene importanti richiami alla Costituzione nei quali chi viene da una storia come la mia si riconosce pienamente. Il programma del nuovo governo presenta forti segni di cambiamento che cercheremo di realizzare con un impegno triennale. Vogliamo superare la stagione degli zero virgola con una visione che si concentrerà su investimenti, lavoro, uguaglianza, ambiente, giovani e donne. Il nostro progetto si costruirà anche attraverso l’ascolto del Paese, incontrando le parti sociali e produttive. Vogliamo aprire una stagione di partecipazione democratica e di riscossa civile senza la quale nessun governo, per quanto virtuoso, può realmente cambiare le cose».
 

A quali provvedimenti sociali pensa in particolare?

 
«Al piano per gli asili nido che punta ad azzerare le rette per i redditi medi e bassi e ad aumentare i posti a disposizione con investimenti nazionali ed europei. Non è solo una misura sociale, peraltro dai costi relativamente contenuti, ma serve anche ridurre le diseguaglianze tra le famiglie, ad accrescere l’occupazione femminile così come la competitività e la natalità».
 

Lei punta molto sugli investimenti; come pensa di sbloccarli?

 
«Farli ripartire è una priorità assoluta, puntando a innovazione e infrastrutture e con un focus particolare sulla sostenibilità ambientale e sociale».
 

Investimenti in economia verde, natalità e infrastrutture. Sono le stesse priorità della nuova Commissione: è un escamotage per ottenere maggiore flessibilità sui conti a parte quella già prevista dalle regole?

 
«Sosteniamo l’idea di un Green New Deal presente nel programma del governo e della Commissione fondato su un piano straordinario di investimenti pubblici e privati. In questo quadro sarebbe opportuno che la quota di finanziamenti nazionali ricevesse un trattamento diverso da quello attuale e venisse scorporata dal calcolo del deficit strutturale».
 

Come cambierà l’atteggiamento del governo italiano nei confronti dell’Ue?

 
«Il rapporto ambiguo e conflittuale della Lega con l’Europa ci è costato carissimo per i miliardi bruciati in termini di interessi sul debito, minore fiducia e minori investimenti, ma anche per una riduzione del peso politico dell’Italia a Bruxelles. Credibilità, coerenza e fiducia non solo possono darci un grande dividendo in risparmi sul pagamento degli interessi, ma sono anche decisive se si vuole incidere sulle grandi scelte europee».
 

Di che cosa discuterà a Helsinki e che cosa si aspetta dalla nuova Commissione, dove Paolo Gentiloni è all’Economia?

 
«Vado a discutere le politiche europee, a partire dalla necessità di una politica fiscale dell’area euro più espansiva. Per tutti e non solo per l’Italia. Gentiloni non sarà il commissario europeo alla flessibilità dell’Italia ma un protagonista del rinnovamento e del rilancio dell’Europa».
 

Correremo ancora il rischio di una procedura Ue sul debito come a dicembre e a giugno?

 
«Quell’epoca si chiude. Noi ovviamente discuteremo con l’Europa, ci saranno dei negoziati. Ma per affermare il nostro interesse nazionale in modo efficace bisogna sempre inserirlo nel quadro dell’interesse comune dell’Unione. Insomma, questo governo si batte all’interno delle regole ma si impegna anche per modificarle e migliorarle».
 

Ci sarà quella riforma del Patto di stabilità europeo chiesta dal presidente della Repubblica?

 
«All’Ecofin avremo una prima discussione. La riforma del Patto di stabilità deve essere vista nel quadro di un più generale completamento dell’Unione economica e monetaria. Penso in particolare al bilancio dell’eurozona, agli investimenti comuni, alla garanzia europea sui depositi bancari e alla istituzione di uno schema di assicurazione contro la disoccupazione».
 

Sembra una risposta poco ottimista.

 
«A Helsinki avviamo una verifica delle regole, dopodiché si presenteranno una serie di strade percorribili. In ogni caso sarà un negoziato lungo che non riguarda certo l’attuale legge di Bilancio. Naturalmente auspichiamo un miglioramento e una semplificazione delle regole europee per ridurne il carattere prociclico e sostenere di più gli investimenti».
 

Come intende riuscire nella missione fin qui apparsa impossibile di tagliare il debito?

 
«È importante mettere in modo credibile il debito su un sentiero di riduzione: sia sostenendo la crescita, sia garantendo la sostenibilità della finanza pubblica. Lo spread è già sceso molto, ma vogliamo ridurlo ancora di più per eliminare la spesa più inefficiente del nostro bilancio pubblico e liberare risorse per scuola, ricerca, infrastrutture. Faccio mia la lezione di Ciampi: credibilità, serietà e stabilità. Poi c’è anche la politica monetaria, che è fondamentale però da sola non può risolvere tutti i problemi».
 

Come valuta il taglio dei tassi appena annunciato da Mario Draghi?

 
«Ancora una volta Draghi ha mostrato una straordinaria capacità di assumere le decisioni necessarie nel momento giusto. Le misure approvate dalla Bce per garantire un ampio grado di stimolo monetario sono molto importanti. Credo che questo intervento debba responsabilizzare ancor di più chi in Europa decide gli orientamenti della politica di bilancio».
 

Annullerete l’aumento dell’Iva?

 
«Questo è l’impegno del governo».
 

Quanto valgono i risparmi di Quota 100 e reddito di cittadinanza sul 2020 che potrebbero ridurre il conto per sterilizzare l’Iva?

 
«Ci stiamo lavorando, non abbiamo ancora i numeri definitivi. Partiamo da quanto ereditato dal governo precedente, con l’obiettivo principale di bloccare l’aumento di 23 miliardi dell’Iva che avrebbe un impatto negativo su crescita e investimenti. Intendiamo poi avviare la riduzione della pressione fiscale per i redditi medi e bassi e per le aziende che innovano».
 

Lo farete già con la manovra di ottobre?

 
«La sfida è avviare una riduzione della pressione fiscale con un orizzonte di intervento sui tre anni perché i provvedimenti seri non sono spot. Di annunci e cambi di annunci nell’ultimo anno ne abbiamo visti fin troppi».
 

Dove troverete le risorse per ridurre la pressione fiscale?

 
«Dal contrasto all’evasione fiscale, dal controllo rigoroso della qualità della spesa e da una revisione mirata degli incentivi fiscali».
 

Tutti i governi parlano di lotta all’evasione, ma poi i risultati sono scarsi.

 
«Noi vogliamo lanciare un grande Patto con gli italiani per modernizzare il Paese. E uno dei pilastri è proprio quello di combattere l’evasione per ridurre le tasse su famiglie e imprese. Per farlo intendiamo avvalerci dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione».
 

La flat tax quindi è archiviata?

 
«Assolutamente sì, archiviata. Non la faremo mai. Dava tanto a chi ha di più, mentre noi siamo il governo degli asili nido, degli investimenti e della riduzione delle imposte ai più deboli. Era ingiusta, sbagliata, insostenibile e incostituzionale perché violava la progressività, oltretutto alla base del modello sociale europeo insieme al welfare».
 

Quota 100 resta o verrà cancellata prima della scadenza?

 
«In un quadro di risorse scarse l’intervento sulle pensioni andava fatto in modo diverso; ma è sbagliato modificare costantemente le regole del gioco in materia previdenziale. Quota 100 ha una durata triennale e l’orientamento è lasciare che vada a esaurimento».
 

Il reddito di cittadinanza muta?

 
«Sarà confermato. Una verifica del suo funzionamento insieme alle parti sociali può aiutare a migliorarlo».
 

Confermati gli 80 euro di Renzi?

 
«Sì. Abbiamo intenzione di lavorare a una ampia riforma fiscale per sostenere i redditi medi e bassi ma per farlo ci vorrà del tempo».
 

Ci sarà una patrimoniale?

 
«Lo escludo».
 

Anqdrete avanti con le privatizzazioni?

 
«L’obiettivo di 18 miliardi per il 2019 è del tutto irrealistico. Interventi di dismissione e la valorizzazione di parte del patrimonio pubblico sono una componente della strategia di riduzione del debito e anche, in alcuni casi, di miglioramento dell’efficienza delle società controllate. E tuttavia occorre un disegno complessivo e grande cautela perché lo Stato italiano dispone fortunatamente di grandi aziende pubbliche strategiche ed efficienti, che portano dividendi corposi e sono uno strumento importante di politica industriale. Le privatizzazioni non devono essere viste come un modo per fare cassa».
 

Alitalia: resta il piano con l’ingresso del Tesoro e la partnership di Fs?

 
«I commissari di Alitalia hanno individuato le controparti per una partnership strategica e industriale. Ma dobbiamo superare l’ottica del salvataggio. Il ministero delle Finanze parteciperà a livello di capitale al rilancio previsto dal piano attualmente allo studio della compagnia, che dovrà però essere un modello industriale sostenibile per un Paese che vive anche di esportazioni e di turismo».

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