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Istat: dati mensili volubili, ma calo inattivi dimostra che aumenta la fiducia

“I numeri di giugno confermano che siamo di fronte a dati soggetti a quella fluttuazione che caratterizza una fase in cui la ripresa economica comincia a manifestarsi”.

 

È il commento del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ai dati mensili sull’occupazione pubblicati oggi dall’Istat, che hanno registrato un calo degli occupati dello 0,1% a giugno sul mese precedente e, sempre a giugno su maggio, un aumento della disoccupazione dello 0,2%. Su questo ultimo dato però, come spiega la stessa Istat, “si fa sentire anche la diminuzione della popolazione inattiva, che è di per sé una buona notizia: più gente cerca lavoro e – non trovandolo – fa aumentare statisticamente il numero di disoccupati”.

 

Il tasso di inattività di cui parla l’Istat è diminuito dello 0,9% (-131mila) su base annua.

 

Sempre il ministro Poletti sottolinea come “il tasso di occupazione resta sostanzialmente invariato”. Un dato questo sottolineato anche dall’Istat, dal momento che ad aprile gli occupati erano aumentati dello 0,6%.

Per Filippo Taddei, responsabile Economia e Lavoro del Pd, la crescita è ripartita e i veri effetti sull’occupazione si avranno nel secondo nel seconso semestre del 2015.

“L’occupazione segue la crescita economica, difficilmente accade il contrario. Semmai va sottolineato quanto velocemente sia calato il numero dei lavoratori in cassa integrazione tra l’inizio del 2015 e il 2014: si tratta di più di 110mila occupati effettivi in più al lavoro. E’ normale che sia così: quando l’economia si rimette in moto prima tornano al lavoro i cassaintegrati, poi si aprono gli spazi per i disoccupati. E’ ingiustificato emettere giudizi definitivi sugli effetti della riforma del lavoro o della politica economica del Governo in questo momento”.

 

“Nelle economie avanzate – prosegue Taddei – gli aumenti dell’occupazione seguono con un ritardo di 6 mesi la crescita economica. Per l’economia italiana, dove la crescita è ripartita nei primi sei mesi del 2015, questo significa che vedremo gli effetti più forti sull’aumento dell’occupazione nella seconda metà del 2015. Quindi non utilizziamo il dato sul numero degli occupati di giugno per un dibattito strumentale sugli ammortizzatori sociali – che grazie al Jobs act durano di più e includono più lavoratori – o per ignorare il fatto che, per la prima volta dopo molti anni, si investono risorse e strutture per far funzionare le politiche attive che aiutano i lavoratori a ritrovare un lavoro. Il processo di riforma è difficile – conclude – ma anche profondo e strutturale, non perdiamoci a discutere di altro”.

 

La “volubilità del momento” è sottolineata anche dal deputato del Pd Marco Di Maio, per il quale “l’Italia si trova in un momento di passaggio. Dopo anni di crisi profondissima che ha colpito imprese e lavoratori, diversi indicatori dicono che stiamo riprendendo la via della crescita seppur con una velocità che ancora non è sufficiente”.

 

“Occorre considerare – prosegue Di Maio – che i dati mensili possono subire alti e bassi per diversi fattori e non possono dare l’idea della prospettiva. Meglio guardare la media degli ultimi 3 mesi, in aumento dello 0,2% nel primo trimestre 2015 (+40mila addetti). Ovviamente non ci si può dire soddisfatti, bisogna continuare a lavorare con velocità e determinazione sulla strada delle riforme strutturali, i cui effetti si potranno valutare su un periodo più lungo di applicazione”.

 

Anche per Edoardo Fanucci, membro della commissione Bilancio della Camera, “gli effetti delle riforme strutturali vanno valutati sul lungo e medio periodo e non solo mensilmente quando i dati sono soggetti a molte variabili”.

 

Lo stesso “sguardo lungimirante” chiesto dalla capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, Annamaria Parente, secondo la quale “i dati diffusi oggi dall’Istat, che registrano un calo di occupazione a giugno, ma anche una diminuzione molto consistente degli inattivi, sono lo specchio del fatto che la crisi non è finita, ma anche che la riforma del Jobs Act sta producendo i suoi”.

 

“In questa situazione – prosegue Parente – i dati mensili sull’occupazione non possono che oscillare. Ma la diminuzione degli inattivi, con una conseguente crescita della disoccupazione in particolare femminile e giovanile, ci dice che il Jobs Act e il contratto a tutele crescenti hanno generato fiducia e le donne, le ragazze e i ragazzi si sono riaffacciati nel mondo del lavoro. Questa è già un’ottima notizia e nei prossimi mesi la riforma, con la realizzazione delle politiche attive del lavoro, dispiegherà i suoi effetti”.

 

Leggi i dati dell’Istat

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