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Misiani: “Per uscire dall’emergenza serve un’alleanza tra Stato e imprese”

L’economia non reagisce, la produzione industriale indietreggia. C’è il rischio che non vengano centrati i target del governo?

«Per il momento risponde il viceministro dell’Economia Antonio Misiani, senatore del Pd -tutte le previsioni più recenti confermano l’obiettivo programmato dal governo: crescita dello 0,6% del Pil nel 2020 e qualcuno si spinge fino allo 0,8%. È chiaro che le incertezze geopolitiche potrebbero cambiare il quadro ma, al netto di questi eventi straordinari, rimaniamo fiduciosi di poter raggiungere gli obiettivi».

 

I fronti di incertezza tuttavia si moltiplicano: Alitalia, Ilva, Autostrade.

«In questi mesi abbiamo dovuto fare i conti con numerose crisi di grande portata. La sfida è passare da una logica di pura emergenza alla costruzione di una vera e propria strategia di politica industriale nella direzione di una nuova alleanza tra Stato e privati. Non la riproposizione della vecchia Iri, ma uno Stato più assertivo, investitore paziente e motore di innovazione. Tutte le crisi di questi mesi, da Alitalia ad Autostrade, dall’ex Ilva alle banche, chiamano in causa un nuovo ruolo dello Stato a difesa della presenza nazionale in settori chiave, dal manifatturiero ai servizi. L’Italia ha bisogno di grandi imprese, senza le quali nell’economia globale non si è protagonisti ma solo gregari».

 

Con quale strumento?

«Oggi si avverte l’esigenza di una cabina di regia politica tra i ministeri direttamente interessati in grado di governare, con rapidità e in stretto rapporto con il mondo imprenditoriale privato, una serie di questioni di primaria importanza. Avremmo bisogno di una sorta di consiglio nazionale di sicurezza economica, come il National Economic Council degli Usa. In una strategia fondata su un ruolo più attivo dello Stato andrebbero meglio focalizzate anche le funzioni di realtà come Cdp e Invitalia».

 

Qualcosa si muove nelle strategie del capitalismo italiano: ad esempio l’alleanza tra Fca e Peugeot. Che ne pensa?

«L’operazione è complessivamente positiva, ma nasce con una asimmetria: nella Peugeot c’è lo Stato francese, in Fca non c’è quello italiano. Questo non vuol dire che è necessario un ingresso pubblico nella nuova società ma che, anche sull’automotive, è necessaria una presenza attenta della politica industriale del governo che salvaguardi non solo gli stabilimenti italiani del nuovo gruppo, ma anche il comparto della componentistica che rappresenta un segmento essenziale del manifatturiero italiano».

 

Nella legge di Bilancio ci sono misure sufficienti per rilanciare l’economia?

«Ci sono strumenti importanti. Il più rilevante è il piano di investimenti pubblici da 58 miliardi per ambiente e infrastrutture sociali, il più grande degli ultimi dieci anni. I soldi per le opere pubbliche ci sono, la priorità assoluta è spenderli presto e bene in progetti orientati alla riconversione ecologica dell’economia».

 

E le buste paga?

«Dobbiamo decidere rapidamente a chi tagliare le tasse. L’orientamento prevalente è quello di alleggerire il carico sui lavoratori dipendenti, tra 26 mila e 35 mila euro di imponibile, che oggi sono fuori dagli 80 euro. Io credo però che bisognerebbe prestare attenzione anche ai 4 milioni di lavoratori dipendenti “incipienti”, cioè con un imponibile inferiore agli 8 mila euro: ci sono giovani precari, part time involontari, fragilità vecchie e nuove del mondo del lavoro. Potremmo aiutarli sperimentando una imposta negativa, sotto forma di bonus come l’Earned Income Tax Credit di Clinton».

Quota 100 e reddito di cittadinanza. Si possono ipotizzare modifiche?

«Dobbiamo immaginare un percorso di superamento di Quota 100, che scade nel 2021, rendendo strutturalmente flessibile l’età di pensionamento ma in modo più equo e finanziariamente sostenibile della misura voluta da Salvini. Ne discuteremo con le parti sociali nelle prossime settimane. Quanto al reddito di cittadinanza continuo ad essere “migliorista”: si può e si deve rafforzarlo coinvolgendo al tavolo chi sta sul campo, dall’Alleanza contro la povertà, ai servizi sociali deí Comuni. Dobbiamo utilizzare le risorse del Reddito senza sprechi e favorendo un effettivo reinserimento sociale e occupazionale».

 

Si torna a parlare di articolo 18.

«A 50 anni dall’approvazione dello Statuto dei lavoratori credo che dovremmo andare oltre le contrapposizioni ideologiche, con l’ambizione di scrivere le regole del mondo del lavoro del XXI secolo e costruire una base di diritti uguale per tutti i lavoratori, dipendenti o autonomi».

 

La prossima settimana il Pd si riunirà per chiarire la linea politica.

«Il Pd vuole presentare una serie di proposte per aiutare il governo a cambiare passo. Perché chi pensa che vivacchiare sia la strada per durare non ha capito nulla di quello che sta accadendo in Italia».

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