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Morando: “La manovra 2018 parte da 12 mld. Dimezziamo le tasse sul lavoro agli under 32: Mdp voti con noi”

Enrico Morando è uno di quei politici cresciuti in sezione, quando le riunioni duravano ore e la vittoria arrivava per sfinimento degli avversari. Ne sanno qualcosa deputati e senatori che da anni se lo ritrovano a rappresentare il governo durante le notti di voto sulla sessione di bilancio. La prossima non sarà facile.

Morando, dopo la scissione di Mdp e lo sfaldamento dei verdiniani non avete più una maggioranza. A primavera si vota, e probabilmente il Pd avanzerà le sue richieste elettorali. Come farete ad accontentare tutti?
«Si concentrano al massimo gli obiettivi condivisibili da maggioranza e opposizione, o almeno una parte di essa».

Slogan facile, un’impresa titanica nei fatti. Considera gli scissionisti di Bersani & c. maggioranza o opposizione?
«Se devo giudicare da come si sono comportati finora sui provvedimenti rilevanti, sono all’opposizione. Prima di fondare Articolo uno dicevano che la scissione non sarebbe stato un problema per Gentiloni. Dicevano che sarebbero stati sostenitori convinti del governo più di quanto non lo erano stati dello stesso Renzi. E invece…»

E invece siete costretti a fare i conti con i loro mal di pancia. Qual è il tipo di manovra che possono digerire?
«Ci sono alcune priorità fuori discussione. La prima: rispettare gli impegni con l’Europa, cancellare le clausole di salvaguardia e ridurre il saldo strutturale di tre decimali».

Detta in numeri?
«Si parte da una base di dodici miliardi».

Fin qui gli impegni sui saldi. E poi?
«Dobbiamo concentrare le risorse aggiuntive sui giovani, sia coloro che hanno i numeri per trovare un lavoro che a favore dei più poveri. Aumentando le entrate una tantum si potrebbero trovare anche i fondi per aumentare gli investimenti pubblici: con cinque miliardi stimiamo una spinta sulla crescita di due-tre decimali».

Ci sarà il blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile a 67 anni?
«Io non sono favorevole».

Per approvare la manovra vi basterà la maggioranza semplice, ma dovete avere il sì anche alla risoluzione che precede la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza: al Senato sono 161 voti.
«È così. E poiché siamo intenzionati a presentare il Def con un certo anticipo attorno al 20 settembre è un appuntamento vicino».

Per avere 161 voti occorre una maggioranza ampia. Come farete?
«Beh, mi aspetto che su quel voto ci sia l’unanimità: serve a formalizzare l’accordo con l’Unione europea che prevede una riduzione del deficit strutturale di cinque miliardi anziché di dieci. Mi chiedo chi pensa di assumersi la responsabilità di votare no».

In questi mesi per rilanciare la decontribuzione dei più giovani sono circolate diverse ipotesi. Qual è la più concreta?
«Al momento quella che prevede il dimezzamento permanente dei contributi previdenziali nei primi due anni di assunzione a favore di tutti gli under 32. C’è poi una ipotesi più costosa nel medio termine, ovvero associare a questo intervento un taglio di altri quattro punti dei contributi a partire dal terzo anno: due a favore del lavoratore, due dell’impresa».

Sembra una soluzione molto, molto costosa.
«Lo è, ma lo sarebbe solo a partire dal 2020. E potrebbe essere coperta con l’aumento del gettito Iva che emergerebbe dall’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica nelle transazioni fra privati».

Sembra un’offerta ghiotta a Mdp.
«È una proposta che ridurrebbe un gap strutturale del costo del lavoro fra noi e la Germania. Mi auguro la facciano propria anche gli amici Bersani e D’Alema».

E il resto della manovra come pensate di finanziarlo?
«Anzitutto con l’aumento della crescita. Non c’è ancora una valutazione ufficiale, ma il Pil di quest’anno sarà sicuramente più alto di quanto finora stimato. La previsione più credibile è di 1,3-1,4 per cento, se nel frattempo anche l’inflazione aumentasse più del previsto sarebbe ancora più alta».

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