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Padoan: “Adesso l’Europa deve scuotersi questa crisi non è solo italiana”

Per l’ex ministro dell’Economia “serve un’azione concertata di Commissione Ue e Bce con i singoli Stati. Altrimenti la situazione rischia di avvitarsi”. “Non mi aspettavo un atteggiamento difensivo come quello della Lagarde”.

La gravità della crisi, umana, sociale, sanitaria e anche economica, è sotto gli occhi di tutti: proprio per questo l’Europa non deve farsi sfuggire l’occasione per migliorare gli strumenti e le istituzioni di cui dispone per limitare i danni di situazioni così tragiche”.

Pier Carlo Padoan, già all’Ocse e all’Fmi, oggi deputato Pd, torna su un tema su cui ha battuto fino alla noia quand’era ministro dell’Economia nei governi di centrosinistra: «L’Europa deve scuotersi. E invece non mi sembra che ci sia la piena consapevolezza dell’urgenza e della portata degli interventi necessari, e neanche del fatto che il problema riguarda tutti. La crisi non è solo italiana. Vedremo all’Eurogruppo e all’Ecofin dell’inizio di questa settimana se l’allarme è davvero scattato».

Però la presidente Ursula von der Leyen, con due interventi mercoledì e venerdì, sembra aver ben chiaro il concetto di solidarietà.

«In effetti venerdì sono state prese decisioni importanti in tema di flessibilità. È stato annunciato il Fondo per la solidarietà: è assolutamente necessario che venga attivato al più presto superando le perplessità e le farraginosità che pure esistono. Quello che serve è un’azione concertata delle autorità politiche europee (la Commissione) e monetarie (la Bce) con i singoli Stati e le rispettive misure di bilancio. Altrimenti la crisi si avviterà con conseguenze impensabili. Già il mondo procede in ordine sparso e scoordinato – pensate all’incosciente bando del presidente americano Trump ai voli transatlantici – l’Europa non può arrivare divisa ed esitante all’ennesima prova. Soprattutto deve aiutare l’Italia, il cui sforzo nella lotta alla pandemia serve anche all’Europa. Le parole di Mattarella sono ineccepibili».

Per il momento la Bce sembra aver dichiarato la sua impotenza.

«È vero che questa crisi è molto diversa dall’ultima perché prevale la componente dell’offerta (fabbriche chiuse in tutto il mondo, catena del valore spezzata) su quella della domanda, con il crollo della fiducia dei consumatori e delle aziende della precedente occasione. Le banche centrali non possono far riavviare le attività o ripristinare le correnti commerciali. Ed è anche vero che le armi a disposizione sono un po’ spuntate . Però non mi aspettavo un atteggiamento difensivo come quello della Lagarde. Al di là della incredibile battuta sullo spread. ogni volta che, in conferenza stampa, le veniva obiettata l’insufficenza delle misure rispondeva “abbiamo deciso all’unanimità” ma soprattutto “sono necessarie manovre fiscali”. Questo è vero, ma ciò non toglie che la politica monetaria poteva fare di più. Per esempio andava potenziato il Qe. Detto questo, quello che ancora manca è un impegno per uno stimolo coordinato da parte dei governi. Tra l’altro siamo in una situazione assolutamente eccezionale, per cui è prevedibile la sospensione degli impegni previsti dal patto di stabilit».

I 25 miliardi messi in campo dal governo italiano sono sufficienti?

«Malgrado il dibattito si sia concentrato sulla quantita di miliardi messi in campo l’importante è come saranno utilizzati. Con l’Europa occorre concordare sull’eccezionalità e la temporaneità delle misure adottate. Tranne che per il fondo sanitario, dove invece il rafforzamento dev’essere strutturale, occorre dare fiato e liquidità alle imprese grandi e piccole e alle famiglie, e poi rilanciare gli investimenti pubblici come volano per la ripresa. Serve uno “sbloccacantieri” vero. E poi serve la certezza che l’Europa consenta di sostenere le imprese derogando alle norme sugli aiuti di Stato. Purtroppo l’Italia arriva a questa prova già sfibrata, come sappiamo tutti. L’Italia deve fare la sua parte ma pesano anche i ritardi e le rigidità, non tanto di Bruxelles quanto di molti Stati membri: provate a chiedervi come ci sentiremmo più forti se fossero stati varati gli eurobond o il fondo europeo contro la disoccupazione tante volte chiesto».

Sugli eurobond niente da fare?

«È un discorso complesso che non si risolve in una notte. Basterebbe per ora creare un “safe asset” europeo, titoli che potrebbe emettere la Bei, per rafforzare la crescita con progetti di lungo periodo».

Il 2020 sarà un anno di recessione?

«Dipenderà dalla durata della crisi, e se essa proseguirà nella primavera, e dalle misure che verranno adottate. Certo, l’anno sembra compromesso. Moody’s prevede un -0,5% di Pil, ma ho visto delle proiezioni da esperti privati molto peggiori. Tutto questo non potrà non avere conseguenze sullo spread e sul debito pubblico: già si parla del 140% del Pil, considerando l’assenza di crescita, ma anche in questo caso la previsione potrebbe essere ottimistica. Quello che conta è che oltre la crisi l’Italia ritrovi presto un sentiero di crescita sostenibile. Per questo ci vogliono misure strutturali».

Una delle ipotesi che vengono avanzate da più parti è il ricorso al Mes (il Meccanismo europeo di stabilità, ovvero il cosiddetto Fondo salva-Stati). Ma il fatto di non avere i conti in ordine non compromette questa possibilità?

«Nella situazione in cui ci troviamo l’Italia non è potenziale causa di uno choc finanziario ma la vittima di un evento esterno. In questo caso, come qualcuno ha suggerito, l’Italia potrebbe accedere alla linea di credito precauzionale straordinaria prevista dal Mes per accrescere la sostenibilità del debito e benficiare di tassi di interesse contenuti. In effetti se si riconoscerà al nostro Paese l’impegno e la concretezza nell’uso dei fondi, si potrebbe immaginare un programma di aggiustamentoda spalmare su un periodo sufficentemente lungo che comporti sia un aumento delle crescita che una discesa del rischio del debito italiano».

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