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Provenzano: “Ora un nuovo statuto dei lavoratori”

Dalla riunione del Partito democratico dei giorni scorsi è uscita un’idea nuova di Paese: un’Italia verde, più coesa e competitiva». Nel grande ufficio affacciato su Palazzo Chigi, davanti al tavolo ingombro di libri, il ministro per il Sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano traccia un bilancio della discussione nel suo partito e prova a guardare avanti.

«Dobbiamo rappresentare una vera discontinuità non solo rispetto al governo gialloverde, ma anche rispetto agli ultimi vent’anni, che hanno reso il nostro Paese il più diseguale d’Europa».

 

Negli ultimi vent’anni avete governato anche voi, ministro…

«Dobbiamo operare una discontinuità anche verso noi stessi e alcune scelte delpassato».

Franceschini insiste che con il vostro governo c’è già una discontinuità: non basta?

«Non basta rispetto alle emergenze del Paese. In Italia c’è un tessuto lacerato: se dobbiamo riprendere un filo con cui tessere una nostra trama, quel filo è il lavoro. Che può unire il Paese, rispondere alle ansie dei ceti medi impoveriti del Nord e alla fame di lavoro del Sud, dei giovani e delle donne».

Come intervenire sul lavoro?

«Anzitutto bisogna crearlo, rilanciando gli investimenti. E bisogna riconoscergli dignità. A cinquant’anni di distanza, ci vuole un nuovo Statuto dei lavoratori. Che sancisca una cosa semplice: a parità di lavoro deve corrispondere parità di diritti e salario. Abbiamo cominciato a rispondere al quesito salariale togliendo tasse dallo stipendio dei lavoratori. Ma servono altri strumenti».

Quali?

«Bisogna garantire una retribuzione giusta, dando valore erga omnes ai contratti sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative. E serve una riforma fiscale che aumenti la progressività: quando sono nato io, nell’82, le aliquote andavano dal 18 per cento per i redditi bassi al 65 per quelli alti. Nei decenni si sono concentrate invece sulla fascia media. E poi bisogna rivedere il sistema degli appalti e delle gare al massimo ribasso, che scaricano i risparmi sul costo del lavoro».

Il Jobs Act va smontato?

«Un nuovo Statuto dei lavoratori richiede una revisione complessiva della disciplina del lavoro, che guardi al futuro, al tempo dell’algoritmo».

Lei ha annunciato un Piano per il Sud: quando sarà pronto? Cosa prevede?

«Manca qualche approfondimento con alcuni ministeri: sarà una misura utile non solo al Sud, ma a tutto il Paese, con cui rilanceremo l’azione di governo. Investiremo per “missioni”: scuola, ambiente, infrastrutture, innovazione. Tra le misure previste, introdurremo un “reddito energetico”, un contributo per installare pannelli solari in abitazioni private in particolare nelle aree interne».

A proposito di energia e ambiente: la Commissione Ue ha presentato il suo Green Deal, come governo state lavorando a un piano per usufruire di quegli investimenti?

«Certo, dobbiamo candidare l’Italia e il Sud a usufruirne. Siamo arrivati tardi alla sfida di industria 4.0: dobbiamo essere i primi sulla transizione ecologica».

E un’occasione per Ilva?

«Ilva è stata la più grande acciaieria d’Europa e una delle più inquinanti: dobbiamo trasformarla nella prima acciaieria verde del continente. Il Green Deal europeo è legato a obiettivi di coesione. Il piano del governo va in questa direzione».

Le pensioni vanno cambiate?

«La priorità non è rivedere la disciplina pensionistica del passato, ma arrivare a una pensione di garanzia per i giovani con carriere discontinue».

Vanno cancellati i decreti sicurezza?

«Sono stato nei ghetti dei lavoratori del foggiano. Vanno cancellate le storture dei decreti sicurezza, ma va anche cambiata la legge Bossi-Fini, una norma criminogena che spinge i lavoratori verso il nero e impedisce l’integrazione».

Tutto questo deve farlo il “nuovo” Pd?

«Il nuovo Pd deve aprirsi ai nuovi soggetti sociali, lo chiedono le Sardine, i ragazzi di Greta, i comitati di quartiere. La sfida però è arrivare alle persone che vivono nei “luoghi che non contano”, per farli contare».

Il Pd deve farlo in un’alleanza definitiva con il M5S?

«La società si è polarizzata tra destra e sinistra: M5S e Italia Viva – chi nega questa distinzione e chi vuole andare oltre devono fare i conti con questa polarizzazione. E il Pd deve offrire un campo largo a tutte le forze progressiste che vogliono opporsi a questa destra pericolosa».

Lei parla di quello che deve fare il governo. Ma veramente pensa che se il 26 vincerà la Lega in Emilia-Romagna non ci saranno conseguenze nazionali?

«La stabilità di questo governo non dipende da elezioni regionali, ma dalla capacità di dare risposte agli italiani e indicare una prospettiva. L’Emilia-Romagna è un modello di sviluppo e coesione, vincerà il buongoverno».

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