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Senza investimenti non c’è futuro per l’Italia

Perché in economia sono particolarmente importanti gli investimenti? E perché, in questa fase, sono cruciali per l’Italia? Gli investimenti sono importanti perché hanno allo stesso tempo sia un effetto di domanda sia di offerta.

 

Anche la seconda domanda ha una risposta piuttosto semplice. L’Italia ha da almeno due decenni un problema di offerta grosso come una casa e si sta riprendendo solo ora. E’ per questo quindi che dopo il piano di stimolo dei consumi (80 euro, diminuzione del carico fiscale su famiglie e imprese), l’attenzione dei governi del PD si è presto spostata sulla necessità di favorire una robusta ripresa degli investimenti.

 

Gli investimenti sono di tre tipi: pubblici, privati e esteri. Su quelli pubblici, si è agito con la rottamazione del Patto di Stabilità Interno per gli enti locali e con un massiccio piano di investimenti nel campo delle infrastrutture di trasporto. Per stimolare gli investimenti privati si è scelta la strada di consistenti sconti fiscali: col “super-ammortamento” e con “l’iper-ammortamento” si sono concessi generose riduzioni di tasse a imprese che acquistano macchinari (40% di sconto fiscale), particolarmente se afferenti a nuove tecnologie (in questo caso lo sconto è del 150%). Su questo versante, al contrario del precedente, i risultati cominciano a vedersi chiaramente: mentre dal 2012 al 2014 gli investimenti fissi lordi registravano pesanti diminuzioni rispetto all’anno precedente (rispettivamente, -9.3%, -6.6%, -2,3%), nel 2015 e nel 2016 hanno ripreso ad aumentare (+1.6% e +2.9%); in particolare nel 2016, per la prima volta dopo molti anni, ripartono
anche gli investimenti nel settore delle costruzioni (+1.1%). Per il prossimo futuro “tutti i principali previsori si attendono un’espansione degli investimenti nel biennio 2017-2018”.

 

Per quanto riguarda investimenti esteri la strategia era semplice: fare in modo che all’estero tornassero a considerare l’Italia un posto dove valesse la pena investire.
Rientrano in questo obiettivo le riforme del mercato del lavoro (Jobs Act) e del capitale (banche popolari e “pulizia” del sistema bancario), le semplificazioni fiscali per gli investimenti dall’estero, la riforma della pubblica amministrazione e del sistema formativo. Ma soprattutto, l’idea di un paese stabile, serio, credibile.

 

Nel 2015, ricevevamo un flusso di investimenti esteri diretti pari a 19 miliardi di dollari, piazzandoci diciottesimi nelle classifica mondiale dei paesi destinatari.

 

Nel 2016, abbiamo ricevuto 29 miliardi, per un aumento del 52,6% rispetto all’anno precedente. Grazie a questo aumento, abbiamo scalato cinque posizioni in classifica, diventando il tredicesimo paese destinatario di flussi di investimenti. Guardando il conto finanziario (che registra i movimenti finanziari in entrata e in uscita dal paese) vediamo che gli “investimenti diretti” (cioè quelli effettuati per acquisire una responsabilità gestionale e per acquisire un legame durevole con l’impresa) passano dai 11,706 miliardi del 2015 ai 25,032 miliardi del 2016 (erano 14,638 nel 2013).

 

Nel 2016 il flusso di denaro investito da soggetti esteri in Italia per partecipare direttamente ai pro-cessi produttivi (e creare quindi lavoro, sviluppo, benessere) è aumentato di oltre il cinquanta per cento. Lo stock di investimenti esteri è ancora basso: meno della metà di quello francese, poco più del 40% di quello olandese e irlandese, poco più del 60% di quello spagnolo.
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