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UE, Sassoli: “Ho convinto Berlino a spendere”

“E’ il D-Day dell’Unione, perché anche la Germania ha capito che non può fare da sola. Ora tocca ai Paesi mandare in porto la riforma. L’Italia? Può usare il Mes”.

Parla il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli: il Muro è ricaduto.

 

Presidente Sassoli, la Commissione Europea ha annunciato un Recovery Plan con un fondo che potrà arrivare a 750 miliardi di euro. In parte sono a fondo perduto e il maggior fruitore sarà l’Italia. Lei ha spinto sin dall’inizio, tra i pochi, per una soluzione del genere. Basterà?

“Diciamo subito una cosa: le decisioni e gli interventi di queste settimane, che in alcuni casi aspettavamo da anni, stanno cambiando tutto. Sono trasformazioni di portata storica”.

 

In Italia trapela un po’ di scetticismo sui tempi.

“La proposta della Commissione è un segnale molto importante, che va nella direzione giusta: quella di un’Europa che scommette sulla solidarietà, che fa una vera scelta di politica comune per il bene dei cittadini e delle imprese, che sono i veri beneficiari di questo progetto. Ed è un’Europa che sceglie di intervenire mettendo in comune il debito. Questo è un fatto storico, non era mai accaduto prima ed è la premessa per costruire l’Europa politica. Il piano poi userà il bilancio dell’Unione e si finanzierà emettendo titoli comuni”.

 

Ma serve anche la collaborazione dei Paesi…

“Sì. Nel frattempo, però, è importante che i governi e i parlamenti nazionali siano pronti a partecipare alla realizzazione di questo disegno con rapidità mettendo in campo le migliori strategie per investire queste risorse. I soldi devono arrivare ai cittadini e alle imprese.

 

Spesso si dice che una crisi, violenta come quella della pandemia Covid-19, nasconde un’opportunità. Qual è l’opportunità che deve cogliere l’Unione Europea, politicamente ed economicamente?

“Lo dicevamo: da adesso possiamo scommettere su un’Europa più utile. Servirà dotare l’Unione di nuove competenze, naturalmente partendo da quelle sanitarie. Poi ci sono dossier fondamentali, interrotti dall’emergenza, ma che sono molto importanti. Dobbiamo ricominciare a lavorare sulla difesa comune, sul Green Deal, sull’immigrazione e sulla digitalizzazione. Servono grandi riforme. Fino a poco tempo fa era impensabile, ma oggi è possibile raggiungere questi traguardi.

 

Inoltre, per Sassoli, serve più coordinamento nella politica economica e fiscale nello spazio europeo. In questo momento siamo tutti concentrati sul Recovery fund e credo che i governi stiano riflettendo attentamente sulla proposta fatta dalla Commissione.

Sarà la stagione delle riforme e anche l’apertura da parte della Germania su una possibile revisione dei trattati può aggiungere nuovo slancio. Il Parlamento non ha rinunciato all’ambizione di dare il via ad una conferenza sul futuro dell’Europa per definire le riforme necessarie.

 

Sul Mes il presidente ha dichiarato: Io non sono arbitro o consigliere dei governi nazionali. L’Europa non impone niente a nessuno, ha scelto di offrire delle opportunità: sono gli Stati membri ad avere la responsabilità di coglierle o di non usare quanto è a loro disposizione, magari perché non ne hanno bisogno.

Il Mes offre prestiti praticamente a tasso zero per finanziare la sanità pubblica: per la ricerca, ad esempio, per l’acquisto di apparecchiature, per la dotazione delle strutture mediche di base. L’Italia partecipa al Mes con 14 miliardi e potrebbe utilizzarne fino a 37. Sono soldi già disponibili e possono essere utili a rafforzare la sanità pubblica nazionale.

Se l’Italia non li chiederà, sarà un bell’esempio di solidarietà europea: avrà offerto questo denaro a chi, al contrario, ne ha evidentemente più bisogno di lei in questa situazione, che resta drammatica.

 

Sulla necessità di mettere mano all’Unione Fiscale, Sassoli risponde: “In Europa ci sono fiscalità molto diverse e ci sono dei paesi più aggressivi di altri nel creare condizioni di vantaggio per le imprese. Il Parlamento si sta battendo da tempo perché tutti versino le tasse dove fanno profitti e vi siano standard fiscali comuni. L’Unione fiscale è stato uno dei punti di discussione con i rappresentanti del governo e del parlamento della Germania, che come sappiamo assumerà il prossimo turno di presidenza dell’Unione. È stata la stessa Cancelliera Merkel ad auspicare una riflessione su standard fiscali comuni che rafforzino le capacità politiche dell’Europa.

 

Le frontiere col Covid-19 sono tornate?

“Le frontiere vanno aperte: i cittadini devono poter tornare a viaggiare in sicurezza in tutta Europa, perché l’Europa è casa loro. La libera circolazione è fondante del progetto europeo e della nostra identità. Ed è un bene che dobbiamo proteggere. Però chiariamo una cosa: dopo un primo momento di confusione, che abbiamo condannato, Schengen non è mai stato chiuso. Grazie all’intervento delle istituzioni europee le merci hanno potuto viaggiare tra i nostri paesi per rifornire i supermercati, le farmacie, le imprese e le persone, dei prodotti di cui avevano bisogno”.

 

Il 9 maggio doveva partire la Conferenza sull’Europa, la prossima Conferenza non dovrebbe occuparsi, oltre che di riforme, anche del problema del debito degli Stati per il Covid-19?

“La Conferenza sul futuro dell’Europa è la grande ambizione di questa legislatura: vogliamo riformare l’Europa e le istituzioni democratiche perché possano agire in modo utile, efficiente e tempestivo. Ce lo chiedono i cittadini: un sondaggio della società Kantar ha rilevato che il 777( degli europei vuole un’Unione europea con più poteri. Perché un’Unione europea forte serve a difendere il lavoro, le aziende, i nostri valori. Anche le autorità tedesche, con cui ho discusso in questi giorni, sono consapevoli che l’Ue vada attrezzata meglio. Servono nuove competenze. E credo che sia arrivato il momento di discutere del diritto di veto che troppo spesso blocca il processo democratico”.

 

Sulla ripartenza, Sassoli ha dichiarato: “Il nostro compito come istituzioni europee è riuscire a far ripartire l’economia reale offrendo un sostegno alle imprese e ai lavoratori in difficoltà. L’Unione è nata per ridurre le distanze, non per aumentarle. Questo è lo spirito del Piano. Oggi il nostro ruolo è aiutare le persone che hanno perso il loro posto di lavoro, il piccolo commerciante che rischia di non aprire la bottega e quanti sono rimasti fermi per mesi. Serve visione e pragmatismo. Tutto quello che stiamo facendo lo facciamo per le prossime generazioni ed è significativo che il nome del piano sia Next Generation.

 

L’intervista completa su Milano Finanza

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