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Baretta: “La sfida alle grandi navi nel mio piano per Venezia”

«Mettere insieme una coalizione che va da Renzi, Calenda al Pd fino alla sinistra, ai Verdi e a Rifondazione comunista è stato alla fine meno faticoso di un tavolo sindacale».

 

Pier Paolo Baretta è il candidato dem a sindaco di Venezia. Veneziano, 70 anni, ex sindacalista Cisl, sottosegretario all’Economia, dice che per la città-simbolo del turismo, in ginocchio prima per l’acqua alta, ora per il coronavirus, ci vuole una cura politica shock e una visione da qui a vent’anni. Se eletto, tra le prime misure bloccherà le grandi navi in laguna, smantellerà il centralismo amministrativo di Luigi Brugnaro – il sindaco che la Lega ha lanciato per il bis alle amministrative di primavera -, punterà sulle verifiche di efficienza del Mose.

«Vedendo Salvini passeggiare in San Marco pensando di prendersi una città capitale mondiale di cultura e di dialogo, non potevo restare indifferente».

Baretta, è stato in questi giorni a Venezia? E che effetto le fa vederla semi vuota, il Carnevale chiuso in anticipo, il turismo in ginocchio?

«Una sensazione di desolazione e di grande malinconia. Ma anche da qui può venire una lezione: è quella di saper reagire. Non si può stare immobili. Questo è il momento di scegliere».

ll primo decreto in consiglio dei ministri per fronteggiare il contraccolpo economico del coronavirus riguarda anche Venezia?

«Nel decreto c’è una parte sull’emergenza turismo. È una emergenza che vale per tutta l’Italia, ma a Venezia è più evidente che altrove. Quindi è prevista la cassa integrazione per evitare i licenziamenti nel settore delle attività turistiche e alberghiere. Venezia è cruciale e fragile. Con Marghera e Mestre poi, che sono luoghi produttivi importantissimi, è città metropolitana che va rilanciata».

Chi gliel’ha fatto fare ad accettare questa sfida?

«Non l’ho cercata. Ma non si può consegnare Venezia alla Lega di Salvini e di Zaia che, con la battuta sui cinesi che mangiano i topi vivi, alimenta l’odio. Decisivo è stato avere ottenuto l’unità del centrosinistra in cui tutte le forze politiche sono convinte che occorra una visione di futuro. Il turismo ad esempio, è una risorsa, ma non può schiacciare la vita quotidiana. Numero chiuso o flussi turistici? Ne discuteremo, però Venezia è una città viva non un museo».

Anche la sinistra e i verdi sono con lei?

«Sì, la coalizione va dalle liste veneziane centriste a Renzi, Calenda, il Pd, i verdi, la sinistra, fino a Rifondazione. Si può fare e si può provare a vincere anche dove tutti danno per scontato che non ce la puoi fare».

Gabriella Chiellino, l’imprenditrice già in corsa per il centrosinistra, si è sfilata.

«Secondo me, il momento è questo. Mettere d’accordo tutti è stato meno difficile di un tavolo sindacale, forse proprio perché il percorso politico per trovare un candidato sindaco del centrosinistra è stato travagliato. Non facile, ma neppure impossibile».

Però le distanze con verdi e sinistra sul transito delle grandi navi, sul Mose, sul futuro di Porto Marghera sono grandi.

«Non vedo distanze così insormontabili. Bisogna togliere subito le grandi navi dal bacino di San Marco e poi discutere tutti insieme la soluzione definitiva senza pregiudizi. Sul Mose vanno fatte le verifiche su impatto ambientale e efficienza e quindi va completato con queste verifiche».

Continua intanto a fare il sottosegretario all’Economia?

«Sì perché gli impegni sono tanti e tali in questo momento … però lascerò tutto per fare il sindaco».

Torna a vivere a Cannaregio?

«Sono nato e cresciuto li, ma potrei mettere casa a Mestre, perché Mestre è il futuro».

E quale sindaco ha come modello?

«Più di uno… di certo Massimo Cacciari, un grande sindaco. Credo serva oggi accanto al sindaco una equipe internazionale al servizio di un progetto per Venezia da qui a vent’anni».

Un gruppo guidato da chi? Lei ha citato Paolo Baratta, presidente della Biennale?

«Magari!».

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