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Boccia: “Pd avanti con i 5 Stelle, la paura crea tensioni anche a livello nazionale. E Matteo non dia lezioni”

Francesco Boccia, ministro dem agli Affari regionali, sull’alleanza non ha dubbi nemmeno dopo la «sberla» in Umbria, ma sprona Di Maio a metterci più coraggio e a Renzi dice: «Non salga in cattedra, il Pd non ha bisogno di lezioni».

 

La lezione in Umbria ve l’ha data il centrodestra.

«Il centrodestra non esiste più, in Italia c’è una destra nazionalista e sovranista. Per fronteggiarne la deriva serve quella alleanza sociale di cui parlo dal 2013».

 

Per Di Maio non è una «esperienza chiusa»?

«Sul territorio i 5 Stelle non sono mai andati benissimo. Di Maio deve crederci, gli chiedo il coraggio di affrontare insieme i temi sociali e il tempo necessario a costruire una prospettiva».

 

I numeri del tracollo dei 5 Stelle in Umbria non consigliano di cambiare rotta?

«Ringrazio Bianconi, un candidato straordinario, ma siamo partiti tardi e l’Umbria era la regione più difficile per una sperimentazione. Il Pd nonostante la scissione subita ha retto, perché siamo un partito strutturato. Agli elettori dei 5 Stelle e ai nostri dico che, se fossimo andati divisi, sarebbe finita molto peggio».

 

Ma il Pd è sotto choc e Zingaretti lancia ultimatum. Il governo rischia?

«L’alleanza nazionale non è in discussione, se affronta di petto i problemi degli italiani. Ma se i 5 Stelle si impauriscono alla prima elezione in cui vanno male, le tensioni si creano ed è un errore».

 

Basta liti e polemiche, avverte Zingaretti.

«I rapporti umani sono eccellenti, il clima in Consiglio dei ministri è cordiale e costruttivo. Le tensioni sono più dentro le vecchie coalizioni e negli assetti interni dei partiti. Se si fanno le cose il governo è in buona salute e l’alleanza con i 5 Stelle ha senso farla in tutta Italia. Se invece il governo ha le stesse liturgie di quello precedente, siamo tutti d’accordo con Zingaretti che il governo non ha senso».

 

Per Marcucci, il segretario si fa dettare l’agenda dal M55. E Renzi non vede l’ora di mandare a casa Conte…

«Forse Marcucci, Orfini e tutti i maestri dell’ultim’ora hanno dimenticato che il Pd è uscito disintegrato dalle politiche del 4 marzo 2018. Abbiamo toccato il punto più basso della storia del centrosinistra, siamo usciti senza anima e senza prospettiva».

 

Ce l’ha con l’ex premier?

«Abbiamo subìto pure la beffa della scissione e ora sento che i protagonisti della pessima legge elettorale proporzionale in vigore ci indicano la via del maggioritario. Abbiano almeno la dignità della coerenza. Lavoriamo per rafforzare il Pd, non per salire in cattedra».

 

La scissione è finita, o Marcucci e altri usciranno?

«Non lo so, se qualcuno la pensa diversamente da Zingaretti utilizzi gli strumenti congressuali, mozioni, ordini del giorno e tesi congressuali».

Orlando, Bassolino e altri chiedono un congresso vero. Vogliono che Zingaretti molli i 5 Stelle, o vogliono la testa del segretario?

«Non si molla nessuno. Quando ci sarà il congresso, sosterrò le tesi che consentono al Pd di mettere insieme i movimenti progressisti e riformisti che ci sono in Italia, e il M55 è uno di questi».

 

Senza accordo con il M55 l’Emilia-Romagna è persa?

«No, lì si vince, ne sono straconvinto. Bonaccini è uno dei migliori presidenti e in Emilia-Romagna i servizi e la sanità sono eccellenti».

 

Conte in Umbria non ci ha messo abbastanza la faccia?

«Ma no, Conte che c’entra? È andato anche a Narni a farsi la foto, assumendosi una responsabilità non sua. Al prossimo giro, se come io auspico si faranno altre alleanze e si aprirà una nuova stagione politica, ha senso che tutti ci mettano la faccia. Perché se saremo solo una somma di sigle, gli italiani ci puniranno».

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