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Boccia: «Tutelare i meno ricchi»

«Sto lavorando alla legge quadro che definirà le regole per le intese con le Regioni. Certo, se le stesse Regioni e i gruppi parlamentari dovessero essere d’accordo, potremmo trasformarla in un emendamento alla legge di Bilancio. In modo che le intese possano essere firmate dal primo gennaio 2020».

Il ministro per gli Affari regionali Francesco Bocciaaccelera sul percorso che dovrebbe cambiare gli equilibri fra Stato centrale e Regioni.

In concreto cosa avranno in più le Regioni?

«Avranno più funzioni e responsabilità amministrative, ma questo sarà definito dalle intese con le singole Regioni. La legge quadro fissa un principio generale: nella ripartizione dei fondi pluriennali di investimento, gestiti dai ministeri, una quota deve essere assegnata prioritariamente alle aree meno sviluppate. Non solo il Sud rispetto al Nord, ma anche Rovigo rispetto a Padova, Vercelli rispetto a Torino, Foggia rispetto alla mia Bari. E questo per fare in modo che il Paese, tutto il Paese, si tenga per mano e si sviluppi con equilibrio. Città metropolitane ed enti locali saranno coinvolti».

Quindi senza il rispetto di questo principio una Regione non potrà avere più autonomia?

«Esatto. E mi auguro che le intese debbano essere approvate dalle Camere. Anche se di questo discuteremo in Parlamento quando si discuterà la legge quadro o l’emendamento alla manovra».

Ma questa accelerazione non è solo un modo per togliere una carta dalle mani della Lega?

«L’autonomia è in Costituzione e quello che è in Costituzione è patrimonio di tutti. Spero che la Lega approvi queste regole con noi, e che non ci sia il conflitto a prescindere. Del resto il progetto della Lega è saltato non perché è caduto il governo, ma perché dietro lo slogan non c’era un disegno unitario. Quel progetto è stato fermatodai tanti rilievi mossi dai ministeri, anche da quelli guidati dalla Lega come per la scuola. Il nostro progetto di autonomia, invece, si può sintetizzare come attuazione del principio di sussidiarietà, come nuovo modello sociale del Paese. Sarà win-win per il Nord e per il Sud. Risorse per i più deboli, più responsabilità, premi e sanzioni sulla qualità della spesa pubblica».

Parliamo della la manovra. Tantissimi soldi per fermare l’aumento dell’Iva e poco altro. Molti la definiscono pallida.

«Era l’unica manovra possibile. E chi la critica dimentica dove eravamo pochi mesi fa, con gli investitori in fuga e lo spread che saliva. Certo, è migliorabile in Parlamento».

Lei cosa cambierebbe?

«Rafforzerei l’intervento sul cuneo fiscale. Abbiamo disegnato una curva crescente negli anni, ma se si potesse accelerare sarebbe meglio».

Giusto abbassare il tetto sui contanti? Oppure è solo una vendetta contro Renzi?

«Ma quale vendetta, è un fatto di civiltà. In Italia 1’86% dei pagamenti viene fatto in contanti, ci sono 205 miliardi di cash che circolano. Non è possibile far finta di nulla davanti all’evasione che abbiamo. Noi del Pd siamo quelli della fatturazione elettronica, introdotta quando Renzi era premier. Lega e Fratelli d’Italia ci facevano i cortei contro e adesso sono costretti ad ammettere che funziona, perché ha fatto recuperare una montagna di risorse allo Stato. La battaglia sul contante, e sul nero, lasciamola a loro».

E dello scontro sul carcere per gli evasori cosa ne pensa?

«È vero che le pene vanno inasprite, ma mi concentrerei su confische e sequestri, che fanno più male. Con la manovra e il decreto fiscale le sanzioni penali non c’entrano nulla. Tecnicamente sarebbe un tema inammissibile. Discutiamone all’interno di un provvedimento che parla di giustizia, non di conti pubblici. Questa corsa contro il tempo sul carcere duro per gli evasori non la capisco».

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