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Bonaccini: «Noi siamo più avanti anche senza il voto»

«Sia chiaro, non giudico i colleghi Maroni e Zaia, con cui ho un più che buon rapporto in Conferenza delle Regioni, ma invece delreferendum abbiamo scelto la via della Costituzione, che all’articolo 116 regola le condizioni per la concessione di una maggiore autonomia alle singole Regioni». Parla Stefano Bonaccini, Pd, presidente dell’Emilia-Romagna, che ha appena incassato il sì del Governo con una Dichiarazione d’intenti congiunta sottoscritta insieme al premier Gentiloni: in buona sostanza, il sì all’apertura del negoziato per ottenere l’autonomia regionale. «Ci siamo mossi prosegue da due presupposti per noi irrinunciabili: non vogliamo diventare una nuova Regione a statuto speciale e, soprattutto, per noi l’unità nazionale è sacra».

 

Su quali materie vi siete focalizzati?

«Quattro aree tematiche. Lavoro e formazione professionale. Impresa, ricerca, sviluppo e innovazione. Poi riqualificazione del territorio e ambiente. La quarta è la sanità. Abbiamo aggiunto un quinto punto, i giudici di pace, oggetto di un emendamento di Lega e Forza Italia che abbiamo accolto, a riprova di massimo confronto».

 

Torniamo al referendum. Perché no?

«Perché è costoso. Quaranta milioni di euro per un referendum consultivo ci sembravano troppi, risorse che preferisco utilizzare per la crescita e l’occupazione. E poi, mi pare ovvio che chiedere ai cittadini ‘Vuoi più autonomia?” porta a una risposta scontata, sì, dunque una consultazione legittima, che rispetto, ma dall’esito scontato. Meglio lavorare da subito nel concreto, come abbiamo fatto».

 

Qual è stato il vostro percorso?

«Abbiamo iniziato un confronto con tutte le parti sociali dell’Emilia-Romagna: sindacati, associazioni economiche, università, camere di commercio, forum del terzo settore, sindaci, presidenti delle province, riuniti nel Patto per il Lavoro. Abbiamo lavorato con loro per due mesi per accoglierne i suggerimenti, e poi abbiamo ricevuto da loro il via libera unanime per tentare la strada costituzionale. Infine, abbiamo ricevuto il mandato del Consiglio regionale. Il centrosinistra ha votato a favore, compresi Mdp e Si, FI e un’altra lista di sinistra si sono astenute. M5S non ha partecipato al voto. Lega e FdI hanno votato contro».

 

Che la Lega voti contro l’autonomia è una notizia!

«Hanno votato contro ma non solo: hanno proposto di dividere in due la regione, di separare Emilia e Romagna. Lei consideri che siamo la regione che cresce di più in Italia, abbiamo la prospettiva della piena occupazione di qui al 2020. Se ci dividessimo in due regioni, queste sarebbero senz’altro più deboli. Una proposta surreale».

 

La Lega a livello nazionale l’attacca. Il deputato Pini dice che lei va a rincorsa…

«Ricordo che io governo da due anni, mentre Maroni da 4 e Zaia da 7. I miei due colleghi, peraltro, sono stati ministri del governo Berlusconi, che mise nel cassetto la trattativa richiesta da Formigoni, allora presidente della Lombardia, con il governo Prodi, per avere più autonomia».

 

Calderoli sostiene che la sua intesa con Gentiloni è tutta una farsa, perché tanto tra un po’ il governo andrà a casa.

«E allora potrei chiedere, con la stessa logica, per quale motivo Lombardia e Veneto spendono milioni di euro per fare un referendum consultivo! Colgo l’occasione per specificare una cosa, che il nostro percorso va al di là della legislatura. Abbiamo ricevuto un mandato, dalle parti sociali e dal Consiglio regionale, per trattare con chiunque governi. Non faremo sconti».

 

Quanto tempo si impiegherà per arrivare in fondo?

«Non posso sbilanciarmi, ma lavoreremo ventre a terra, già nel confronto tecnico che ai apre adesso col Governo. Abbiamo già percorso la stessa strada che Lombardia e Veneto dovranno iniziare il giorno dopo il referendum. In pochi mesi, noi siamo riusciti a farci aprire le porte di Palazzo Chigi. Le sembra poco?».

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