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Decaro: “Le lacrime? Non mi pento. E non perdo la speranza: ce la faremo”

Dicono: «Verrebbe da abbracciarlo. Grazie!». Dicono: «Vergogna! Un uomo delle istituzioni deve dare l’esempio. Non può crollare». La voce di Antonio Decaro sindaco di Bari e d’Italia, in quanto presidente dell’Anci, tradisce ancora qualche emozione.

Cosa è accaduto l’hanno visto milioni di italiani: ha pianto, in diretta Facebook, davanti alla sua città deserta?

«Non volevo. Ero uscito dal Comune per rientrare a casa. Ero con la mia portavoce e abbiamo deciso di pubblicare un video per ringraziare i miei cittadini che stavano rispettando le regole. Erano passate da poco le 18, le serrande erano tutte abbassate. In strada non c’era nessuno».

Poi.

«Ho imboccato via Argiro, una delle strade centrali della città. Dieci anni fa, quando facevo l’assessore al traffico con Michele Emiliano, le auto in via Argiro dobbiamo adeguarci. Organizzando, come invece è erano parcheggiate in tripla fila. Oggi è una strada pedonale. Bellissima. La via era vuota, spettrale. Tutto spento. Non ho retto».

Un uomo delle istituzioni non dovrebbe mai mostrare le sue debolezze, le hanno detto.

«È stato un gesto naturale. Eravamo in diretta, è andata così. Sono giorni che cerco di tranquillizzare tutti, di spandere speranza. Lo faccio con i miei concittadini, lo faccio con gli ottomila sindaci italiani che rappresento: chi è nella zona rossa sta soffrendo ma lo sta facendo con grandissima forza. In quella strada, la mia strada, buia, ho sentito il peso della comunità».

È difficile parlare di comunità in un momento in cui siamo costretti in casa.

«E invece è proprio questo il tempo. Non c’è bisogno di un uomo forte al comando, la retorica del condottiero solitario non fa parte della mia cultura. qui c’è bisogno di una presa di coscienza collettiva: siamo invincibili soltanto se si agisce insieme. Lo diceva Berlinguer: “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”. Per combattere la paura, non servo io. Io non posso fare nulla da solo. Serviamo noi».

Ritiene che si sia fatto abbastanza fino a questo momento?

«Non è importante cosa pensa Antonio Decaro di questo argomento. Perché la mia non è una voce autorevole: io posso amministrare bene o male una città. Ma non posso conoscere quali sono le misure di contenimento sanitarie più giuste di una pandemia. Sono gli scienziati che ci devono dire cosa fare. Per questo, sin dal principio, abbiamo chiesto al Governo di affidare tutte le decisioni alla cabina centrale di esperti. E noi dobbiamo adeguarci. Organizzando, come invece è nostro dovere, la macchina amministrativa per offrire la migliore assistenza, tutela ai nostri cittadini. Il nostro compito oggi è di sostenere il presente e immaginare il futuro».

E’ preoccupato?

«Come tutti. Oggi sono andato a trovare mio padre che ha 80 anni, ci siamo parlati da dietro una porta. Avrei voluto abbracciarlo. Ma non sarebbe stato corretto».

Si è pentito di quelle lacrime?

«All’inizio ero dispiaciuto. Poi ci ho pensato: perché mi devo vergognare? Le emozioni, anche un sindaco, non le devo nascondere. Quella strada era la mia casa, la mia città. E vederla così è stato un dolore. Intendiamoci: è giusto che sia così. Chiedo a tutti i baresi, e come presidente dell’Anci, a tutti gli italiani, di rispettare le indicazioni del Governo. Stanotte ho dormito poco. Mi sono arrivati molti messaggi. Il più bello me l’ha mandato un mio amico, Francesco: “Ti sono vicino. Tornerà tutto più bello e forte di prima”. Era il sindaco di Codogno».

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