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Fassino: “Mi rivolgo a tutti, le periferie non hanno votato per i 5 Stelle”

Sindaco Piero Fassino, nessuno si aspettava un’affermazione così alta della candidata Cinquestelle Chiara Appendino. Adesso, a mente fredda, lei che spiegazione si dà?

«Intanto, per quanto riguarda il voto su di me, la percentuale del 42% con la prospettiva del ballottaggio, è coerente con quanto previsto da tutti i sondaggi da marzo a maggio. Nessuno aveva mai ipotizzato la vittoria al primo turno, anche perché con 17 candidati sindaci e 34 liste in campo sarebbe stato impossibile».

 

La sorpresa, infatti, è il 30% della Appendino, con i Cinquestelle che sia pure di poco superano il Pd e diventano primo partito in città.

«Il Movimento Cinquestelle,è lievitato perché ha intercettato due sentimenti. Uno, non nuovo, è la diffidenza verso i partiti e la politica, che qui si è manifestato con l’astensione o con il voto ai grillini. L’altro, più recente, è emerso in quei settori di cittadinanza che hanno vissuto più duramente la crisi vedendo cambiare le proprie condizioni di vita e di lavoro. Questi settori hanno espresso un malessere sociale attraverso un voto di protesta. È il combinato disposto di queste due cause ad aver originato l’aumento di voti pentastellati».

 

Esistono davvero due Torino, quella delle vetrine e quella delle periferie?
«È una rappresentazione semplicistica. Se prendiamo i34 quartieri in cui è articolata la città, vediamo che in 28 io risulto il candidato più votato, in 2 siamo alla pari, in 4 prevale la Appendino. Queste ultime sono aree dove la popolazione è più anziana e dai redditi molto bassi, che ha sofferto di più la crisi economica. Ma dire che il centro ha votato per Fassino e le periferie per la Appendino è una fotografia priva di senso. C’è un’articolazione ampia. Il mio 42% è diffuso in modo, ornogeneo in tutta la città. Poi ci sino 4 zone più delicate che hanno guardato ai Cinquestelle».

 

Il ballottaggio è un’altra elezione e le regole d’ingaggio sono diverse. Quali sono le sue?
«Intanto per due settimane bisogna tenere conto di ciò che è emerso dal voto. La mia percentuale esprime consenso e apprezzamento verso il programma, che ribadisco e confermo. Però i luoghi di sofferenza sociale evidenziano altri temi su cui concentrare l’attenzione: la domanda di lavoro, che dovrà essere ancor più al centro del prossimo mandato, e poi la sicurezza, che è un tema molto sentito. Servono poi politiche di contrasto alla povertà e di tutela delle fasce più deboli».

 

Ci sono i soldi per fare tutto questo?
«Va richiamata anche la responsabilità del governo. Troppi pensionati hanno pensioni di 4-500 euro. Un ammontare insufficienteper una vita dignitosa, che diventa drammatica se si ha anche un figlio disoccupato in casa. Pongo il tema della rivalutazione delle pensioni minime perché è ormai ineludibile. Infine, c’è la questione di assicurare manutenzione e decoro alla città. I tagli subiti dai Comuni hanno ovunque ridotto investimenti e manutenzione, oggi siamo a un punto limite».

 

E sul piano politico come affronterà il ballottaggio? Spera nei voti di Airaudo e di altri dei 15 candidati sindaci esclusi dal secondo turno?
«Mi rivolgo a tutti gli elettori. Ai miei per primi, chiedendo loro di confermare il consenso. Poi ai voti dei candidati che non sono al ballottaggio, che ora sono liberi, ma anche dei Cinquestelle dato che il mio programma può incontrare le loro istanze. Infine, voglio parlare a chi non è andato a votare al primo turno».

 

Perché un elettore grillino dovrebbe votare lei e non la Appendino?
«L’esperienza fa la differenza. Io ho dimostrato di saper fare il sindaco. Non basta vincere un’elezione, devi guidare la città. Torino è cambiata molto negli ultimi cinque anni, a detta di tutti in meglio».

 

Ha paura del «tutti contro Renzi»? Salvini e Brunetta hanno già suggerito di votare i candidati Cinquestelle a Roma e Torino.
«Credo che gli elettori non apprezzino le strumentalizzazioni politiche. Sanno che si vota per i sindaci e sceglieranno i più credibili. È un voto locale e non nazionale».

 

Molti, però, hanno letto il calo di consensi del Pd come un messaggio destinato a Palazzo Chigi…
«Ho detto più volte che se si vota a Roma, Milano, Torino, Bologna, l’esito ha inevitabilmente influenza politica nazionale. Ma sarebbe un errore chiedere agli elettori un voto pro o contro Renzi».

 

Non pensa di avere pagato nelle urne, in parte, uno scotto non suo ma diretto al governo?
«Questo non lo so. Io ho fatto campagna su Torino; come Sala a Milano e Giachetti a Roma. Poi, l’animo dell’elettore può orientarsi per varie ragioni, tutte da rispettare. Ma altro è l’invito di leader di partito a votare per fini politici. A mio avviso, questa impostazione è sbagliata».

 

Fonte: l’Unità

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