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Gori: «È la nostra occasione storica. L’elettorato di centrosinistra non lascerà la Regione in mano al candidato di Salvini per altri 5 anni»

Ormai, dice Giorgio Gori, il voto in Lombardia è diventato sempre più un «ballottaggio tra me e il candidato di Salvini». Una «battaglia per la modernità». E una sfida di «rilevanza nazionale».

Perché?
«In un quadro politico generale che uscirà confuso dal voto, la vittoria di uno schieramento riformista nella Regione che rappresenta 10 milioni di italiani e un quarto del Pil nazionale sarebbe un segnale, forte, di speranza per tutto il Paese».

II centrodestra, però, governa da 23 anni e anche questa volta è partito in vantaggio.
«Ho l’impressione che quella coalizione non abbia più niente da dire. Anche il passo indietro di Roberto Maroni è stato il segno di una stanchezza evidente. Attilio Fontana non fa che ripetere gli slogan di Salvini senza riuscire a rappresentare un’idea di futuro. Anch’io sono consapevole che la concomitanza con le Politiche possa giocare ancora a loro favore, ma credo in una nostra rimonta».

Quanto si è sentito penalizzato dall’election day?
«Certamente non mi ha aiutato. Lo ha detto anche il sindaco Sala: se non ci fosse stato avremmo vinto di larga misura. Adesso è probabile che ci sia un testa a testa».

Quanto peserà sul risultato, invece, la spaccatura con Leu?
«Questa è la nostra occasione storica e sono sicuro che anche gran parte dell’elettorato di Leu non voglia lasciare la Regione in mano al candidato di Salvini per altri cinque anni».

Che Lombardia sarebbe?
«La Regione sta già vivendo una fase di involuzione, ma con Fontana e con questa Lega farebbe un altro passo indietro. La nostra Lombardia, invece, si aprirebbe all’Europa, coniugherebbe diritti e attenzione ai più fragili con lo sviluppo».

Lei rischia di pagare anche il calo di popolarità di Renzi. Il Pd ha fatto errori in questa campagna? E quali?
«Il Pd paga, come è avvenuto in altri Paesi europei, l’essere stato la principale forza dí governo. Un calo di popolarità è legato anche al referendum e all’onda lunga di quella sconfitta. Da un certo punto della campagna in poi, però, il Pd ha cominciato a raccontarsi come una squadra, non solo come il partito di Renzi, ma come quello di Renzi, Gentiloni, Minniti, Franceschini, Calenda, Delrio…. Io avrei cominciato un po’ prima a tirare fuori questa foto di gruppo, ma il voto potrebbe riservarci anche qualche sorpresa positiva».

Berlusconi ha tirato fuori Tajani come futuro premier. Per il centrosinistra lei chi proporrebbe?
«Già il fatto che Berlusconi debba andare a pescare il presidente del Parlamento europeo facendo fare una figura terrificante in termini di credibilità all’Italia dimostra la loro totale assenza di leadership. Noi abbiamo solo l’imbarazzo della scelta».

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