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Gori: “Non sono pentito del sì poteva andare peggio. Andrò a Roma con Maroni”

«In fondo – dice – poteva andare peggio». Il sindaco di Bergamo (città record per affluenza) Giorgio Gori, a capo della lega dei sindaci del Pd favorevoli al referendum e prossimo candidato al Pirellone, rivendica quella che definisce «una tenuta rispettabile».

 

Con il Veneto che veleggia al 60 per cento e la Lombardia di poco sotto il 40, forse non è stata una grande idea quella di appoggiare il referendum. Non crede?

«Rivendico di aver votato sì e la bontà dei contenuti che sono gli stessi che proporrei io una volta eletto presidente della Regione. Trovo che il risultato della Lombardia sia rispettabile, sebbene non travolgente».

 

Insomma, non è pentito?

«Per niente. Anche se i numeri sono al di sotto di quello che Maroni si aspettava veramente. Alla fine a Roma andrà un governatore con il 60 per cento e uno con meno del 40, non è la stessa cosa».

 

Accompagnerà ancora Maroni a Roma?

«Si, glielo avevo già proposto nel 2015, quando avevo portato a Palazzo Lombardia tutti i sindaci favorevoli all’autonomia, dicendogli di usare questa trasversalità come una risorsa. E credo che se non ci fosse stato il lavoro dei sindaci di centrosinistra, oggi il risultato sarebbe peggiore. Credo insomma di aver contribuito a salvare il risultato e spero che Maroni riapra i giochi».

 

Rivendica un risultato che non considera eccezionale e che il suo partito francamente ha osteggiato. Si spieghi…

«Credo che gli elettori si siano comportati in maniera molto autonoma. Il Pd aveva dato libertà di voto e così è stato».

 

Renzi lo ha definito un referendum inutile.

«Sul referendum abbiamo detto le stesse cose: inutile era e inutile rimane, ma i sindaci hanno voluto rivendicare la loro autonomia. Dove siamo oggi? Bisognerà ripassare dal Consiglio regionale dove Maroni dovrà cercare l’unanimità, poi ci sarà la trattativa col governo e infine dovrà votare il Parlamento. La differenza con prima è che oggi abbiamo un 38 per cento in più che non è un numero che spinge come quello veneto e dunque quei 50 milioni si potevano anche risparmiare. In compenso se il numero fosse stato del 25 per cento, a quel punto sarebbe stata una pietra tombale su un progetto che io stesso rivendico».

 

Insomma, Maroni non potrà cantare vittoria mentre voi sarete più forti?

«Maroni non può rivendicare tutto il successo che voleva, nemmeno tutti i suoi elettori sono andati a votare… Ora in consiglio regionale bisogna arrivare all’unanimità. E se il governatore lavorerà seriamente, troverà anche il consenso del Pd».

 

Non teme invece che il suo partito si ponga in contrasto con l’essenza del referendum?

«Mi auguro che il mio partito abbia molto rispetto di chi ha votato. Perché in parte ci sono anche molti suoi elettori».

 

Negli ultimi giorni lei è sembrato rimanere solo nel Pd a difendere il referendum. Si è sentito abbandonato?

«No, mai. E poi con me c’erano gli altri sindaci, Sala..».

 

A proposito, Sala non ha votato…

«Non importa (ride), si era speso abbastanza prima…»

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