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Bonaccini: “Sì all’autonomia ma la Lega si dia una mossa”

«L’autonomia non è un tema di destra o sinistra. Sono partite Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia ma nel frattempo altre Regioni, di centrodestra e centrosinistra, hanno avviato il percorso». A parlare di autonomia, in questa intervista a ‘Il Tempo’, è Stefano Bonaccini, esponente di spicco del Partito democratico e governatore dell’Emilia-Romagna. Che dice la sua pure sul Governo, il Pd e l’Italia di oggi.
 

Bonaccini, Zaia e Fontana sono leghisti. Si trova a disagio?

 
«Possono essere diverse le risposte che si danno, questo sì. Ma proprio per questo il disagio è tutto in casa leghista, visto che il Governo, dopo un anno di promesse e annunci, non è ancora riuscito a produrre un solo fatto. Comprendo bene che i miei colleghi Zaia e Fontana abbiano più ragioni di me ad arrabbiarsi visto che al governo c’è la Lega, non il Pd. La sensazione è che M5s e Lega stiano usando anche il tema dell’autonomia per ragioni di lotta politica anziché come occasione di modernizzazione del Paese, finendo per prendere in giro tutti i cittadini coinvolti. Le assicuro che non c’è dunque alcun disagio politico da parte mia, ma sono indignato sul piano istituzionale, perché la nostra è una proposta seria, che è stata condivisa con le parti sociali e per ben quattro volte l’Assemblea regionale dell’Emilia-Romagna l’ha votata senza un solo voto contrario».
 

Perché la vostra autonomia sarebbe una scelta giusta?

 
«È giusta perché noi vogliamo ridurre l’Irap alle aziende della montagna e oggi non possiamo farlo pur avendo stanziato a bilancio regionale 36 milioni di euro senza nulla chiedere allo Stato. Ci stanno costringendo a organizzare moduli, procedure, burocrazia per dare sotto forma di contributo quanto potremmo invece realizzare come semplice riduzione fiscale. A lei pare normale che si debba moltiplicare la burocrazia per le imprese quando non stiamo chiedendo un solo euro allo Stato? Un altro esempio concreto, che riguarda la vita di tutti i cittadini: dal 1 gennaio di quest’anno gli emiliano-romagnoli non pagano più il superticket sui farmaci e sulle visite specialistiche perché, per prima, la Regione Emilia-Romagna lo ha abolito. Per farlo abbiamo dovuto chiedere una modifica a una norma dello Stato, pur avendo i conti in ordine, pur essendo Regione benchmark in sanitàtrong>, pur avendo finanziato questa misura con risorse interamente regionali, derivanti dai risparmi per gli acquisti centralizzati. Noi vorremmo lavorare ulteriormente sui ticket, che pure abbiamo già abolito per le prime visite delle famiglie che hanno più di un figlio. Si tratta insomma di spendere meglio, semplificare la vita delle persone, senza nulla togliere alle altre Regioni».
 

Michele Emiliano (Puglia) ed Enrico Rossi (Toscana) vedono rischi per l’unità del Paese. Lei?

 
«Io mi sento italiano, prima che emiliano-romagnolo. Per me l’unità del Paese è sacra, così come la solidarietà tra territori e il diritto di tutti i cittadini, a prescindere dal comune in cui nascono e vivono, a godere degli stessi diritti e doveri. Purtroppo oggi non è così e non è certo colpa dell’autonomia. Anzi, credo che questa sia una grande occasione per il sistema-Paese per definire fabbisogni standard e livelli essenziali delle prestazioni. Ma è anche l’occasione per costringere tutti a fare un cambiamento, per imparare a programmare bene e per tagliare i troppi sprechi».
 

Perché un fiorentino o un napoletano dovrebbero sentirsi tranquilli?

 
«Perché non stiamo chiedendo e togliendo un solo euro né a un cittadino di Napoli né a un cittadino di Firenze. Per stare a questa esemplificazione, noi chiediamo solo di poter spendere meglio quanto già si spende per un cittadino di Bologna. Se si superano le sovrapposizioni istituzionali e le duplicazioni burocratiche tra Stato e Regione, se si programmano meglio gli interventi, non si toglie niente a nessun cittadino, ma gli si assicura un servizio migliore, una risposta più veloce, qualche spreco in meno e qualche risparmio in più. Di questo ha bisogno il Paese, non di una guerra tra territori. Nel nostro progetto non sono mai entrati concetti come i residui fiscali o la spesa media. Io voglio un’autonomia cooperativa, replicabile per tutti. Non mi sentirete mai dire sciocchezze del tipo “prima gli emiliano-romagnoli!”».
 

I M5S e la Lega sull’autonomia sono impallati. Il Pd dovrebbe votarla con la Lega?

 
«Vedo più un gioco delle parti tra Lega e M5S. Io rappresento una Regione e il mio interlocutore è il Governo, non mi presto a strumentalizzazioni a uso e consumo di uno dei due partiti di maggioranza. Se un risultato arriva sarà merito di tutti; se invece, come da mesi accade, non si fa un solo passo avanti, allora la responsabilità sarà tanto dei M5S quanto della Lega. Per quanto riguarda il Pd, ricordo che il percorso è iniziato nella precedente legislatura con il Governo Gentiloni, con cui realizzammo il primo ed unico fatto concreto, la pre-intesa del febbraio 2018. Oggi mi aspetto che il Pd metta in campo una propria idea alternativa di autonomia, sfidando il Governo sulla concretezza della proposta complessiva. Zingaretti ha indicato a più riprese come il progetto dell’Emilia-Romagna non solo è diverso da quello di altre Regioni, ma che potrebbe essere un punto di partenza per un modello alternativo. Lo ringrazio e rilancio: si porti in Parlamento una cornice su fabbisogni standard e livelli essenziali delle prestazioni affinché, pur nel rispetto delle differenze dei singoli progetti, sia assicurata una compatibilità di sistema dentro cui tutti possano riconoscersi».
 

Come si batte la Lega?

 
«Distinguiamo i piani: mi sento profondamente alternativo sul piano politico ad amministrazioni di centrodestra, ma collaboro quotidianamente con tutti i Presidenti di Regione, a prescindere dal colore politico, avendo anche il privilegio di guidare la Conferenza delle regioni. Le Istituzioni vengono prima di chi le occupa. Credo che la ricetta per battere la destra passi dalla capacità di offrire risposte più efficaci sul piano della protezione sociale, del lavoro, dei diritti. Le sicurezze, tutte le sicurezze, non sono appannaggio della destra o della sinistra, ma di chi riesce a garantire la risposta migliore. L’altra condizione per vincere è costruire un fronte largo, che vada oltre il Pd. Serve ricomporre un centrosinistra tra le persone prima ancora che tra le sigle politiche».
 

Olimpiadi invernali a Milano e Cortina: l’immagine di Sala (Pd) e Zaia (Lega) festanti. C’è più affinità tra due politici del nord (seppur di partiti diversi) rispetto a due, uno del nord e uno del sud, dello stesso partito?

 
«Direi che il vero messaggio di quella foto è che il nostro è un Paese che sa ancora essere unito quando si tratta di traguardi importanti per tutti. E le Olimpiadi invernali assegnate a Milano e Cortina sono un grande patrimonio per il Paese intero. Le faccio un esempio meno noto ma non per questo meno importante: con la Brexit è stata scelta Bologna per ospitare il Data Center del “Centro europeo per le previsioni meteorologiche di medio termine”; di conseguenza, sempre a Bologna, verrà l’agenzia nazionale Italia Meteo. E poche settimane fa ci siamo aggiudicati il supercalcolatore europeo che renderà l’Emilia-Romagna, dove già si concentra il 70% della capacità di supercalcolo nazionale, il quinto polo più avanzato a livello mondiale. Non è un successo di Bonaccini o del Pd, ma dell’Emilia-Romagna e del Paese senza distinzione politica».
 

Dia un consiglio a Zingaretti e uno a Renzi?

 
«Abbiamo bisogno di costruire un’alternativa per l’Italia e una sfida simile non ammette né recriminazioni né autosufficiente. Davvero non possiamo dire agli italiani che questo Governo sta portando il Paese sull’orlo del baratro – cosa verissima – e poi discutere di meriti e demeriti personali. Lo dico anzitutto a me stesso, sia chiaro, avendo davanti la sfida per l’Emilia-Romagna che considero cruciale per il suo valore nazionale. C’è bisogno di tutti, nel senso più profondo del termine, se vogliamo che l’Italia possa riconoscere un’alternativa possibile e migliore».

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